La ricerca  |  gennaio 17, 2021

La retata del gennaio 44 e il tragico destino degli ebrei della montagna

In uscita il libro "Vite sospese. Memorie e storie della Shoah nel Pistoiese". Andrea Lottini ripercorre la costituzione di una colonia israelita alla fine degli anni '30 alla quale si aggiunsero altri nuclei familiari in cerca di rifugio. Fino alla loro deportazione. "Furono arrestati da italiani o da pattuglie fatte da italiani e tedeschi". Pochi riuscirono a salvarsi

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La copertina del libro

“Vite sospese. Memorie e storie della Shoah nel Pistoiese” è il titolo del libro di Andrea Lottini, in uscita in questi giorni e che verrà presentato il 25 Gennaio, in palazzo comunale a Pistoia, in streaming a causa delle normative anti Covid. Il libro, che ha avuto il patrocinio della Provincia e dell’Anpi Pistoia, sarà disponibile nelle librerie e nelle edicole della montagna.

Andrea Lottini, 45 anni, laureato in Scienze Politiche e in Scienze Religiose, insegna Religione nella scuola secondaria di primo grado. Appassionato di storia, è autore di diverse pubblicazioni riguardanti le persecuzioni razziali a Pistoia apparse sulla rivista «storialocale» e sulla rivista online «www.toscananovecento.it».

Di seguito un suo scritto nel quale presenta il nuovo libro nella parte dedicata alle vicende della montagna pistoiese.

 

Alcuni studi recenti hanno consentito di definire la presenza di persone di religione ebraica sulla Montagna pistoiese prima e durante la Seconda Guerra Mondiale e hanno permesso di ricostruire vicende che, con il passare degli anni e la scomparsa dei testimoni, sarebbero state dimenticate.

Attraverso questi documenti è stato possibile in particolare “riscoprire” che a partire dalla fine degli anni Trenta del secolo scorso sui monti si costituì una piccola colonia israelita composta da diversi nuclei familiari.

Nel territorio del comune di San Marcello alle ore 24 del 22 agosto 1938, data del censimento degli ebrei, erano presenti “sette capo famiglia o capo convivenza” e, complessivamente, quattordici persone di religione israelita. Si trattava di soggetti presenti in modo temporaneo e quindi non registrati presso l’anagrafe comunale. I sette capofamiglia erano Alessandro Bassani, Olga Carpi Cividali, Clelia De Benedetti, Mario Corinaldi, Mosè Fiorentino, Bianca Osima Rimini, Enrica Carpi Teglio.

Negli anni successivi giunsero sulla montagna numerosi ebrei stranieri che furono qui internati e italiani che erano invece in cerca di un rifugio dai bombardamenti e dalle retate.

Probabilmente molti di loro arrivarono sull’Appennino pistoiese probabilmente su indicazione della Delasem, l’organizzazione creata dall’Unione delle Comunità Israelitiche nel 1939 per sostenere gli ebrei internati in Italia e quelli che volevano espatriare.

A Prunetta furono internati i membri della famiglia croata Fiser e sfollarono le pisane Gabriella e Vera De Cori con l’anziana madre Giuseppina, a Cutigliano cercarono rifugio la famiglia Recanati originaria di Lucca, Nina Molco con l’anziana zia, le famiglie livornesi Pesaro e Baruch e il professore modenese Tullio Levi.

Il destino della maggior parte dei componenti di queste famiglie fu tragico, perché molti di loro rimasero coinvolti nella retata del 26 gennaio 1944 compiuta da agenti di Pubblica Sicurezza con il fondamentale supporto dei fascisti locali e dei militari tedeschi. È da rilevare che la percentuale di arresti effettuati sulla Montagna pistoiese e nella provincia di Pistoia da personale italiano fu decisamente superiore a quella registrata a livello nazionale, a conferma del fatto che le autorità del posto parteciparono con grande prontezza e ampiezza di mezzi alla cattura degli ebrei. In pratica nessuno degli ebrei presenti sulla montagna fu catturato al termine di una azione condotta “solo” da soldati tedeschi, ma tutti furono arrestati da italiani o da pattuglie fatte da italiani e tedeschi. Spesso all’origine degli arresti vi fu una delazione, una spiata insomma, fatta da persone del posto.

Quasi tutti gli israeliti arrestati furono condotti prima a Pistoia nel carcere di Santa Caterina in Brana che funzionò quindi da campo di transito, poi alle Murate di Firenze e infine a Fossoli, località dalla quale partirono per incontrare un tragico destino nei campi dell’Europa Settentrionale.

Dei Fiser si salvò solo il piccolo Massimiliano, che era nato pochi giorni prima dell’armistizio, grazie all’intervento dei coniugi Bragagnolo che riuscirono a strapparlo dalle mani delle autorità di Pubblica Sicurezza che deportarono tutti i suoi familiari.

Le sorelle Gabriella e Vera De’ Cori riuscirono da Fossoli a spedire una lettera alla Croce Rossa Italiana nella quale scrivevano di essere senza “abiti invernali”. Giuseppina Ambron, la loro mamma, che era lontana parente di Vittorio Gassman, spedì diverse richieste di aiuto alle autorità nazionali senza mai ricevere informazioni definitive sul destino delle figlie e morì nel dopoguerra chiusa nel proprio dolore. E’ sepolta nel vecchio cimitero di Prunetta.

Gualtiero Pesaro fu arrestato perché i proprietari della casa in cui lui e i suoi erano sfollati rifiutarono di nasconderlo in soffitta con loro figlio che era renitente alla leva di Salò. Buttato letteralmente in strada Gualtiero fu catturato e inviato ad Auschwitz.

Gli unici che non furono catturati furono i lucchesi Recanati che si erano spostati dopo l’armistizio nella loro villa di Cutigliano. Forse perché, a differenza degli altri, erano benestanti economicamente, riuscirono a fuggire in Svizzera dove vissero da sfollati per il resto della guerra.


La Redazione

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