La generazione nata a metà del secolo scorso e tutte quelle precedenti hanno sperimentato metodi educativi del tutto diversi rispetto a quelli attuali. Mio padre diceva sempre che il metodo “Montessori”, cioè quello promosso dalla grande pedagogista di Chiaravalle, ha fatto più danni della grandine, perché i giovani virgulti vanno raddrizzati, come si fa con le piante di pomodoro, che hanno bisogno di un tutore per crescere dritte e sane.
Gli insegnanti di una volta
Naturalmente era l’opinione di un uomo nato nel 1922, ma ancora negli anni ’60 gli insegnanti non erano poi così teneri, anche se il sottoscritto, che in quegli anni frequentava la vecchia scuola media, li deve solo ringraziare. Le regole della convivenza civile vanno insegnate, come anche il rispetto verso i docenti, la dura conquista quotidiana del sapere, l’umiltà nell’apprendere, la misura di sé e dei propri mezzi: del resto la parola “educazione” significa proprio “Trarre fuori” il meglio da se stessi. Ma per far questo bisogna credere nella scuola e negli insegnanti, non far sempre i giudici (preferibilmente degli altri…)!!!
La scuola umiliata
Purtroppo negli ultimi 50 anni la Scuola, come polo educativo, è stata umiliata e ridotta a zimbello di una società che è diventata sempre più arrogante e ignorante (nel senso più negativo del termine) e, di conseguenza la figura dell’insegnante ha perso prestigio sociale ed è quasi vilipesa.
Non destano meraviglia, allora, le conclusioni del professor Paolo Crepet, noto sociologo, educatore e saggista torinese, il quale afferma che il buonismo educativo è deleterio e che i figli attuali sono “dei piccoli Budda osannati a cui i genitori non sanno dire mai di no”.
Poveri insegnanti
Il povero insegnante di oggi vive, dunque, come un indiano in un mondo di cawboys e sono sempre pronti a sparare non solo i genitori, ma anche i mass media, i tribunali, le istituzioni tutte e finanche i politici, che dovrebbero legiferare per migliorarla. Insomma, è un assedio e la colpa dell’ignoranza attuale è sempre della scuola.
I imiti della scuola
Eppure sono aumentati a dismisura le materie, le ore di lezione, i corsi extrascolastici, le opportunità tecnologiche, si sono affinati i metodi educativi, sono cresciute le competenze dei docenti, sono nati gli scambi culturali tra studenti di tutto il mondo e via dicendo.
Allora c’è qualcosa che non va! Sarà che siamo circondati da troppi “cattivi maestri” e la Scuola, da sola, non ce la fa a contrastarli?
La via di mezzo
Quando da bambini e da ragazzi tornavamo da scuola con qualche brutto voto o con qualche lieve rimostranza verso gli insegnanti le reazioni erano, a seconda del luogo di nascita, uno schiaffone, un ceffone, uno smataflone, uno sganassone, un manrovescio, una sberla, una ciaffata, una nècca, una cinghiata, un nocchino o, se eri nato a Sambuca, un calcio int’al culo.
Magari erano reazioni esagerate da parte dei nostri genitori; ma non si potrebbe trovare una via di mezzo tra l’austerità di allora e la licenza di oggi?