Il volontariato è certamente l’aspetto più nobile della, per altri versi, sgangherata indole italica. Ogni giorno una moltitudine di persone, giovani e anziane, si dedica agli altri o ai beni comuni disinteressatamente e molto spesso affrontando ostacoli burocratici che non ne facilitano la dedizione e che rasentano l’assurdità.
A buon diritto noi italiani ci vantiamo di questa “risorsa etica” che risolve tanti problemi alle istituzioni ma, quanto a comprenderla nelle varie sfaccettature, individuandone le difficoltà, e a valorizzarla appieno, mostriamo sempre un’atavica approssimazione.
Le Proloco in montagna
L’intervista a Beatrice Flore, responsabile provinciale dell’UNPLI, che abbiamo pubblicato su queste pagine qualche settimana fa, ha suscitato commenti e reazioni da parte di alcuni responsabili di Proloco locali, secondo i quali le difficoltà sono più articolate e complesse rispetto a quelle individuate dalla Flore.
Cinzia Sebastiano, presidente della Proloco de Le Piastre, ritiene che uno dei problemi più concreti sia la mancanza di ricambio generazionale, a cui si aggiunge “la disaffezione dei giovani, che sono restii a partecipare alla vita del paese. Inoltre – continua la Sebastiano – le ossessive complicazioni burocratiche sottraggono energie ai pochi volontari rimasti, quasi tutti ultrasessantenni. E ora ci si mette anche la Legge sul Terzo Settore, che sicuramente creerà ostacoli a piccole associazioni come la nostra. Per non parlare del costo relativo all’occupazione del suolo pubblico che scoraggia l’organizzazione di eventi sociali”.
Più articolata è l’analisi di Roberto Iozzelli, presidente della Proloco di Cireglio, secondo il quale esiste indubbiamente un problema di ricambio generazionale, ma c’è anche altro. “Ciò che abbiamo constatato noi, qui a Cireglio, è stata una grave mancanza di risposte da parte delle istituzioni, tutte indistintamente, su problemi strutturali importanti. Ed è paradossale che un paese come il nostro, uno dei più popolosi dell’intera Montagna pistoiese, riceva così poche attenzioni, nonostante si configuri come periferia della città e nel contempo come porta della montagna.
Tutto ciò che abbiamo realizzato in due mandati di attività (Copertura ADSL sull’intera valle, istallazione di uno sportello della Banca Alta Toscana, realizzazione di un punto prestito della Biblioteca San Giorgio e tanto altro) è stato frutto unicamente del nostro impegno, senza alcun supporto istituzionale. Eppure siamo stati a lungo la proloco con il maggior numero di iscritti (più di 300!) di tutta la Toscana – sottolinea ancora Iozzelli -. La conseguenza più amara è che nel prossimo mese di Gennaio saremo costretti a portare i libri contabili in Tribunale e a chiudere ogni attività, anche perché, vista la situazione, nessun altro in paese ha intenzione di prendere in mano l’ associazione, con relative incombenze. Il nostro è l’esempio più chiaro di come possa esaurirsi la spinta del volontariato in Montagna, se non è supportata da intelligenti progetti istituzionali”.
Infine abbiamo raccolto la voce di Vanna Taddei, presidente da 17 anni della Proloco Il Cassero, di San Pellegrino, nel Comune di Sambuca Pistoiese. “Noi chiuderemo definitivamente entro due o tre mesi – afferma la Taddei -, sia perché non ci sono persone giovani che ci subentrino, sia perché recentemente ci è stato contestato anche un abuso edilizio da parte delle Belle Arti per tre container removibili, semplicemente appoggiati su pancali di legno, che ci servono per le nostre attività prevalentemente estive. Stando così le cose sembra che non interessi a nessuno se la Montagna muore, perché, in nome di regole assurde, si colpisce ogni piccola iniziativa che porta un po’ di gente e che ravviva questi nostri monti ormai semiabbandonati”.
Quali conclusioni?
Da quanto detto è evidente che c’è un profondo disagio nel volontariato delle nostre zone periferiche, quasi spopolate, e c’è una preoccupante distrazione delle istituzioni, a tutti i livelli. Le opinioni raccolte, unite alle polemiche di questi ultimi giorni intorno alla Proloco di Gavinana (ma quello è un caso a sé che fa poco testo rispetto al contesto generale), dimostrano che proprio nelle Proloco c’è un clima di tensione, che gli enti preposti dovrebbero impegnarsi a governare.
Incombono problemi strutturali immensi; allo spopolamento della Montagna si aggiungono l’invecchiamento della popolazione, la rarefazione dei servizi, il burocretinismo sfrenato, l’incuria del territorio, la metropolizzazione del pensiero e, per di più, riguardo alle associazioni di volontariato, una paventata Legge del Terzo Settore (la cui entrata in vigore è stata fortunatamente rimandata) che imporrebbe anche alle microassociazioni un gravame burocratico e di responsabilità amministrative e penali tali da scoraggiare chiunque.
E’ la solita smania di inquadrare e regolamentare tutto (come facevano i Bizantini), anche la voglia di spendersi per gli altri, senza considerare che una pletora di regolamenti e disposizioni dissuade, più che persuadere, e alimenta ciò che dovremmo combattere, cioè il Leviatano della macchina burocratica.
Una legge di tal genere, su cui torneremo presto e che speriamo vivamente che venga ripensata, avrebbe senso per grandi associazioni, con bilanci milionari, personale dipendente e consistenti beni mobiliari e immobiliari, ma non per minuscole proloco e altre associazioni che operano in zone molto decentrate.
Quanto tarderà ad affermarsi l’idea che la Montagna e le aree disagiate debbano avere una legislazione a sé e debbano essere protette e sostenute come beni ambientali, sociali e culturali irrinunciabili e indispensabili anche alla sopravvivenza delle metropoli?