Uno dei temi più sentiti negli ultimi tempi in montagna è la crisi delle Proloco, investite da tante problematiche dovute a motivi diversi. Di questo, e altro, abbiamo parlato con Beatrice Flore, presidente provinciale dell’UNPLI, l’Unione nazionale delle Pro loco italiane. Ecco il resoconto della nostra intervista.
Presidente Flore si può parlare di crisi delle Proloco nella nostra montagna?
“Più che crisi delle Pro loco parlerei di ‘crisi del volontariato’; non lo affermo per piaggeria, ma perchè faccio parte di diverse associazioni e la carenza di braccia, più che di dirigenza, è cronica, soprattutto al di sotto dei 60 anni di età. E alla base di questa crisi ci sono diversi motivi.
Uno, di carattere pratico, ovvero la minore disponibilità di tempo libero di cui una persona può godere: l’età sempre più alta per raggiungere la pensione e quella sempre più avanti nel tempo in cui i giovani riescono ad inserirsi nel mondo del lavoro e magari a stabilizzarsi.
L’altro invece di carattere etico: una società che spinge all’individualismo, al chiudersi nel proprio ego, a rifugiarsi nel virtuale come forma di rifiuto dell’esistente. Io adoro i giovani, li guardo con ammirazione e a volte con tenerezza per il mondo che non riusciamo a consegnargli come vorremmo e per questo cerco, per quel che posso, di dare spazio, di delegare, di dar loro fiducia.
Fra questi due mondi, insiste o resiste, il volontariato, ovvero il darsi agli altri gratuitamente con azioni che hanno un valore sociale rilevante, in un paese come l’Italia che in gran parte si affida, soprattutto nel settore dell’assistenza, al volontariato”.
Quali sono le caratteristiche delle Pro loco della zona?
“Anche nella nostra provincia, più della metà delle oltre cinquanta esistenti, le troviamo in zone collinari e montane perchè è lì che il senso della loro esistenza si fa più pressante ed è proprio lì che la popolazione le riconosce come veri e propri soggetti deputati a far da tramite fra abitanti e istituzioni. Credo di non esagerare nel definirle veri e propri presidi territoriali laddove l’invecchiamento della popolazione, la riduzione dei servizi, il senso di solitudine dalla Piana metropolitana, sempre più luccicante ma anche sempre più pesante da vivere, si fa sentire.
Qual è il loro ruolo?
“Le Pro loco stipulano convenzioni con gli Enti pubblici per la gestione di impianti sportivi e per la manutenzione di parti di territorio, conducono attività commerciali, organizzano eventi, dalla classica sagra all’evento culturale passando magari per la formazione post scolastica, e questo grazie a chi ancora nel mondo del volontariato ci crede come mezzo di sostegno a zone considerate marginali. Qui la qualità della vita potrebbe essere più alta che in pianura se fosse adeguatamente supportata dal governo del territorio e da uno Stato che si prendesse finalmente a cuore le comunità delle terre alte”.
Qual è la situazione delle pro loco in generale?
“In Italia le Pro loco iscritte all’Unpli sono quasi 7000, in Toscana circa 360 oltre a quelle non iscritte che non possiamo quantificare con esattezza. Il numero è costante e in alcune zone, in crescita. La provincia di Pistoia rispetta questo andamento costante, con associazioni molto attive, altre meno. Alcune hanno cicli di vita lunghi, altre altalenanti, altre brevi e questo dipende da vari elementi fra cui, la bravura e l’empatia dei dirigenti delle associazioni stesse nel saper coinvolgere la propria comunità di appartenenza. In molti casi, la dirigenza è in larga parte composta da persone residenti altrove ma che lì hanno la classica “seconda casa” ereditata dai nonni e questo, se può essere considerato un limite in quanto la realtà appare da alcuni più percepita che vissuta, io la vedo come un valore aggiunto, perchè quella stessa dirigenza è arricchita da un confronto continuo fra due realtà diverse ma per questo non incompatibili fra loro”.
Quali sono, in montagna, le Proloco che versano in maggiori difficoltà?
“Anzitutto direi che vale sempre la pena, a mio parere, fare uno sforzo comune per tenere in vita, anche magari con un’attività ridotta ma costante, un soggetto senza il quale la vita sociale di un borgo è destinata ad annullarsi, eleggendo la televisione ad essere l’unico soggetto ricreativo nonchè ‘culturale’ del luogo.
Fra quelle in maggiore difficoltà c’è la Pro loco di Cireglio che, dopo anni di intenso lavoro con un presidente longevo da un punto di vista temporale e un consiglio direttivo molto attivo, ora soffre di una sorta di mancanza di identità e questo è fisiologico e quasi necessario nella vita di un’associazione, proprio per i motivi di cui sopra, anche se spero che qualcuno possa prenderne le redini o dare vita ad un nuovo soggetto alternativo. Lo scorso anno ha chiuso i battenti la Pro loco di Campeda, borgo ormai quasi completamente spopolato nel comune di Sambuca. Ma a fronte di questo, altre sono nate: in questi giorni abbiamo il piacere di annunciare la costituzione della Pro loco di Montecatini Terme”.
In attesa della nuova Legge del Terzo settore, quella in vigore, con tutti i vincoli e le implicazioni burocratiche, penalizza di fatto le Proloco montane e le altre piccole associazioni. Qual è la sua opinione?
“Le difficoltà normative sono reali, è inutile negarlo, e adeguarsi non sarà un percorso facile. Il D.L. 117/2017 noto come “Codice del Terzo settore”, scritto con l’intenzione di riordinare il mondo delle associazioni, in sostituzione in primis della L. 383/2000, impone degli obblighi che richiedono competenze tecniche e aumenti di costi non sempre facilmente sostenibili da piccole realtà che si finanziano per lo più con il tesseramento, con donazioni private e in alcuni casi, con contributi pubblici di piccola entità.
E’ importante, però, riaffermare l’ importanza del rapporto fra Enti e associazioni del territorio che non deve essere vissuto come sudditanza ma come collaborazione nell’ interesse reciproco, con al centro la persona e i suoi bisogni.
Le norme sulla sicurezza sono un altro grande impedimento che blocca la possibilità di organizzare eventi. E’ così?
“Un altro scoglio normativo alle attività di una Pro loco, è sicuramente la Circolare ex Gabrielli in materia di sicurezza delle manifestazioni pubbliche: la misura, nata d’urgenza dopo i fatti di Torino è sicuramente necessaria, ma è innegabile che, nelle nostre piccole realtà deve essere calibrata a quelle stesse realtà. Gli alti costi richiesti dagli adempimenti che vanno dalla redazione del cosiddetto Piano di sicurezza da parte di un professionista abilitato, al costo per il personale o staff addetto al controllo e vigilanza, all’ acquisto o noleggio delle attrezzature e dei materiali necessari, alle enormi responsabilità civili e penali degli organizzatori, finiscono per scoraggiare e sempre più spesso far annullare gli eventi stessi, alcuni dei quali di grande richiamo (vedi festa medioevale di Montevettolini) e di notevole rilevanza culturale. Il problema riaffermo, non è la norma di legge, più che legittima, bensì gli alti costi da sostenere per adeguarsi alla stessa.
Pessimista o ottimista sul futuro delle Pro Loco?
“Vorrei essere positiva riguardo la situazione delle associazioni di volontariato in genere, confidando nell’uomo e nella sua voglia di tornare alle cose semplici, allo stare insieme, al condividere e far tesoro di quel che ci è stato consegnato, pagato a caro prezzo. E nella sua voglia di imparare, di scoprire, di guardare dietro l’angolo delle cose per ritrovare se stesso, per creare qualcosa di quel buono di cui c’è bisogno, per sè e per gli altri”.