SAMBUCA – Sambuca è il luogo più fascinoso che io conosca. Sarà perché è la mia terra, sarà perché sta lassù, in cima, appollaiata vicino al cielo, un nido di case antiche inginocchiate sotto la chiesa di San Jacopo. Ogni stagione ne esalta la bellezza romita, ma è l’autunno coi suoi colori caldi e cangianti e le infinite sfumature delle chiome degli alberi quella che più le si addice.
Macchie di giallo, di arancio, di rosa e di rosso si confondono, come in un quadro impressionista, e il verde sopravvive solo nella famigliola di cipressi che stanno a guardia del vecchio cimitero. Anch’esso un’opera d’arte.
Ma c’è qualcosa di ancor più disarmante in questo borgo solitario: il silenzio e i rispettosi silenzi di chi lo attraversa. Pare di entrare in una chiesa, alla ricerca di una panca su cui sedersi, miti, quasi timidi, per non disturbare la preghiera del popolo di fedeli che ci è vissuto per secoli.
La Giornata del FAI
E da sambucano, o meglio, da sambugan, mi sono inorgoglito quando il FAI ha aperto le porte della Sambuca, Domenica 13 Ottobre, nell’ambito del progetto “Giornate FAI d’autunno”. Più di 100 persone sono salite fin lassù (alcune per la prima volta) ed hanno visitato l’Oratorio di Santa Maria del Giglio, la Chiesa di San Jacopo, la Rocca, accompagnate da una guida attraverso gli stretti selciati medievali.
Al termine, tutti si sono ritrovati nel locale del Bivacco, dove i volontari della Proloco di Taviano hanno distribuito vivande calde e gli immancabili necci, che per secoli sono stati il pane dei nostri avi montanini.
Resta un grande rimpianto
Di questa bellissima giornata è rimasto anche un grande rimpianto, condiviso da tanti visitatori: trovare chiuso l‘Ostello che, coi suoi 28 posti letto, la grande cucina e le diverse sale da pranzo, potrebbe rappresentare un piccolo volano economico per una montagna così ricca di storia e di tradizioni.
Ormai è chiuso da alcuni anni, dopo vicende inenarrabili che hanno poco di edificante. Fatto sta che dopo tre lustri dalla sua inaugurazione, l’edificio avrebbe già bisogno di interventi di manutenzione e gli enti preposti alla sua cura sembrano non averne compreso l’importanza strategica al servizio di un turismo lento ed ecosostenibile.
Altrove, e cito sempre l’esempio di Paraloup in Piemonte, strutture di questo genere vengono valorizzate e prosperano, anche se si trovano in località assai più sperdute della nostra Sambuca. Ci vuole intraprendenza, intelligenza e buon senso per fare queste cose, altro che vincoli burocratici e cavilli legati ad un regolismo che affossa la nostra Montagna e la ridurrà presto ad un deserto verdeggiante.
Comunque sia, Viva il FAI che dà lustro ai tanti gioielli storici del nostro Bel Paese.