Basta prendere una foto dei nostri nonni o bisnonni per rendersi conto del loro abbigliamento, diversissimo in tutto e per tutto da quello attuale.
Gli uomini di montagna si distinguevano per grandi cappelli (e baffoni alla cow boy) calzoni di fustagno, scarponi, spesso chiodati in inverno e un po’ più leggeri in estate, e come indumenti intimi le indispensabili camiciole e le mutande lunghe, entrambe in lana di pecora che servivano per ogni stagione.
Nei giorni di festa
Nei giorni di festa erano d’obbligo la giubba nova, il panciotto, la fusciacca e le tiraccole, oltre al cappello delle occasioni speciali. Sotto la giubba, che oggi chiamiamo giacca, portavano il panciotto, un corpetto che si indossava sopra la camicia; da un’asola del panciotto pendeva non di rado una catenella alla quale era agganciata la cipolla, cioè il vecchio orologio da taschino, che dava prestigio e dignità mascolina.
I calzoni erano sostenuti dalla fusciacca, una lunga e stretta sciarpa che veniva annodata alla vita, e dalle titaccole, come venivano chiamate quassù: erano semplicemente le bretelle.
Le origini di questi nomi
Tiraccole è un nome popolare legato alla funzione che esse avevano, quella di “tirare”, di “tener su” i calzoni; mentre panciotto è un derivato di “pancia”, che i Francesi, più raffinati, chiamano gilet. Invece giubba e fusciacca sono termini che vengono da lontano: il primo è di origine araba e il secondo persiana.