Tornare indietro nel tempo
Passeggiare, oggi, lungo il greto dell’Ombrone è come un vago tornare indietro nel tempo, a quando il letto dei fiumi e dei torrenti era libero da piante e arbusti e i ricacci dei salci servivano a qualche artigiano per intessere panieri e ceste, o a quando, intorno alle briglie brulicavano gruppi di giovani e giovanissimi intenti a tuffarsi nell’acqua dei pozzi o a prendere il sole sui massi oppure a quando le nostre acque interne erano popolate da vaironi, lasche e trote.
In parte, anche in questa calda estate è ancora come un tempo.
Lungo il “parco” dell’Ombrone
Foto di Paolo Tordazzi
Lungo il camminamento del “parco” dell ‘Ombrone, a nord ovest della città, si alternano vari biotipi vegetali: ad aree caratterizzate da altofusti di ontani e salici ( e purtroppo anche dei sempre più infestanti ailanti!) si susseguono ampie distese di canne dove nidificano vari tipi di uccelli, e altre zone dove la vegetazione è bassa e si può ammirare il letto dell’Ombrone in tutta la sua ampiezza.
Nei pozzi sottostanti le varie briglie, alcune delle quali necessitano di manutenzione, prendono bagni di sole e di acqua gruppi di ragazzi che si divertono come facevamo noi quando avevamo la loro età.
Verso la sorgente
Man mano che ci si allontana dalla città e dai centri abitati, le condizioni del letto dell’Ombrone peggiorano e, a nord dell’impianto di potabilizzazione di Prombialla (oltre Piteccio), diventano critici. La vegetazione invade il letto del torrente e il reticolo dei fossi che lo alimenta è caratterizzato da intrichi di vegetazione e da piante cadute o sradicate che attraversano i corsi d’ acqua e che saranno preda delle prossime piene autunnali, creando un effetto diga al deflusso regolare delle acque.
Foto di Paolo Tordazzi
Il Vincio delle Piagge e il Vincio di Brandeglio
Il pericoloso fenomeno dell’effetto diga, dovuto alla mancanza assoluta di manutenzione e di messa in sicurezza dei reticoli idrici collinari e montani è particolarmente visibile risalendo il corso del Vincio di Brandeglio e soprattutto del Vincio delle Piagge, dove appare in tutta la sua manifestazione plastica.
Alberi caduti sul greto del Vincio delle Piagge (a monte). Foto di Sara Ferrari
Al Ponte delle Piagge sono visibili gli effetti della totale incuria dei reticoli idrici periferici. Ogni piena, nel suo scorrere precipite e selvaggio, sconquassa gli argini, trascina via alberi caduti, provoca frane e vomita a valle detriti di vario genere, devastando il già fragile territorio pedemontano, nella più totale assenza di un sistema di briglie (che rallenterebbero la violenza delle piene) e di altre opere strutturali deputate alla regimazione delle acque. Il paradosso è che ogni intervento privato di pulizia e di regimazione di fossi e fossetti incorrerebbe nelle grinfie punitive dei regolamenti demaniali, per cui si rende sempre più necessaria la scrittura di un nuovo patto di collaborazione tra Pubblico e Privato nella gestione dei beni comuni.
Già nel 2003 un’alluvione tremenda aveva prodotto danni ingentissimi all’intera Valle del Vincio e nel 2010 il Comune di Pistoia aveva avviato un progetto di messa in sicurezza di una porzione del torrente Vincio delle Piagge realizzando, tra l’altro, una briglia selettiva a protezione del ponte stesso per l’importo complessivo di 380.000 euro.
La diga selettiva subito dopo l’intervento
Prevenzione sempre più necessaria
Oggi quella briglia è ostruita da ammassi di alberi sradicati che hanno creato l’effetto diga, trattenendo pilloli e sterpaglie che espongono l’intero manufatto ed il ponte stesso alla furia delle piogge autunnali.
Insomma, dopo soli otto anni, si dovrebbe intervenire pesantemente per ripristinare le funzioni per cui l’opera idraulica è nata, a dimostrazione del fatto che gli interventi legati alle emergenze hanno vita breve e che è solo con la prevenzione che si risparmiano risorse pubbliche e disagi alla popolazione.
Risalendo il torrente la situazione è assai più compromessa e mostra chiaramente come sia inutile la sistemazione dei reticoli idrici a valle se vengono totalmente dimenticati quelli a monte.
Lo stato attuale della diga selettiva al Ponte delle Piagge. Foto Paolo Tordazzi
Una conclusione amara
Questo breve ma esemplificativo excursus sulle condizioni del reticolo idrografico demaniale a nord di Pistoia merita una riflessione conclusiva e suscita un’immagine. La riflessione è che la città di Pistoia, così come la piana estremamente antropizzata, è dal punto di vista del pericolo idrogeologico, un gigante dai piedi d’argilla, perché alla lunga rappresenta un’operazione parziale e ipocrita mettere in sicurezza il letto di fiumi e torrenti in prossimità dell’abitato se ci si dimentica completamente della montagna e della manutenzione dei suoi fossi e delle sue sorgenti, da cui peraltro nascono i problemi reali.
L’immagine più calzante che mi viene in mente è che Pistoia, così come tante altre città pedemontane, sia come un’anziana signora che dispone di uno specchio a mezzobusto e si guarda e rimira la propria bellezza dalla cintola in giù.
Indossa una bella gonna, delle scarpe alla moda, ha gambe curatissime ma non vede l’altra parte di sé: un volto trascurato e pieno di rughe, una camicetta sdrucita ed un’espressione malinconica di abbandono e solitudine, proprio come quella della nostra amata e dimenticata montagna.
Però, in occasione delle prossime precipitazioni autunnali, tutti pronti a parlare dei disastri creati dalle piogge assassine!!!
E, mi raccomando, tutti pronti. Ognuno con la propria riserva di lacrime di coccodrillo.
SI INVITANO I LETTORI AD INVIARE ALLA NOSTRA TESTATA FOTO CHE TESTIMONIANO LO STATO DI ABBANDONO DELLA RETE IDRICA DELLA NOSTRA MONTAGNA ALL’INDIRIZZO MAIL: