PISTOIA – Pistoia cade per l’ennesima volta in uno scontro decisivo, cade ancora fra le mura amiche del Palacarrara, cade illudendo di potercela fare, cade lasciando la chiara sensazione di aver perso più per demeriti propri che per meriti altrui. Insomma, anche la sconfitta di ieri pomeriggio contro Torino (78 – 81) è la fotografica di tante altre partite precedenti, di questo calvario che è stata la stagione 2018/2019. Approccio molle, la garra che non c’è, il gioco lasciamo perdere, errori su errori sia nell’impostazione sia sotto canestro (quanti appoggi facili facili avrà sbagliato questa squadra quest’anno non è dato sapere) e poi, nei momenti decisivi, la palla che diventa un macigno, pesa troppo per tutti ed è un problema trovare il canestro. Nonostante tutto ciò, la partita è rimasta in bilico fino alla fine e un po’ più di lucidità nelle scelte avrebbe anche permesso di vincerla. Ma il finale del film è da incubo.
Le prossime quattro gare
Adesso Pistoia è attesa da 4 partite che teoricamente potrebbero lasciare aperta qualche flebile speranza – tutto sommato Pesaro e Reggio Emilia continuano a perdere e sono avanti di due soli punti – ma che concretamente nulla potranno aggiungere o togliere a una pessima stagione. Sì perché Pistoia dovrebbe vincere almeno due gare sperando nelle totali disgrazie altrui, cosa peraltro impossibile perché ci saranno gli scontri diretti e una delle due contendenti inevitabilmente vincerà. Quindi, senza avventurarsi in molti altri calcoli, basti dire che la quasi certezza di salvarsi passerebbe da tre vittorie. E ci attendono le gare contro Trento, Cantù, Varese e Avellino (seconda e quarta in casa).Vogliamo parlare d’altro? O vogliamo dire che proprio Torino, ma anche altre società stanno seriamente rischiando di retrocedere non per ragioni sportive ma economiche? In tal caso tutti i giochi si riaprirebbero…
Saluti finali
D’altronde il finale mesto e triste nel palazzetto di via Fermi, che per una sera è anche tornato a riempirsi e farsi sentire come nei giorni migliori, sembra quasi il preludio all’addio alla serie A. Inevitabile, per certi versi. Il Pistoia Basket edizione 2018/2019 è squadra nata male, con un roster sbagliato, è stata corretta con una serie di interventi successivi, magari anche apprezzabili sotto il profilo della volontà di rimediare, ma sempre tardivi e di nuovo sbagliati. Puntare sui due Johnson si è rivelata scelta nefasta, tardivo è stato il loro “taglio”, così come il passaggio al 6+6, e ancora gli ultimi inserimenti della disperazione (e che hanno fatto a loro volta molto disperare) e, infine, il cambio di allenatore, da Alessandro Ramagli a Paolo Moretti. Tutto tardi e male, verrebbe da dire. Succede. Quest’anno è successo. Chi di dovere dovrà prenderne atto e meditare per non ripetersi in futuro. Ciò nulla toglie alle precedenti cinque splendide stagioni nel salotto buono del basket italiano, per le quali non mancheremo mai di dire grazie alla società e a chi a permesso a Pistoia di viverle da protagonista.
L’illusione di Bologna
L’illusione dell’ottima vittoria a Bologna, sette giorni prima, la difesa a zona che aveva fatto saltare gli schemi della Virtus, l’intensità, alcune buone prestazioni individuali e la prova “mostre” di Krubally, sono sembrate lontani ricordi. A parte Peak, difficile trovare prestazioni convincenti da altri. Certo potremmo dire Mitchell, comunque 23 punti il suo bottino e un punto di riferimento costante per tutti, ma quando il giocatore di maggior talento, perde otto palloni, perfino quello della ipotetica tripla da tentare per il tiro da tre della disperazione, c’è poco da attendersi (e segna pure 4 liberi su 7).
Crosariol e Odum cercasi disperatamente
E poi, restando agli ultimi “rinforzi” giunti dal mercato, come definire la presenza impalpabile sul parquet di Crosariol e cosa aggiungere sulla prova (le prove) di Odum? Lo confesso: per una sera ho rimpianto Kerron Johnson, sì proprio lui. Perché il no-play che abbiamo visto all’opera in biancorosso per tre quarti di campionato, sbatteva spesso contro i muri delle difese avversarie ma ogni tanto penetrava, qualche arresto e tiro gli andava a buon fine (con Brescia pure quello della vittoria, se non ricordo male), qualche tripla la tentava e a volte con successo. Non saprei dire cosa abbia fatto Odum in quasi tutte le apparizioni, e ancor di più nella gara decisiva contro Torino, se non trotterellare spaesato sul parquet.
La fotografia di Moretti
“Questa è una squadra che non ha nel DNA la rabbia e il giocare sempre al limite del fallo: i ragazzi hanno lottato, ma i limiti individuali, i limiti collettivi, la poca profondità nel roster, contro una formazione talentuosa, grossa e profonda come Torino, li paghi”, ha detto coach Moretti in conferenza stampa, rispondendo a chi gli chiedeva se non fosse mancato il giusto livello di aggressività. Non c’è da aggiungere molto altro.
Ci sarà tempo e modo di ripercorrere il percorso della Ori Ora ma non ora. Adesso c’è da chiudere dignitosamente le prossime quattro partite (non fosse che per i tifosi, soprattutto quelli che seguono la squadra in ogni trasferta). Speriamo vivamente di essere smentiti e sorpresi ma non ci aspettiamo molto di più.
I tifosi “gemellati”
Tutte le foto sono di Sara Bonelli