“L’acqua che tocchi de’ fiumi è l’ultima di quella che andò e la prima di quella che viene. Così il presente”. Questo pensiero di Leonardo da Vinci ci fa capire come il grande scienziato toscano interpretasse il legame tra passato e presente, un legame inscindibile, come quello tra padre e figlio. Il presente sarebbe, dunque, una emanazione del passato ed una anticipazione del futuro, proprio come l’acqua di un fiume che scorre a valle.
Purtroppo non è sempre vero: lo dimostrano certe vicende della Grande Storia e molte altre della Microstoria.
Consideriamo la nostra Montagna e vediamo quale è stato il suo passato e quale sia il presente. Non importa risalire alla notte dei tempi o a quando essa pullulava di abitanti. Limitiamoci a parlare solo di mezzo secolo fa.
UNA MONTAGNA GODUTA
La situazione di 50 anni fa
Fino a 50 anni orsono il territorio della nostra Montagna era interamente fruibile: boschi integri, selve tenute come giardini, strade mulattiere percorribili, sentieri storici e stradelli su cui si poteva raggiungere a piedi borgate e case isolate.
Insomma, un microcosmo a misura d’uomo, appetibile per un turismo di qualità.
I medici consigliavano la montagna, specialmente quella compresa tra i 500 e gli 800 metri di altitudine, per l’aria pura e l’acqua buona, per le passeggiate all’aria aperta, per il cibo sano.
Così la gente di Montagna attendeva con ansia i mesi estivi, che portavano i villeggianti. I preparativi cominciavano già ai primi di Maggio: si pulivano le stanze, si rifacevano i materassi, si rendevano decorosi i paesi e si pensava all’organizzazione di feste paesane.
A Giugno cominciavano ad arrivare i signori da Bologna, da Firenze, da Milano ed erano accolti con tutti gli onori.
Turisti illustri
Alla Sambuga, dove sono nato io, le raccomandazioni ai ragazzi erano sempre le solite: “An ve fade confusion ch’i’ dormane!”, oppure “Levàve dai cojoni”. Tutto per non disturbare la quiete degli illustri ospiti.
E illustri erano davvero! Venivano in montagna medici, avvocati, notai, imprenditori ed anche letterati famosi, come dimostra la Guida letteraria della montagna pistoiese, curata da Giovanni Capecchi.
Alberghi e case in affitto
Di mattina presto, o nel tardo pomeriggio, partivano per passeggiate nei boschi, bevevano acqua freschissima alle fonti oppure chiacchieravano amabilmente nei giardini. Affittavano case o singole stanze e andavano a mangiare in piccole pensioncine a conduzione familiare, che aprivano i battenti a Giugno e chiudevano a Settembte.
Per non parlare degli alberghi. Ogni paese ne aveva piùà di uno e in diversi casi anche una decina. A Le Piastre, ad esempio, 50 anni fa c’erano 11 alberghi e nei mesi estivi lavoravano tutti.
Era, quella, una Montagna goduta, in cui la cultura montanina e quella metropolitana vivevano in osmosi: ognuno dava qualcosa all’altro.
In questa, e nelle altre immagini, la sagra della polenta dolce a Le Piastre nel 1966 (foto archivio Giancarlo Corsini, gentilmente concesse da Lorenzo Corsini Carpe Diem studio fotografico)
Turismo come risorsa economica
Quel tipo di turismo rappresentava una risorsa economica importante per i paesani, che si industriavano al fine di rendere l’ambiente e il territorio montano sempre più gradevoli e ospitali. C’erano botteghe, negozi, banche, uffici postali, scuole e si realizzava quello che oggi si considera una trovata innovativa, cioè l’albergo diffuso, che non è altro che una forma economica di ospitalità familiare.
LA MONTAGNA USATA
Tutto è cambiato
A distanza di 50 anni tutto è cambiato.
I nostri paesi sono ridotti a scheletri scarnificati, la popolazione se ne è andata, il territorio montano sta diventando un groviglio di casce e spine, adatto a cinghiali ed altri animali selvatici, i vecchi sentieri sono ostruiti da frane e da una vegetazione infestante, non ci sono più alberghi e si assiste all’emorragia di tanti altri servizi, scuole comprese.
Turismo frenetico e confusionario
Ma è cambiato anche il turismo e soprattutto sono cambiati i turisti.
Il turismo oggi è frenetico, vale solo qualche ora; è confusionario e utilitaristico. Si viene in Montagna per lo più quando è tempo di funghi, mirtilli, castagne, quando c’è la caccia o la pesca, quando cade la neve che consenta di sciare.
Allora si assiste all’invasione dei pianigiani che partono all’alba e tornano via nel primo pomeriggio, coi panieri pieni dei frutti della montagna e magari si fermano ai bar per mostrare i loro trofei.
E che dire delle moto da cross che percorrono le strade bianche e i sentieri e ne lasciano il fondo completamente dissestato?
Montagna come parco divertimenti
Si può ben affermare che la Montagna oggi è solamente usata, senza alcun rispetto per chi ci vive e ci risiede.
Essa è diventata un parco divertimenti per chi viene da fuori ed un museo delle cere per chi ci vive, in quanto la selva di regole che incombe sulla montagna impedisce di fare tutto. Ci sono vincoli idrogeologici, paesaggistici, divieti, balzelli, richieste di permessi, domande in bollo, cauzioni onerose anche per chi voglia migliorare il proprio bosco e via dicendo…
Insomma,si fa di tutto per incoraggiare chi la montagna la usa e si penalizza chi ci vive.
Questa è la percezione di chi vive in Montagna oggi!
E l’insegnamento del passato?
Allora è vera solo in parte la massima di Leonardo da Vinci! Il presente non è sempre figlio del passato, perché nel nostro caso il passato ci aveva insegnato ben altro!
Aveva posto le basi per un altro tipo di turismo, lento, ecocompatibile ed economico per tutta la gente di Montagna. Ci aveva insegnato che anche noi montanini il turismo ce lo dobbiamo meritare con una gestione oculata del territorio, con una capacità imprenditoriale e con la forza delle tradizioni.
Noi tutti, cittadini e istituzioni, abbiamo scelto un’altra strada, che non porta da nessuna parte e che non fa intravvedere alcun barlume di quella che vogliamo che sia la Montagna del futuro.I montanini hanno rinunciato al proprio orgoglio e sono diventati lamentosi, mentre le Istituzioni sono state capaci solo di produrre un’infinità di regole che paralizzano e dissuadono, in nome di una sedicente idea di rispetto della natura, senza considerare che anche la natura ha bisogno delle cure dell’uomo.
In conclusione, quindi, il senso della massima di Leonardo potrebbe essere cambiato in questi termini: “Il presente è figlio del passato, quando ne segue l’insegnamento, altrimenti è solo un orfano immemore e senza futuro”.