CASTELLO DI CIREGLIO (PISTOIA) – Sulla Strada Statale n° 66 le automobili sfrecciano senza sosta , ora in direzione montagna ora in direzione città. Si va a sciare, a funghi, a mirtilli o, più semplicemente, si va perché tutti vanno. Una frequentazione meno frenetica e più contemplativa della montagna porterebbe a scoprire piccoli e grandi borghi che hanno ospitato generazioni di montanini e che hanno conservato, chi in misura maggiore, chi in misura minore, il fascino antico.
Uno di questi paesi è senz’altro Castello di Cireglio. Bisogna andarci apposta perché lì finisce la strada. Giunti a Cireglio si imbocca una deviazione stretta a sinistra, venendo dalla città, e, dopo poco più di un chilometro si arriva in un piccolo parcheggio, a fianco del quale si erge il monumento a Policarpo Petrocchi.
“Il Paesucciaccio”
Castello di Cireglio è il “Paesucciaccio” di Policarpo Petrocchi, che ci è nato nel 1852. Il paese è una sorta di terrazzo che si apre sulla grande piana e in molti scorci conserva una dimensione “antica”, con viuzze in acciottolato, case in sasso a vista ed una storia millenaria (Brandeglio è stata la denominazione storica dell’area geografica su cui erano insediati il Castello e la Pieve, ora Cireglio).
Suggestive vedute dal terrazzo di Castello di Cireglio
Risalendo una strada lastricata, dalla quale ti aspetti di veder scendere da un momento all’altro un barrroccio trainato da un ciuchino, si giunge alla piazza principale, Capivilla, sulla quale si affaccia la casa natale del famoso lessicografo, autore, fra l’altro, di un dizionario della lingua italiana con cui hanno studiato generazioni di italiani.
Nelle foto sopra Capivilla, con il sole e con la neve
Poi, sparse per il borgo, si incontrano altre piazzette ed alcuni campi, con poche viti sparse e qualche pero o melo. Ovunque, piante di kaki che in autunno si fanno belle di foglie gialle e di frutti dal color rosso- aranciato.
E’ lo stesso Petrocchi che, nel romanzo Il mio paese, ci presenta le varie “contrade” e gli angoli più riposti :” Il Cassero, all’entrata del paese, nome di fortezza, ma oggi senza fortezza. Il Forno, senza forno; Piazza della Grigia, ha il nome di una donna non ancora grigia; il Campanile, è lì impalato, senza chiesa, basso stretto, quadrato, non vuoto, con una campana benedetta da SanBernardino, che vien sonata quando il tempo brontola e minaccia burrasca; Capivilla, che è la fine del paese; sotto, la Scola,… l’aia di Cacino, il Portico del Magro e da ultimo il Vicinato”.
La chiesa è nel complesso del Cassero. Si tratta di un piccolo oratorio del 1700, dedicato a San Rocco e ristrutturato recentemente.
Il campanile (sopra) e la chiesa (sotto). A fianco una veduta del paese e la piana sullo sfondo
L’insegnamento civile del Petrocchi
Oltre agli indubbi meriti letterari, Policarpo Petrocchi è stato un modello di intellettuale libero, calato nella realtà, legatissimo al suo minuscolo borgo natìo e impegnato a promuoverne lo sviluppo a tutti i costi, anche rivendicando orgogliosamente la nascita di un Libero Stato di Cireglio, contro l’isolamento a cui l’aveva condannato l’Amministrazione comunale di Pistoia.
Alcune immagini della statua di Policarpo Petrocchi, all’ingresso del paese. La prima foto a sinistra risale al giorno dell’inaugurazione, il 12 settembre 1909.
Non di rado si toglieva i soldi di tasca per pagare la maestra della scuola di Castello, per realizzare fonti, strade o altre infrastrutture che sottraessero i paesani alla vita grama e all’isolamento; ma era anche un consigliere premuroso ed un instancabile ispiratore di iniziative, che hanno permesso al suo “paesucciaccio” di diventare in pochi decenni un esempio per tanti altri paesi della montagna pistoiese.
Dunque, non un cattedratico tronfio o salottiero, uno sparasentenze come ce ne sono molti anche oggi, ma un sanguigno difensore della montagna e della vita all’aperto, che riteneva fonte di ispirazione e di salute .
Un altro merito è stato quello di aver fondato nel 1880 la Società Onore e Lavoro, un’associazione di volontari che è ancora impegnata nel progresso del paese ed alla quale si deve la realizzazione e l’ammodernamento del “Cantuccio”, un circolo ricreativo polifunzionale, che potrebbe diventare un importante strumento al servizio di un’ incisiva promozione turistica di Castello di Cireglio.
Il circolo ricreativo “Il cantuccio” dopo la ristrutturazione
Un ritorno alla montagna?
Come tutti gli altri paesi, anche Castello ha conosciuto un considerevole spopolamento, iniziato all’alba del secolo scorso e proseguito per molti decenni; basti pensare che da una popolazione di circa 300 persone, negli anni precedenti la seconda guerra mondiale, si è passati agli attuali 60 abitanti nei mesi invernali, che raddoppiano in quelli estivi.
Ma ciò che incoraggia è il fatto che negli ultimi 10 anni il paese si è andato ripopolando: sono arrivate diverse coppie giovani e si incontrano facilmente dei bambini che si rincorrono per i “chiassettoli” ( i vicoli stretti) e per le aie, come si faceva tanti anni fa.
Si sta dunque riscoprendo la pace e la dimensione umana di questi luoghi ritenuti marginali? Sta finendo la frenesia di scegliere la città come ragione e modello di vita?
C’è, da parte dei castellotti, un sottile piacere nel vedere, laggiù, la grande piana quando è immersa nella nebbia e nello smog, mentre quassù si gode di un bel sole e di un’aria tersa.
E allora, come si fa a non dar ragione a Policarpo quando lasciava Milano o Roma per rifugiarsi a Castello di Cireglio dove, in quest’angolo di mondo, trascorreva ore spensierate passeggiando pei boschi, organizzando feste e chiacchierando amichevolmente coi suoi compaesani?
LA FOTOGALLERY
Alcuni angoli del paese
La festa di San Rocco negli anno ’70/’80
Le sfide calcistiche fra “Becchi e segaioli”
Sopra un’immagine degli anni ’70. Sotto alcune foto della gara dell’estate 2011 (con squadre molto allargate oltre i confini di Castello)
Tutte le immagini di questo servizio dalla pagina facebook “Castello di Cireglio”