Una Montagna di Parole  |  novembre 12, 2018

Il romanesco ? Si parla anche dalle nostre parti

Tante verbi e parole si sono diffusi grazie alla Tv e ai comici che usavano e usano abbondantemente il romanesco o il ciociaro. Gli esempi sono innumerevoli: fregnaccia, mignotta, abbiocco, pennichella, caciara, pomiciare, coatto, schiappa, sganassone, moccolo, becero, taroccare. E molti modi di dire come a' coso, mortacci tua, zitto e mosca fino al gergo giovanile con le espressioni fico (bello) scorfano e sfiga

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La televisione ci ha fatto tanti “regali”, almeno fino a quando è rimasta nel solco della promozione socio-culturale. I meno giovani ricorderanno, senz’altro, il programma Non è mai troppo tardi , curato dal maestro Alberto Manzi, che insegnava a leggere e a scrivere per eliminare la piaga dell’analfabetismo.

Un altro “regalo” è stato la diffusione capillare dell’ italiano laddove si parlava esclusivamente il dialetto; in questo caso la TV ha contribuito a diffondere l’uso di una lingua nazionale, dopo i grandi tentativi letterari dei secoli precedenti (Dante e Manzoni in testa, tanto per fare due clamorosi esempi).

Mamma RAI, che in origine aveva un’unica sede a Roma, ha diffuso anche modelli di parlate regionali attraverso grandi figure dello spettacolo: molti comici usavano abbondantemente il romanesco o il ciociaro e gli esempi sono facili da enumerare. Aldo Fabrizi, Alberto Sordi, Paolo Panelli, Nino Manfredi e, più recentemente, Gigi Proietti e Carlo Verdone e, fra i cantanti, Renato Zero e Antonello Venditti hanno farcito i loro spettacoli di regionalismi capitolini.

La popolarità di tali personaggi si è diffusa ovunque ed ha raggiunto anche la nostra montagna, tanto che si può ben dire che parliamo un po’ romanesco anche noi. Per fare qualche esempio ricordiamo parole come fregnaccia, mignotta,battona, magnaccio,per cominciare dalle più “impegnative”, e poi, abbacchio, abbiocco, pennichella, caciara, pomiciare, coatto, baiocco, quattrini , schiappa, sganassone, moccolo, macello (nel senso di “confusione”) chiappa, capoccia, becero, taroccare o, in chiave gastronomica, fettuccine, stracciatella, saltimbocca ecc.

Diffusissime sono anche le espressioni a’ coso, embè, mortacci tua, liscio e busso, zitto e mosca.

Di uso quotidiano anche da noi sono parole del gergo giovanile, come fico ( bello) e il suo contrario scorfano , oppure sfiga, nel senso di “iella”.

Infine paraculo, nel significato di “colui che è abile nel fare il proprio interesse”; è una parola “colorita”, ma che interpreta bene l’andazzo non solo tipico dei palazzi romani, ma anche della nostra bell’Italia .


Maurizio Ferrari

Maurizio Ferrari, sambucano di origine, ha insegnato Lettere per 38 anni nelle Scuole superiori pistoiesi. Ora è imprenditore agricolo e si sta impegnando nella promozione e nel rilancio del territorio appenninico come Presidente dell'Associazione "Amo la montagna APS" che si è costituita nel 2013 e che ha sede a Castello di Cireglio.Ha collaborato per 25 anni alla rivista "Vita in Campagna", del gruppo "Informatore Agrario". Recentemente ha pubblicato alcune raccolte di racconti ispirati alla vita quotidiana di Sambuca, dal titolo :"Dieci racconti sambucani"; "La mia Sambuga" e "Cuori d'ommeni e di animali", nonché una favola per bambini, "La magìa della valle dimenticata" illustrata dagli alunni della scuola elementare "P.Petrocchi " di CIreglio (Pistoia)