Di nuovo è tempo di castagne, questi frutti dal fascino antico che fanno ricordare i nonni e le loro povere ma ricche tradizioni.
I guscioni o gufoni
I cardi, però, sono come le persone: al loro interno possono contenere doni abbondanti oppure falsità e scheletri. I doni abbondanti dei cardi sono quelle belle castagne lucide e paffute, una delizia per il palato, invece gli scheletri venivano chiamati qui in montagna guscioni, o anche gufoni, perché dal guscio rinsecchito e privo di polpa.
I necci ciechi e fritti
Dell’uso gastronomico delle castagne si è già parlato su queste stesse pagine; quello che non si è detto è che i necci, cioè, il pane dei nostri nonni, potevano avere delle varianti: i necci ciechi, ad esempio, erano farciti di salsiccia o rigatino e i necci fritti (rigorosamente nello strutto di maiale) accompagnavano di solito le uova fritte, in un matrimonio tanto nutriente quanto ricco di calorie, che permetteva di supportare il fisico in lavori pesanti.
Il biasciotto
In mancanza di omogeneizzati, lo svezzamento dei bambini si faceva col biasciotto, perché le mamme, o più spesso le nonne, biasciavano i necci e dopo averli tenuti un po’ in bocca, li davano da mangiare ai bambini.
Il nénne e i ménni
Il nénne era, invece, il neccio fatto a piccoli pezzi che veniva dato ai bimbi più grandicelli per abituarli al gusto che li avrebbe accompagnati per tutta la vita. Un altro piatto molto usato erano i manufatoli o ménni, che consisteva nell’aggiungere alla farinata calda di farina di castagne del latte freddo; si trattava di una robusta e veloce colazione prima di andare al bosco o nei campi.
Quello che è meraviglioso è che ancor oggi i castagni, nonostante siano per lo più abbandonati e privi di cure, continuano a donare i loro frutti a noi che, a guardar bene, nemmeno ce li meriteremmo.