“Poca osservazione e molto ragionamento conducono all’errore. Molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità”. Sono passati più di 60 anni da quando Alexis Carrel, allora giovane Premio Nobel per la medicina, pronunciò queste parole che avevano un indubbio valore profetico in relazione a ciò che si andava profilando, cioè una nuova era della vita dell’uomo, quella virtuale.
Il pensiero non svincolato dai fatti
Nella Storia l’interazione uomo-natura ha prodotto la filosofia, l’arte, la scienza, i modelli sociali, la politica, l’agricoltura, l’allevamento ecc., perché l’elaborazione teorica del pensiero ha sempre seguito l’osservazione puntuale dei fatti. I campi, i boschi, il cielo, il mare, gli animali, sono stati, per gli antichi, altrettanti “laboratori scientifici” all’aperto, da cui trarre ispirazione e linfa intellettuale: hanno creato, cioè, l’esperienza, uno strumento indispensabile al vivere.
La visione distorta della realtà
Il secolo che ci siamo lasciati alle spalle da quasi due decenni si è caratterizzato per le ideologie, ossia per quegli schemi mentali rigidi e svincolati dall’osservazione sociale, naturale e umana che lasciano eccessivo spazio ad una ingegneria intellettuale asfittica e alla lunga anacronistica.
Qualcosa di simile sta accadendo in questi primi lustri del nostro secolo, soltanto che alle ideologie si sono sostituiti il web e i social che, se asserviti alla virtualità e allo sfogo cialtrone del paroliberismo, alimentano una visione altrettanto distorta del reale.
Servono menti educate all’osservazione
Se un luogo o un territorio mantengono più integra la propria naturalità, se cioè i boschi, i campi, i corsi d’acqua dominano quasi incontrastati, per governarli con equilibrio c’è bisogno di menti educate all’osservazione, menti allenate all’umile curiosità naturale positiva che individuino le criticità e propongano rimedi dettati dall’esperienza teorica e pratica.
Oggi accade il contrario: le menti che governano le nostre aree marginali (ammesso che esistano e che esista un progetto complessivo!) hanno sostituito all’osservazione la lente del consumo, al sano realismo l’ottica della virtualità, alla ragione lo schematismo dell’ideologia, alla buona pratica l’elettoralismo più bieco, che con la ragionevolezza ha poco a che fare.
Anche la scienza non può nulla contro gli schematismi ideologici, contro i dettami di un modello economico che condanna al consumo, contro le assurdità del burocretinismo, che frena la microeconomia e le ambizioni di molti giovani.
Il buon senso di un tempo
I nostri nonni sapevano poco di scienza, la loro guida era il buon senso che, unito all’osservazione quotidiana della realtà contingente ed alla sapienza delle tradizioni, consentiva di relazionarsi con la natura in modo adulto, senza ipocrisie o eccessi.
E’ un grave errore, ad esempio, pensare che i boschi non debbano essere “coltivati” che i letti dei corsi d’acqua non debbano essere ripuliti da alberi e arbusti, che non si possano aprire nuove strade forestali oppure che si privilegi la presenza degli animali selvatici a discapito del presidio umano del territorio attraverso l’agricoltura e l’allevamento.
La coesistenza equilibrata uomo – natura
Paradossalmente vien da pensare che l’unico animale non protetto in montagna sia proprio il montanino, che cerca di viverci a dispetto di tutto, e vien anche da pensare che tra 50 anni l’intera catena dei monti che circonda la grande piana di Pistoia-Prato-Firenze diventi un’inestricabile foresta amazzonica. Allora la piana avrà un enorme polmone verde, ma anche ungulati che frequenteranno cinema e caffè e dietro di loro i lupi.
Questo copione è già visibile in alcune grandi città, come Roma, Genova, Bergamo e anche a Berlino e un primo allarme è già stato lanciato anche dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), che fa capo al Ministero dell’Ambiente. Solo così, forse, il gran numero di elettori metropolitani convincerà politici e amministratori ad ascoltare la voce di chi è ancora capace di osservare e a prendere posizioni più serie e organiche a favore di una equilibrata coesistenza uomo – natura. Ma l’osservazione non si improvvisa, è un lavoro paziente, certosino e tutt’altro che arrogante.
L’inutile regolamentismo
Il regolamentismo attuale e le disposizioni in materia ambientale sono spesso fatti senza l’intelligenza delle cose (in senso etimologico), senza il confronto con la realtà “effettuale” e scaturiscono da congressi, da elucubrazioni teoriche dietro le scrivanie, da mode momentanee, da maîtres a penser mediatici folgorati da qualche santone raccattato in chissà quale paese straniero.
Poi vengono calati sui nostri territori senza valutarne gli effetti, senza alcun controllo a posteriori, ignorando le voci di chi li abita e di chi li vive quotidianamente.
Ascoltare la voce di chi vive in montagna
Non voglio arrivare al paradosso dello scrittore Mauro Corona, il quale sostiene il principio dell’anarchia imprenditoriale degli abitanti di montagna, che sanno provvedere a se stessi nel rispetto dell’ambiente, ma ascoltare di più la voce dei residenti nelle terre alte gioverebbe ad una più corretta gestione di questo patrimonio ecologico che dovremmo consegnare ai nostri figli nel modo più saggio ed equilibrato possibile.