E’ trascorso poco più di un mese dall’evento organizzato dalla Trento School Management e dedicato al tema “Montagne in rete” ed è ormai tempo di bilanci. A questo importante appuntamento di respiro nazionale è stata invitata anche l”associazione culturale Letterappenninica, nel suo ruolo di portavoce delle istanze dell’Appennino tosco-emiliano e per essa hanno preso parte alla due giorni trentina del maggio scorso, Beatrice Flore, presidente provinciale dell’Unione Nazionale Pro Loco d’Italia (UNPLI) e Mirto Campi, sindaco di Fiumalbo e direttore artistico di Letterappenninica.
Le indicazioni della conferenza
Dalla conferenza, a cui hanno partecipato rappresentanti di tutte le regioni italiane, eccetto la Sicilia, è emerso che la montagna deve reinventarsi un’economia basata sul recupero di una identità perduta, che occorre chiedere leggi capaci di tutelare le terre alte e che serve darsi un marchio di qualità in modo tale che ogni territorio possa proporre orgogliosamente i propri prodotti e tutelarli, creando però una rete di progetti e di intenti comuni.
Le considerazioni di Beatrice Flore
“Lo spirito con cui noi di Letterappenninica abbiamo partecipato – dice Beatrice Flore – è stato quello di interpretare le esigenze della gente che vuole continuare a vivere in montagna e di coloro che pensano di prendervi la residenza come scelta alternativa ai dettami della società moderna che ci vuole indottrinati al consumismo. Inoltre abbiamo dato il nostro contributo affinché si attui finalmente una buona politica dei territori montani, con proposte concrete e realizzabili, ma anche capaci di far uscire le terre alte da un limbo pluridecennale”.
Le riflessioni di Mirto Campi
Mirto Campi disegna i bisogni di una montagna che deve andar a braccetto con la pianura e non in contrapposizione ad essa; resta però demagogico pensare che la medicina, per entrambe, sia la stessa! “La montagna – dice Campi – ha bisogno dei propri ritmi, di un turismo dolce, basato sulla riscoperta dell’artigianato, della gastronomia locale, dell’agricoltura, così come delle peculiarità etiche, religiose, artigianali che ogni territorio ha maturato nei secoli. Indubbiamente c’è bisogno di incentivazioni economiche e di un minore impatto della burocrazia, che molto spesso uccide la voglia di intraprendere”.
Luogo di produzione
“La montagna deve diventare luogo di produzione: ad esempio si potrebbero riaprire, sotto rigido controllo, le cave per l’estrazione di pietra arenaria, in favore di un modello di sviluppo che ci spetta e smetterla di costruire con pietre che non ci appartengono – continua il sindaco di Fiumalbo -. Anche il materiale litoide dei torrenti è da recuperare, pagandolo allo Stato centrale, per costruire o ripristinare muri e antichi muretti in pietra. In questo modo si mantiene basso il livello del greto fluviale con minor conseguenza di alluvioni, causa le forti piogge sempre maggiori”.
Statuti al posto di statisti
Poi Campi guarda ai limiti esterni: “Noi montanari, per politica e politici, siamo pietra d’inciampo. Oggi, che sono finiti gli statisti ma resistono gli statuti, si fa fatica a pensare a delle regole comunitarie da imporre ad una comunità montana, semplicemente perché sono pensate in altre realtà – continua Campi -. E imposte! Cooperare non è cosa facile. Ma diventa doveroso. La montagna ha sempre avuto una capacità di apprendimento-adattamento, più che la pianura. Non cadiamo in un neo spontaneismo, tanto meno nella percezione di una montagna alla frutta: così non è e non lo sarà mai… La montagna ha molte pluralità: sguardi, luoghi, lavori”.
Un patto fra pubblico e privato
Infine Campi sostiene l’esigenza di un nuovo patto tra pubblico e privato: “Il rapporto paritario tra pubblico e privato oggi è fondamentale: solo così può nascere un contratto di paesaggio che permetta di investire in montagna, sebbene in modo sostenibile, per evitare le speculazioni e gli abusivismi, propri di uno sviluppo selvaggio, che non si addice alla natura della montagna e all’indole dei suoi abitanti”.