Equilibri ambientali ignorati
Uno dei problemi che affligge l ‘Appennino, dalla Liguria alla Calabria, è l’ignoranza complessiva degli equilibri ambientali che si sono instaurati negli ultimi 50 anni. Le modificazioni avvenute sono sfuggite ad una comprensione sistematica e complessiva, salvo alcune tematiche sporadiche (il lupo, gli ungulati, le aree umide) che peraltro sono state trattate con la logica dell’enclave, slegate cioè dal contesto generale che prevede anche la presenza dell’uomo e delle sue attività sul territorio.
Leggi regionali a singhiozzo
La conseguenza è stata che, in tema ambientale, le Regioni hanno legiferato a singhiozzo e sulla base di informazioni parziali, ora dettate da un ambientalismo radicale, ora da lobby socio- economiche, ora da dati scientifici eterogenei, ora sulla base degli umori momentanei di un’opinione pubblica “votante”.
Ci ritroviamo, quindi, regolamenti e disposizioni assurdi e strabici, che di fatto ignorano la realtà effettuale complessiva che si è venuta a creare nel grande ecosistema appenninico.
IL CENTRO STUDI APPENNINICO
E’ da accogliere con favore, dunque, un’iniziativa panregionale, come il Centro Studi per l’Ecologia e la Biodiversità degli Appennini, struttura di ricerca scientifica a carattere nazionale, che opera soprattutto nelle aree prive di protezione e conduce studi specifici e monitoraggi su specie animali e
vegetali spesso non indagate e liquidate sbrigativamente come fauna e flora banali, ma che rivestono un ruolo fondamentale negli equilibri ecologici. Il centro studi si articola in sezioni territoriali ed ha un gruppo anche a Pistoia, coordinato da Lara Uccini, che si sta occupando di “tipizzare” un’area non protetta in modo da individuare eventuali squilibri ecologici in quell’area forestale della nostra montagna.
Zone senza decreti di tutela
Contrariamente a quanto avviene di solito con la ricerca concentrata su aree protette, quali parchi nazionali, regionali, oasi, riserve, siti natura 2000, ecc., il Centro Studi prende in considerazione tutte quelle ampie zone dove non sono applicati decreti di tutela e che costituiscono la maggior parte dl territorio italiano. Ogni Centro Studi si basa su un team interdisciplinare di ricerca formato da specialisti di ecologia forestale, di entomologia, di teriologia, ornitologia ecc. ma si avvale anche della partecipazione di volontari.
Un data base con tutte le informazioni
“ L’obiettivo- dice il professor Giampaolo Pennacchioni, responsabile nazionale del progetto – è quello di creare un data base che serva a mettere in rete le informazioni raccolte, in modo che gli organi competenti prendano coscienza della situazione ambientale e legiferino con cognizione di causa”. In fondo è quello che si richiede alla Scienza, con la S maiuscola, che deve essere sempre al servizio di un rapporto equilibrato e rispettoso tra l’ uomo e l’ambiente.
UN TOUR UNIVERSITARIO
Il metodo di lavoro del Centro Studi, cioè la condivisione dei dati a livello nazionale, trova un esempio pratico nella realizzazione di un tour universitario, denominato Universitaly Wolf Tour, un progetto con finalità di confronto scientifico e di divulgazione nato dal lavoro di un nutrito gruppo di ricercatori e studenti facenti riferimento all’Università di Teramo con la fattiva collaborazione di Pia Lucidi ‒ docente di Etologia della Facoltà di Bioscienze ‒ che ha portato, e porterà. i propri risultati presso alcune sedi accademiche nazionali.
Lo studio sul lupo
In queste sedi (Teramo, Torino, Udine, Firenze, Camerino, Matera, Ancona, Viterbo, Napoli, Reggio Calabria e L’Aquila) il gruppo di ricerca trasmetterà la propria esperienza e i risultati ottenuti nello studio dell’etologia di Canis lupus italicus, i problemi legati alla convivenza con l’uomo, divulgando al contempo le esperienze che riguardano la cultura secolare e la resilienza della pastorizia abruzzese nei confronti di questo animale, insieme al percorso che la Regione Abruzzo ha costruito per il riconoscimento del valore culturale del mastino abruzzese in collaborazione con il MOTUCIPA e il suo presidente Giacomo di Giustino. Genetisti e biologi di fama internazionale come Davide Palumbo, Romolo Caniglia e Marco Galaverni che si occupano della caratterizzazione del DNA del lupo Italiano risultato l’unico ed il più antico del mondo, del problema dell’ibridazione e delle tecniche di studio utilizzate.
La creazione di una rete nazionale
Lo scopo è quello di creare una rete nazionale in grado di occuparsi di ricerca e divulgazione sul tema della conoscenza e del rispetto della fauna selvatica per una convivenza che può essere possibile, sostenibile e anche economicamente vantaggiosa. Per questo gli atenei ospitanti si sono impegnati a invitare, durante la tappa, rappresentanti delle associazioni più sensibili al tema delle predazioni e dell’agricoltura, che ascolteranno e potranno intervenire a margine degli interventi dei relatori. In ogni tappa, inoltre, gli ospitanti amplieranno la rosa degli interventi con uno o più relatori locali – ricercatori, esperti di Parchi naturali, Carabinieri dei Nuclei Forestali – per trattare i temi più vicini alla realtà del luogo.
La tappa fiorentina
Il tour è iniziato l’8 novembre 2017 con un convegno all’Università di Teramo ‒ l’Ateneo che ha seguito la nascita del Project Wolf Ethology del dottor Andrea Gallizia (medico veterinario), ideatore del progetto entrato poi a far parte del Centro Studi per l’Ecologia e la Biodoversitá Appenninica diretto dal Professor Giampaolo Pennacchioni (Naturalista Zoologo) ‒ per terminare, dopo le tappe in undici città italiane, di nuovo in Abruzzo, a L’Aquila nel 2018. La quinta tappa si è svolta il 26 Febbraio scorso all’Università di Firenze e ha visto la partecipazione della dottoressa Elisabetta Cilli, del dottor Duccio Berzi, del dottor Andrea Gallizia, del professor Giampaolo Pennacchioni, Francesca Trenta (PWE), Isabella Mendola (PWE), dott.ssa Francesca Ciuti, il WWF YOUng e Giacomo di Giustino (Motucipa).
I progetti futuri
In questo caso l’argomento trattato è stato il lupo, ma in seguito saranno altri gli ambiti di ricerca, tra cui la condizione dei nostri boschi, con la stessa metodologia di diffusione e di condivisione dei dati ad essere presentati alla Comunità Scientifica ed al vasto pubblico. Altre ricerche e progetti di notevole interesse sono infatti in fase di realizzazione nelle diverse sedi del Centro Studi per l’Ecologia e la Biodiversità degli Appennini ed altri lavori sono in fase di pubblicazione.