I consigli del medico  |  marzo 21, 2018

Il tatuaggio, da rito collettivo ad espressione di individualità

In passato significava appartenenza a gruppi tribali, categorie, condizioni sociali. Oggi è strumento per affermare la propria diversità. Le zone del corpo maggiormente interessate e la spiegazione psicoanalitica. Le differenze fra uomini e donne. In Italia circa 7 milioni le persone tatuate. La pratica del piercing

di

Tempo di lettura: circa 3 minuti

Origine remota

La pratica del tatuaggio ha origini decisamente remote nella storia della civiltà e nelle diverse etnie. In realtà, da documentazioni di ordine archeologico ed antropologico relative ai primi insediamenti umani emerge che l’usanza della colorazione di alcune parti del corpo, principalmente del volto, venisse praticata fin quasi dai primordi della storia umana.

Il significato del passato

Certamente, considerando il fenomeno dalle origini fino ai giorni nostri, significato e finalità del tatuaggio sono molto diversi: in passato era espressione di appartenenza a gruppi tribali, categorie, condizioni sociali; comunanza di fede religiosa; osservanza di tradizioni a finalità propiziatoria o scaramantica. Così i tatuaggi dei soldati romani quale dimostrazione del loro “status” di guerrieri; quelli degli schiavi e dei gladiatori ad evidenza della loro condizione sociale; quelli dei cristiani copti e dei cristiani a Roma a testimonianza dell’adesione ai principi del cristianesimo; quelli delle popolazioni contadine di Egitto e vaste aree del Nord-Africa, praticati anche ai bambini, allo scopo di prevenire malattie e contrastare influenze malefiche.

Denominatore comune alle suddette forme di tatuaggio è il loro carattere collettivo: fenomeno di massa, espressione di una numerosità omogenea piuttosto che problema personale quale istanza dell’individuo singolo.

Oggi segno di individualità

Tutt’altro è il significato del tatuaggio oggi: espressione, essenzialmente, della individualità, identità, libertà di ciascuno; significa voler rappresentare indelebilmente e permanentemente ideali, ricordi, amori, esperienze sentiti come momenti di vita altamente significativi, vissuti con forte partecipazione ed elevata intensità. Il tatuaggio è quindi uno strumento per dare visibilità, comunicare qualcosa del proprio ”io”, affermare la propria diversità. Fondamentalmente ha una duplice finalità: da un lato si rivolge a se stessi, cioè al portatore del tatuaggio al quale ricorda e ripropone motivazioni e significati; dall’altro, comunica ad altri qualche cosa di sé, una peculiarità che in qualche modo si vuole palesare.

La “sede” del tatuaggio

Per quanto concerne la sede del tatuaggio, sembra che questa, a grandi linee, sia espressione di condizioni psicologiche particolari. Più precisamente, il tatuaggio sull’arto superiore sinistro (simboleggia il passato secondo la psicoanalisi) sarebbe preferito da soggetti tendenzialmente pessimisti, poco dinamici, titubanti; quello sull’arto superiore destro (il futuro secondo la psicoanalisi) prevarrebbe in soggetti ottimisti, dinamici, progettuali. La schiena scelta come sede sarebbe indice di razionalità e capacità operativa; il tatuaggio nella zona dell’ombelico e sulla superficie interna della coscia esprimerebbe insicurezza, titubanza; la caviglia come sede di tatuaggio avrebbe un significato diverso a seconda del sesso: in quello maschile si riscontrerebbe prevalentemente in soggetti battaglieri, competitivi; in quello femminile in persone sospettose e tendenzialmente gelose. Nel sesso maschile le zone preferite per il tatuaggio sono schiena, spalle, braccio destro; in quello femminile; caviglia e polso.

Le decorazioni

La gamma delle decorazioni è molto ampia: sono frequenti le figure di drago (esprime forza, desiderio di affermazione), lucertola, fiori, serpente, motivi astratti, ideogrammi giapponesi, figure rievocative degli indiani di America, cuori trafitti, motti, nomi di persona e così via, in nero o a colori.

7 milioni di italiani tatuati

Sulla base dei dati 2015 dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia ci sono 7 milioni di persone tatuate, pari al 12,8% della popolazione: i due terzi si dichiarano soddisfatti, un terzo vuole rimuovere o modificare il tatuaggio; nella quota di insoddisfatti, il 75% desidera la sostituzione o una modifica ma non la rimozione del tatuaggio; il 25% invece vuole liberarsi del tutto della pigmentazione: alcuni per ragioni estetiche, altri per vergogna, altri ancora per cancellare un ricordo divenuto fastidioso o anche doloroso.

Il piercing

Correlato per molti aspetti al fenomeno tatuaggio è quello del piercing, pratica di perforare parti superficiali del corpo per introdurre oggetti di varia natura (metalli, ossa, pietre, legno) a scopo ornamentale ed anche rituale. Si tratta di una usanza antichissima, praticata pressoché in tutte le popolazioni e sotto tutte le latitudini; in origine, presumibilmente aveva finalità scaramantiche e di tutela contro l’influenza di possibili spiriti maligni; successivamente era espressione di censo, anche di possesso o di sottomissione, di status symbol. Fin dall’antichità alcune localizzazioni del piercing hanno anche avuto motivazioni di carattere erotico.

Da alcuni decenni a questa parte la pratica del piercing in gran numero di sedi (orecchio, narici, setto nasale, sopraciglia, labbro, lingua, ombelico, organi genitali in ambo i sessi) ha avuto ampia diffusione, analogamente a quanto si riscontra per il tatuaggio: presumibilmente, alla base dei due fenomeni ci sono motivazioni psicologiche e istanze esistenziali comuni o sostanzialmente molto simili.

Prof. Marco Ricca, direttore sanitario Koinos


Marco Ricca

Laureato in Medicina e Chirurgia, è stato assistente ordinario in Patologia e in clinica medica all’Università di Firenze, successivamente Primario medico negli Ospedali di Cortona, Fiesole, Camerata e infine nell’Ospedale San Giovanni di Dio di Firenze. Libero docente in Semeiotica medica, è specialista in cardiologia, gerontologia e geriatria e pneumologia. E’ stato consulente cardiologo alla Fondazione Turati di Gavinana ed attualmente è Direttore sanitario del Centro Sanitario Pistoiese Koinos della stessa Fondazione, a Pistoia.