MONTAGNA PISTOIESE – La Montagna pistoiese è una zona abbastanza “tranquilla” dal punto di vista dei fenomeni sismici. Il quadro “storico” dei terremoti parla di diversi fenomeni, nel corso degli anni e più indietro dei secoli, anche significativi, ma mai gravissimi, mai devastanti. Ciò non significa non dover prestare la dovuta attenzione al fenomeno e attrezzarsi per fronteggiarlo al meglio. Sono questi alcuni dei concetti principali che emergono dal’intervista con un esperto della materia, il geologo Andrea Fiaschi, attualmente responsabile della Prato Ricerche – Istituto per la ricerca ambientale e la mitigazione dei rischi, che ha contribuito a far nascere.
Il sisma di questi giorni ci porta, fra le altre cose, a guardare ai luoghi dove viviamo. Qual è la situazione della Montagna pistoiese e più in generale della Toscana?
“L’Appennino toscano dall’Abetone a Monte Citerna, quello limitato da una parte dalla Garfagnana e dall’altra dal Mugello, è una delle zone della dorsale appenninica con sismicità di medio livello. I terremoti in passato sono stati anche significativi ma mai oltre i 5,2 gradi della scala Richter. Terremoti che comunque possono causare danni e vittime. In Lunigiana e Garfagnana, invece, si sono avuti fenomeni sismici più forti”.
Questo non significa però, immaginiamo, poter dormire fra due guanciali e guardare alle scosse telluriche come qualcosa che non interessa la nostra zona. E’ così?
“Certo, ciò non significa che la Montagna pistoiese e il territorio di Pistoia in genere possano ritenersi sicuri. Se si dovesse manifestare un sisma di magnitudo 6 a Castelnuovo Garfagnana, per esempio, le ripercussioni su Abetone potrebbero essere consistenti, così come per altre zone vicine”.
In questi giorni, e ogni volta che ci troviamo di fronte a episodi di questa gravità, si torna a parlare delle caratteristiche geologiche delle zone colpite. Quali sono quelle della nostra Montagna?
“La tipologica di sismicità della parte montana della Provincia di Pistoia è simile ad altre zone appenniniche. La faglia ha una profondità di 10-15 chilometri ed è di tipo distensivo, lo stesso per esempio di Amatrice, centro colpito pesantemente in questi giorni. Il versante emiliano e romagnolo è caratterizzato da una faglia più profonda, e in questi caso si parla di fenomeni tellurici compressivi”.
L’Appennino toscano ha comunque un livello del rischio meno forte rispetto ad altre zone del Paese?
“Le più recenti crisi sismiche avvertite dalla popolazione risalgono al 2011. Attività abbastanza ‘benigne’, non paragonabili ai fenomeni manifestatisi più volte al sud, dove possono raggiungersi punte di magnitudo 7; dall’Umbria in su raramente si è andati oltre i 6,2-6,3”.
Resta il fatto che l’Italia è uno dei Paesi a maggior rischio terremoti. E non sembra aver fatto molto, soprattutto sotto il profilo edilizio, per affrontarli al meglio.
“L’Italia è uno dei paesi a maggior rischio terremoti e, allo stesso tempo, con potenzialità economiche significative ma occupa un posto molto basso nella classifica dei Paesi più dotati di edifici anti sismici. Altri Paesi con situazioni di pericolo simili o superiori alle nostre hanno risolto questo problema da lustri, penso soprattutto a Giappone e Stati Uniti”.
Insomma, nonostante tanti episodi di devastazione e morte non abbiamo maturato una consapevolezza di quali rischi corriamo.
“L’Italia ha il più completo catalogo di terremoti storici a livello mondiale ma anche una memoria cortissima e poca conoscenza dei luoghi. Molti sono convinti di vivere in zone che non sono a rischio terremoti e invece non è così. Credo, per esempio, che se si chiedesse a molti pistoiesi se la loro è una zona definibile sismica direbbero di no. Ma sarebbero in errore”.
Quando i terremoti ad alta magnitudo colpiscono duramente spesso spazzano via interi borghi, a volte addirittura – è stato il caso dell’Aquila – intere città. Come mai accade questo? E’ vero che non si è costruito seguendo criteri antisismici in anni più recenti. Ma in passato, cos’è accaduto di particolare qui da noi?
“Io non sono un ingegnere ma un geologo, diciamo quindi che non è la mia materia. Resta il dato di fatto che gli edifici storici non hanno quasi mai una matrice integra. Sono stati più volte distrutti e ricostruiti nel tempo con gli stessi materiali danneggiati. Questo è accaduto in passato, e tanti paesi piccoli sono in queste condizioni”.
Quindi il riutilizzo di materiali già danneggiati ha ulteriormente reso indifesi tanti edifici. Poi una cattiva edificazione moderna sembra aver fatto il resto.
“Beh le speculazioni edilizie del ‘900 hanno aggravato la situazione; si è costruito in luoghi conosciuti come a rischio, senza il rispetto dei criteri di costruzione. Per esempio Rimini ha un’elevatissima sismicità ma negli anni ’20 fu addirittura declassata per permettere una grande espansione edilizia”.
Si dice sempre che il terremoto non si può prevedere. Quindi sotto questo profilo siamo del tutto vulnerabili?
“Le previsioni dei terremoti, è vero, non si possono fare. In realtà le mappe del rischio esistenti in qualche modo sono una forma di previsione: ci dicono dove è più probabile che un terremoto abbia luogo. E questo non dovremmo ignorarlo”.
Chiudiamo con un po’ di date e dati. Quali sono stati i terremoti più significativi della Montagna pistoiese?
“I terremoti più significativi (come mostra la mappa pubblicata, ndr) si sono verificati ad Abetone con una magnitudo 5 nel 1904 e nel 1930; a San Marcello Pistoiese nel 1974 con magnitudo 4,4 e 4,6 nel 1969; ancora nel 1980 fra San Marcello e Bagni di Lucca con magnitudo 4,7. Risalendo indietro, non più negli anni e decenni ma nei secoli, si arriva al terremoto che colpì Abetone nel 1740, 5,2 della scala Richter, e più indietro ancora, in pianura, a Pistoia e dintorni nel 1527 (5,4), nel 1293 (5,6) e nel 1196 (4,8)”.