Ormai la burrasca del pressappochismo ha invaso anche la lingua italiana. Non bastavano l’invasione delle parole straniere, specie quelle legate al computer (ma i francesi lo chiamano ordinateur, con un termine della propria lingua!) e gli strafalcioni lessicali; ora prosperano anche quelli grammaticali, con a capo il “piuttosto che..”, usato in modo improprio.
Cambiato il senso
Si tratta di una locuzione che ha in origine una funzione avversativa: per esempio, un tempo si diceva “mangio il pane, piuttosto che la pasta” per indicare una preferenza tra i due alimenti, uno dei quali escludeva l’altro. Oggi, invece, giornalisti, politici e anche scrittori usano la stessa frase con valore diverso: “piuttosto che” diventa sinonimo di “oppure” cosicché il pane e la pasta dell’esempio precedente sono scelte entrambe gradite.
In verità “piuttosto” deriva da “più+ tosto”, col significato di “più presto”,”più facilmente”, “preferibilmente”, “invece”, col valore avversativo che conserva anche nella locuzione “piuttosto che”.
Moda o che altro
Questa allora è una delle tante mode? E’ un malcostume linguistico? O che altro? Forse quella di oggi è solo voglia di trasgredire, di dissacrare tutto, anche i cardini ella comunicazione linguistica. Dove s’ andrà a finire? (avrebbe detto mio nonno, che era di Pianosinatico!)