Sapientemente, Maurizio Ferrari, nel suo ultimo articolo su “La Voce della Montagna” evoca Nuto Revelli, Paraloup e la bella convergenza d’intenti trovata in Val Stura che ha riportato la vita su quei monti non tanto diversi dai nostri se non per l’altezza. Perché lì è potuto succedere, e da noi – se mai avvenisse – non vediamo ancora né come né quando? Ci mancano forse la Storia, la Bellezza dei luoghi? Stava per sfuggirmi l’Intraprendenza, ma mi sono fermato in tempo.
Perché di chiacchiere se n’è fatte tante, e quante ancora se ne faranno… Ma passare dal dire al fare è cosa ardua in un territorio dove chi ha qualcosa in più pensa e fa per sé, e chi ha poco chiude gli occhi e pratica soltanto la teoria del lamento. Prima di perdere tutte le speranze, mi parrebbe giusto contarci e confrontarci: noi che vorremmo dare un nuovo futuro ai nostri monti, nel nome di quella dignità che certo non manca alla nostra gente quando è chiamata ad essere protagonista del proprio destino. Non va dimenticato che la Resistenza ha scritto pagine gloriose anche su per i nostri crinali, prima che l’abbandono spegnesse le voci un po’ dappertutto.