Con questo primo articolo sul mal di schiena, si inaugura una nuova rubrica dedicata alla medicina, curata dal professor Marco Ricca, direttore sanitario del Centro Koinos di Pistoia. L’iniziativa nasce dalla collaborazione fra “Fondazione Turati” e “la Voce della Montagna”.
“Nella vita di un uomo ci sono poche certezze, e una di queste è che prima o poi soffrirà di mal di schiena” (G.Fabris). In effetti la lombalgia (il mal di schiena) è condizione morbosa molto frequente che colpisce per lo più la regione lombare, cioè il tratto omonimo della colonna vertebrale e le parti molli circostanti. La colonna (rachide) consta di 32-33 vertebre (7 cervicali, 12 toraciche, 5 lombari, 5 sacrali, 3-4 coccigee); ciascuna vertebra ha una parte anteriore (corpo) e una posteriore (arco posteriore); quest’ultima delimita un canale (canale vertebrale) entro cui si trova il midollo spinale. Tra vertebra e vertebra si trova il disco intervertebrale, costituito da una parte centrale gelatinosa, elastica, ricca di acqua (nucleo polposo) e una periferica fibrosa, resistente (anello fibroso ); il disco funge da cuscinetto tra le vertebre, supporta l’80% del peso corporeo, ammortizza le forze meccaniche che si esercitano sulla colonna e, deformandosi fisiologicamente in virtù della propria struttura, favorisce l’espletamento dei movimenti della colonna ( flesso-estensione e lateralità).
Le patologie che causano il dolore
Il dolore lombare è dovuto nel 97% dei casi a patologia meccanica vertebrale, nell’1% a patologia non meccanica, nel 2% a patologia extra-colonna vertebrale (organi e strutture addominali). Tra le cause meccaniche, vanno annoverati nel 70% dei casi tensione o contrattura muscolare, nel 14% degenerazione e ernia discale, nel 3% stenosi del canale vertebrale, nel 4% osteoporosi con frattura vertebrale, nel 2% spondilolistesi (scivolamento di un corpo vertebrale sull’altro). La lombalgia si definisce acuta se ha una durata inferiore a 4 settimane; subacuta se permane da 1 a 3 mesi; cronica se si protrae oltre i 3 mesi.
Nell’85-90% dei casi si ha la guarigione entro 3 mesi; nel 40-50% si ha tendenza alla recidiva; nel 10-15% la lombalgia diventa cronica con vario grado di invalidità.
Da cosa è determinato il dolore
Il dolore è dovuto, di regola, alla stimolazione dei recettori localizzati in ossa, articolazioni, legamenti, muscoli la quale determina contrattura dei muscoli lunghi del dorso quale risposta abnorme allo stimolo dolorifico; meno frequentemente il dolore dipende dall’interessamento di radici nervose che fuoriescono dal tratto lombo-sacrale della colonna vertebrale. I fattori di rischio della lombalgia comprendono: sedentarietà, postura scorretta, debolezza della muscolatura lombare e addominale, sovrappeso, piede cavo, piede piatto, alterazioni dell’articolazione temporo-mandibolare.
Tra i fattori causali il più grave è costituito dalla patologia del disco intervertebrale, dovuta alla perdita di capacità dell’anello fibroso di contenere il nucleo polposo. Più precisamente, l’anello può lacerarsi parzialmente e deformarsi determinando una protrusione discale (bulging); in altri casi l’anello si rompe determinando la fuoriuscita del nucleo polposo nel canale vertebrale. La lacerazione del disco provoca la liberazione di mediatori dell’infiammazione i quali stimolano i recettori con conseguente sensazione di dolore.
Inoltre, in taluni casi il nucleo gelatinoso fuoriuscito può determinare una compressione sulle radici nervose che fuoriescono dal canale vertebrale attraverso i forami intervertebrali: in questi casi la lombalgia si complica e diventa lombocruralgia (se interessato il nervo femorale) o lombosciatalgia ( se viene interessato il nervo sciatico).
Le possibilità di cura: i farmaci
La cura del ”mal di schiena”si avvale di una vasta gamma di presidi farmacologici e non. Il farmaco di prima scelta è il paracetamolo, efficace e pressoché sprovvisto di effetti avversi; i Fans (antiinfiammatori non cortisonici) hanno efficacia superiore a quella del paracetamolo ma hanno effetto collaterali, soprattutto possono essere lesivi sul rene. Largo impiego hanno i miorilassanti per tutte le condizioni in cui si documenti una contrattura muscolare. I cortisonici sono indicati laddove vi sia una significativa componente infiammatoria. Infine, si ricorre agli oppioidi (sostanze del gruppo della morfina) per i dolori più severi e resistenti ad altre terapie.
Le cure non farmacologiche
I presidi non farmacologici comprendono la terapia termica (calore) per i casi acuti e sub-acuti ma non per quelli cronici: la cintura lombare; gli ultrasuoni e le onde d’urto, peraltro con risultati modesti; la Tens (stimolazione elettrica transcutanea) non efficace nelle forme croniche; la terapia manuale o chiroterapia, utile in talune condizioni; l’agopuntura utilizzata laddove altre terapie non abbiano avuto esito favorevole. Vanno ricordate, infine, le tecniche di “Back school”, costituite da esercizi di educazione posturale, mobilità articolare e buon uso della colonna nei movimenti abituali della vita attiva quotidiana.
L’intervento chirurgico
Per il trattamento delle ernie discali con interessamento delle radici nervose dei nervi femorale o sciatico, laddove la terapia medica non abbia dato risultati, può risultare efficace il trattamento con ozono somministrato direttamente sulla superficie della zona erniata. Decisamente soddisfacenti sono i risultati della microdiscectomia, tecnica microinvasiva che consente l’asportazione dell’ernia con un trauma chirurgico molto modesto, tempi di degenza estremamente ridotti e risultati, anche a lungo termine, decisamente favorevoli. Più specificatamente, questa modalità chirurgica risulta risolutiva in alta percentuale di casi nelle forme particolarmente dolorose e fortemente invalidanti.
Professor Marco Ricca
Direttore Sanitario Koinos Pistoia
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Koinos Centro Sanitario Pistoiese
Specialista Koinos Consigliato dottor Alessandro Vagaggini