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Capita che i giovani correggano i propri nonni quando questi ultimi parlano delle pera, delle mela e delle susina, al plurale. Infatti, secondo le buone regole della lingua italiana, si dovrebbe dire “le mele”, “le pere” e “le susine”. Tuttavia quello che sembra, ed è, un errore ha una spiegazione logica di tipo storico-linguistico: in zone rimaste a lungo separate dalle altre, per motivi di ordine economico, culturale o logistico, c’è stata la tendenza da parte delle comunità dei parlanti locali a mantenere forme e parole della tradizione più antica.
E’ la legge della “Conservatività delle aree laterali”, come direbbero i più dotti. Più semplicemente, in aree marginali, come la nostra montagna, per secoli si è usata una lingua poco rinnovata, poco dinamica e molto meno permeabile ad influssi esterni. Così, ad esempio, si sono conservate alcune desinenze neutre plurali in -a, proprie della lingua latina. In latino mala erano “le mele” e pira, “le pere” e , per i nostri nonni, quei frutti sono diventati “le pera” e “le mela”.
Diverso è il discorso per altri tipi di frutti, come “le susina” e “le pesca”, che sono stati chiamati così per analogia con quelle originarie forme neutre latine. Ciò vale anche per “ le mana”, “le mani”, che permane ancora nel bagaglio linguistico di alcuni anziani delle nostre parti e anche della piana pistoiese.