Questa parola ha tanti significati, una buona parte dei quali è legata all’ambito botanico; qui da noi, però, “brocco” significa “stecco puntuto” e, più in particolare, definisce arbusti spinosi, con aculei pronunciati, come il prugnolo e, in genere, ogni pianta della famiglia dei pruni selvatici. Entrare in un “broccaio” è praticamente impossibile, tanto è fitto l’intrico di rami e rametti spinosi, che costituisce un percorso inaccessibile anche ad animali che non siano di piccola taglia.
L’origine della parola “brocco” è da ricercarsi nell’aggettivo latino broccus, che significava “sporgente”, “all’infuori”, ed era molto spesso legato alla conformazione del mento e dei denti. Non a caso Broccus era anche un soprannome (nell’antica Roma il soprannome entrava di diritto a far parte delle generalità individuali), riferito a individui dalla bocca e dai denti prominenti, come se oggi si definisse bazzone o dentone un tipo con quelle caratteristiche fisiognomiche.
Ma “brocco”, nel linguaggio ippico, ha indicato anche un “cavallo vecchio”, un “ronzino”, proprio perché con l’età i denti del cavallo tendono ad apparire più sporgenti. Così un cavallo “brocco” era inaffidabile e non adatto al lavoro.
Più di recente un “brocco” è diventato quell’atleta, a cominciare dai calciatori, che risulta scarso, dappoco, non tanto per l’età o per i denti sporgenti, quanto per la scarsezza delle sue prestazioni sportive, magari di gran lunga sopravvalutate economicamente.