MONTAGNA PISTOIESE – Un mio vecchio e indimenticato insegnante di materie umanistiche sosteneva che la Storia, o la percezione di essa, dipende dalla sedia su cui si è seduti. Come dire: se cambia l’ottica da cui si osserva un fatto, cambia anche l’opinione che ci facciamo del fatto stesso. Giustificava così la nascita della storiografia. Lascio agli esperti una valutazione scientifica, ma penso che il vecchio prof avesse una buona dose di ragione.
Il verde visto da vicino
Parliamo, ad esempio, di verde. Chi dalla piana volge lo sguardo verso la montagna, in primavera o in estate, la vede verdeggiante, distensiva, un ristoro per gli occhi e per la mente ed un rassicurante serbatoio di ossigeno. Ma, più da vicino, le cose non stanno così!
Chi la abita e la vive tutti i giorni, da decenni, deve fare un quadro assai meno edificante. Quello che da lontano sembra un verde bello, nelle sue varie tonalità, e ordinato, da vicino è spesso un groviglio di pruni, ginestre, alberi rinsecchiti e caduti al suolo, con contorno di smottamenti e frane dovute all’incuria dei corsi d’acqua, il tutto impedisce la fruibilità dei boschi stessi. Per non parlare della proliferazione abnorme della robinia pseudacacia (la cascia) che sta sottraendo considerevole spazio alle specie autoctone, in barba alla tanto sviolinata biodiversità, a cui ipocritamente si dedicano menzioni e ricorrenze pubbliche.
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L’invasività della cascia
E’ un fatto che la Toscana sia una delle regioni italiane con la maggior presenza della cascia ed è un fatto che, mentre altrove (anche in Italia) si adottano provvedimenti severi contro quella che è definita “locusta nera” (in America del nord, area da cui proviene, la robinia è definita così), qui da noi è ormai ritenuta pianta autoctona e ne viene sottovalutata l’invasività.
In questo periodo i nostri boschi sono pieni di fungaioli, alcuni senza scrupoli, altri più rispettosi dell’ambiente, e le lamentazioni più comuni che si sentono in giro sono che le fungaie diventano sempre più rade, che i funghi non fanno più come prima, che i boschi sono troppo sporchi ecc. Mi meraviglio che ci si meravigli!
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L’incuria che uccide gli organismi
I funghi, le fragole selvatiche, le castagne sono organismi viventi, bisognosi di cure, che “respirano” e richiedono i loro spazi vitali. Lo stato attuale dei nostri boschi e del nostro sottobosco priva spesso quegli organismi degli spazi necessari alla sopravvivenza. E se finora abbiamo trovato i funghi, raccolto fragole e castagne, noi non ne abbiamo avuto alcun merito, perché, come si suol dire, “siamo vissuti di rendita”; semmai il merito è stato dei nostri avi, che curavano appassionatamente le selve, vi sfalciavano l’erba, sbarbavano i pruni, esboscavano anche i rametti secchi, facendone fascini per accendere il fuoco.
Il lascito alle generazioni future
E noi, uomini tecnologici e metropolitani, cosa lasceremo alle generazioni future? E’ presto detto: un verde bello solo da lontano, da cartolina, ma da vicino, solo un habitat per lupi, cinghiali, cervi e caprioli, ma precluso all’uomo. Se si vuole questo, continuiamo a non fare nulla, come adesso. E tutto verrà da sé. Ma, per favore, finiamola con le lamentazioni!