“A volte certe reazioni derivano da piccoli accadimenti. Ed ecco che allora, nello scrivere questa lettera aperta, determinante è ciò a cui ho assistito ieri l’altro, venti settembre, in piazza a San Marcello Pistoiese. Erano circa le cinque e mezzo quando ho visto parcheggiare e scendere da alcune auto una decina di persone vestite con abbigliamento da bosco. Andavano a funghi. E ci andavano tre giorni, dico tre, dopo che è piovuto! E ci andavano di martedì, giorno che la normativa regionale sulla raccolta dei funghi stabilisce come proibito.
Può essere niente. Oppure può essere tanto. Io dico che è già tanto.
Basta scempi nei boschi
Riguardo alla ricerca e raccolta dei funghi, diversi sono gli aspetti in eccesso. E anche in difetto. Eccessivo è l’assedio che da qui a poco si vedrà nei boschi. Sono ambienti delicati, non possono subire un tale assalto senza poi patire delle conseguenze.
Servirebbe, credo, un freno. Eppure, qui nessuno limita questi sciami di fungaioli: facebook e internet proliferano di siti e blog pieni di commenti all’insegna di imminenti assalti, di minacciose scorribande e di promesse, agognate raccolte. Raccolte come un atto dovuto, legalizzate dal pagamento di pochi euro del permesso così come stabilisce una legge che mi permetto di definire inadeguata e lacunosa.
Francamente non se ne può più di assistere a questi scempi da parte di gente cui interessa la montagna solo quando c’è da portare via qualcosa. Lo dico da “cinquantenario” appassionato di montagne e boschi e mai da frequentatore occasionale di questi ambienti. Lo dico da appassionato e in questo scritto, buttato giù di istinto, mi rivolgo a persone che con me condividono questa passione per crinali e macchie, sperando di smuovere qualche coscienza e poter cambiare qualcosa.
Qualcuno, nel leggere queste parole, potrebbe affermare che scrivo solo per egoismo, gelosia o tornaconto. Si calmino subito coloro che la pensano così. Non è per egoismo e gelosia o tornaconto che scrivo, semmai per un sentimento di custodia verso un ambiente particolare, fragile e che, stante la situazione e tendenza degli ultimi anni, va difeso.
Chi mi conosce sa bene che, spesso, torno a casa con il paniere pieno anche quando i boschi sono presi di assalto da tanta gente. Non è, quindi, il timore di non raccogliere funghi a spronarmi a fare qualcosa, a non essere indifferente, ma quello di evitare di vedere boschi rovistati e fungate sempre più compromesse da un incessante calpestio.
Legge inadeguata e mancanza di educazione
Di fronte a questi assedi, è pacifico che la legge attuale non è adeguata. Non tutela, non dà reddito, non difende un territorio e le sue genti, non valorizza un prodotto identificante un comprensorio e che andrebbe valorizzato in modo diverso. Soprattutto non ha importanti ricadute economiche su quello stesso territorio montano che, di fatto, garantisce da sempre la produzione di funghi.
Non è adeguata. E se, a questo, sommiamo la totale assenza di educazione, cultura e conoscenza del bosco e dei suoi equilibri, la patologica bramosia dei ricercatori e la scarsità dei controlli, capite bene che il termine inadeguata è fin troppo generoso.
C’è chi dice che manca una cultura verso la Natura in generale. Ed è vero. Perché se solo avessimo una mentalità diversa verso l’ambiente, in questo caso montano e boschivo, non ci sarebbe nemmeno bisogno di una legge; ma siccome è utopia ragionare in questi termini ecco che nasce l’esigenza di nuove normative a carattere locale e di altro spessore finalizzate a difendere il bosco e, di conseguenza, anche i suoi prodotti.
Una strada da battere: i consorzi territoriali
Nessuno inventa niente di nuovo. In altre Regioni e comprensori montani, oltre alla legge si sono costituiti liberi e spontanei Consorzi territoriali di difesa del sottobosco. Questa è a mio (e non solo mio…) avviso la strada da seguire se vogliamo lasciare a chi verrà dopo di noi un ambiente il più possibile preservato. Con il turismo bianco sempre più in difficoltà e dopo il fallimento del periodo industriale, l’ultimo e unico bene che ci è rimasto è l’ambiente naturale. Ce ne rendiamo conto? Oppure lo faremo solo quando lo avremo perso?
La salute del bosco prima di tutto
Di sicuro, ci sarà chi non è d’accordo. Politici, commercianti, ricercatori non residenti…Avremo tutti contro. Specie quelli che argomenteranno, giustificandoli, gli assedi nei boschi come una forma di turismo e reddito. Mi garberebbe vederli questi introiti… Avremo tutti contro, ma un tentativo di salvamento va fatto, non fosse altro per dire a se stessi “ Io non sono rimasto indifferente, qualcosa ho tentato di fare”.
La sfida è quella di anteporre la salute del bosco e di un prodotto che potrebbe essere un marchio identificativo di un territorio (e che invece rischia di estinguersi) a qualsiasi altro interesse. Ha ragione l’amico Gianluca Gavazzi nel dire che se ancora possiamo parlare di funghi è soltanto perché, di tanto in tanto, la Natura si regola per conto suo dandoci stagioni poco redditizie e, di conseguenza, boschi deserti di gente.
Parole troppo allarmistiche, quelle di rischio di estinzione? Andate a parlare con fungai di decennale milizia nei boschi per sapere la verità. Al castagno, i funghi, complice anche lo spopolamento, l’incuria umana nei confronti delle selve e la proliferazione delle acacie, sono pressoché scomparsi!
Occorre partire da un presupposto: la montagna non può e non è giusto che accolga un assedio come quello visto da una decina di anni a questa parte. Non c’è una diffusa e prevalente cultura di salvaguardia dell’ambiente boschivo. Semmai di depredazione. E allora servono regole. Restrittive. Per tutti.
Servono nuove regole
I primi a dover dare l’ esempio dovremmo essere noi locali. In certe valli del Nord Italia a nessuno viene la tentazione di gettare una cicca a terra da tanto che è curato l’ambiente dalle persone che in quei luoghi risiedono. Sta a noi dare esempi virtuosi, ad esempio basta con l’abitudine di oltrepassare le sbarre poste sulle strade sterrate per giungere ancora a buio vicino ai pendii da funghi. E’ normale che chi non ha questo accesso si senta discriminato e che poi, grazie all’amico dell’amico, riesca a entrare in possesso delle agognate chiavi per aprire quelle sbarre: a volte certi luoghi come Pian Selvano, Le Roncole, Tanabetti, Pian de Rasoi sembrano parcheggi dell’Ipercoop.
Chiaramente questa sarebbe regola da non osservare per chi ha pascoli, terreni, proprietà private o in caso di soccorso a persona.
I permessi devono costare di più
E poi, i permessi…Ne vogliamo parlare dei permessi?!? La cifra sborsata per rendere legale la raccolta dei funghi è a dir poco ridicola! Non dico che andare per funghi dovrebbe diventare un’attività classista, un beneficio per ricchi, ma quanto meno rivedere al rialzo queste somme, quello si!
Nei Consorzi finora presi in esame, la cifra per la raccolta dei funghi è differenziata in termini temporali (giorni/mesi/anno) e in base alla residenza/non residenza nei comuni interessati dal Consorzio.
Una tessera di 100 euro l’anno (200 per i non residenti) non sarebbe un’eresia. Nessuno regala niente: se vai a Firenze paghi uno stonfo di parcheggio, se vai a Viareggio idem per un ombrellone e due sdraiette. Quindi, non sarebbe un’eresia. Ammesso, però, che i proventi ricadano assolutamente a livello locale!
I proventi da investire in loco
Abbiamo strade piene di buche, sentieri da rimettere, fossi da ripulire, vecchi da assistere, bisogno di asilo nido… Ci farebbero così tanto schifo questi soldi???
Partendo dal presupposto che la finalità è quella di difendere, custodire e tramandare un buon bosco occorre anche limitare la raccolta diminuendo i giorni della settimana in cui è consentito andare a funghi. Un esempio? Cinque per i residenti, quattro (considerando che rappresentano la massa) per i non residenti.
Ed ecco che, a fronte di una simile prospettiva, salterebbero su i commercianti, lamentosi per il minor introito di soldi (mi garberebbe sapere quanti, visto che la stragrande maggioranza dei fungaioli si portano dietro lo spuntino da casa….) afferenti dalle tasche dei raccoglitori non residenti. Ebbene, basterebbe una percentuale della cifra sborsata per i tesserini (100 e 200 euro/anno) per farli rasserenare. Una percentuale, poi, cosparsa tra tutti i commercianti e non solo per quei pochi che hanno un’attività posta su una strada principale e di passaggio.
Le spese sanitarie per i soccorsi
Non è poi da sottovalutare l’aspetto relativo alle spese che il Sistema sanitario nazionale sostiene annualmente per soccorrere e salvare persone che vanno in difficoltà in montagna. In un’ottica meno localistica, sono soldi che ci vengono sottratti dalle buste paga, che paghiamo noi, tutti, per risolvere situazioni a volte dettate da imperizia, negligenza, imprudenza, scarsa conoscenza in cui spesso gli attori sono in maggioranza uomini e donne provenienti dalle città e che evidentemente non conoscono a fondo l’ ambiente montano, con le sue insidie e variabili.
Vogliamo continuare a negare l’evidenza? Quale evidenza? Ad esempio quella che (Fonte statistiche CNSAS 2014-2015) individua l’attività di escursionismo legata alla raccolta funghi come una delle cause primarie di soccorso a persona in ambiente ostile e montano in genere. Limitare gli accessi, oltre a far del bene al bosco, può incidere anche sulla riduzione di queste spese. Che non sono davvero poche, considerando quanto costa far intervenire un elicottero per il soccorso in montagna!
Troppi pochi controlli
Infine, i controlli. Sarebbero del tutto inutili in caso di educazione, rispetto e cultura. Poi, vedo cose come quelle di ieri mattina e mi rendo conto che non esiste cultura e allora ben vengano i controlli. Sono pochi, davvero pochi considerando la vastità del territorio. Impensabile possano essere dappertutto!
Servono guardie. Tante, preparate e presenti. Abbiamo la disoccupazione giovanile al 33 per cento, possibile che a nessuno sia venuto in mente di considerare l’ambiente montano come ambito lavorativo richiedente manodopera e cura e, nel caso della raccolta dei funghi, controllo???
Siamo in montagna, abbiamo più alberi che delinquenti. Eppure siamo circondati da carabinieri e in regime di scarsità di guardie a controllo dei boschi. C’è qualcosa che non torna o pare solo a me?
Bisogna che qualcosa si muova “dal basso”
Insomma…muoviamoci. L’ indifferenza non paga. Muoviamoci, perché se aspettiamo i politici è finita, hanno solo timore di sentirsi dire che intervenire in termini restrittivi significa allontanare la gente e perdere voti. Sono consapevole del fatto che abeti, castagni e faggi non vanno a votare ma chi amministra, oltre all’onore, ha anche l’onere di fare scelte che possono risultare impopolari se nel farne di popolari poi si reca un danno a una comunità che anno dopo anno si vede l’ambiente circostante sempre più devastato. Non sarebbe, forse, un così grosso problema se a quella comunità non fosse rimasta solo una risorsa: l’ambiente, appunto.
Credo, insomma, che qualcosa dovrebbe mutare: a volte i cambiamenti vengono dal basso, da chi ha detto “no”. Muoviamoci. E sproniamo i legislatori a lavorare su questa normativa, che spero aver spiegato perché considero e consideriamo inadeguata. E se anche voi siete d’accordo con questa volontà di cambiare la situazione inerente la raccolta funghi sulla montagna pistoiese… dite la vostra, esprimetevi sui social, avanzate proposte costruttive e mai “violente”, parliamone in una magari futura assemblea popolare e se ci sono volontà condivise… diamoci da fare spronare chi di dovere a cambiare le normative a tutto vantaggio di una difesa, custodia, valorizzazione di un contesto naturale che in molti ci invidiano.
Magari coinvolgendo anche ricercatori non di zona, quelli attenti e sensibili che antepongono a tutto la salute del bosco. Sono certo che in giro ce ne sia qualcuno! Che in fondo, se non lo siamo già adesso, presto saremo un po’ tutti sulla stessa barca: senza più fungate.
Perdonatemi la lunghezza dello scritto e il tono, comunque accorato.
Grazie. Un saluto”.
Federico Pagliai, Gianluca Gavazzi, Daniele Pacelli