Pane al pane  |  maggio 12, 2016

Il Grano Marzolo, solo ad alta quota e quasi in via di estinzione

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Il grano marzolo, o marzuolo, si chiama così perché viene seminato a marzo. E’ un grano molto precoce e in montagna si dice che viene seminato quando va via la neve, ovvero quando il terreno “dimoia”. Questo grano, stando anche a quello che scrive sul tema lo storico pistoiese Alberto Cipriani, fu introdotto in Italia dai Longobardi, ed è diventato nel tempo una peculiarità della nostra montagna, in particolare della zona del Melo, sopra Cutigliano; in pochi, infatti, lo conoscono al di fuori di questi territori e pochissimi lo continuanoa a seminare ancora oggi. Io ho visto la semina sopra i mille metri di altitudine, su terreni che possiamo tranquillamente definire vergini, lontani da ogni possibile vera contaminazione. Grano antico con una resa bassissima, fu però di grande aiuto a sfamare la montagna pistoiese, nel periodo bellico dell’occupazione nazista.
La coltivazione di questo grano è tutt’altro che facile, e oggi sono rimasti pochissimi a farlo e non tutti gli anni, a causa della sua caratteristica forma con lo stelo molto lungo e la spiga rada e pungente. Bastano infatti condizioni atmosferiche avverse, si pensi per esempio alle grandinate, perché vada completamente distrutto, per non parlare del pericolo ungulati, sempre in agguato anche sulla nostra montagna. Insomma questa è ormai una coltivazione a rischio estinzione.
Macinato rigorosamente a pietra, ha come caratteristica importante la bassissima quantità di glutine, oltre ad essere ricco di sali minerali. Il pane che se ne ricava è molto compatto, zeppo ma dal sapore e dal profumo sopraffini, davvero unici. Di pane ne ho lavorato, cotto e visto di tutti i tipi in anni e anni di attività ma non è ne ho mai sentito uno così. Non credo ci sia un pane per odore e sapore paragonabile a quel (poco) che ancora si produce con il grano marzolo. Oltre al pane si possono fare anche dolci, penso ai biscotti, al classico Bellingozzo mentre con i chicchi si può ricavare un’ottima minestra, un’ottima zuppa di grano marzolo.
Ultima annotazione la difficoltà a vendere al pubblico un pane così particolare, per come si è ormai abituati oggi: per ottenere un pane vendibile, un fornaio deve mescolare la farina prodotta con questo grano con altri tipi di farine. Insomma un pane non più “puro”, non più di solo grano marzolo.


Piero Capecchi

Piero Capecchi ha respirato profumo di pane fin da bambino, nel forno dell'azienda di famiglia, a Capostrada, della quale è stato titolare dal 1979 al 2011. Da diversi anni si occupa di formazione, organizza corsi sia per professionisti sia per appassionati. Dal 2011 offre la sua consulenza alle attività produttive nell'ambito dei prodotti da forno. La sua sfida di artigiano, oggi, è produrre pane di buona qualità anche per la grande distribuzione. Presidente dei panificatori della Cna di Pistoia, è uno dei principali artefici del Consorzio del pane toscano per la lievitazione naturale, insignito quest'anno del riconoscimento Dop dall'Unione europea.