UN DILEMMA SENZA SOLUZIONE?
Quando ero all’università il professore di Sociologia dello Sviluppo un giorno lanciò una provocazione. Ci disse che se avessimo chiesto, per il bene di tutto il pianeta, ad un brasiliano di difendere la sua foresta amazzonica egli avrebbe potuto rispondere, in modo del tutto legittimo, che prima di chiedere a lui di salvare l’Amazzonia noi avremmo dovuto riforestare le pianure dell’Europa centrale. L’interrogativo che, con questo esempio, l’insegnante voleva proporci era molto semplice: perché quello che per secoli è stato legittimo per i Paesi più ricchi oggi non dovrebbe esserlo per i Paesi poveri? Noi abbiamo usato, sfruttato e depauperato la natura per realizzare il nostro modello di sviluppo industriale. Adesso che loro (Cina, Brasile, paesi africani…ecc.) vogliono fare la stessa cosa, come la mettiamo? Dire che “così non si deve fare” suonerebbe decisamente ipocrita. Disboscare le foreste, inquinare i fiumi, surriscaldare l’atmosfera… sono stati, in termini economici, dei vantaggi competitivi sui quali il cosiddetto “Nord del Mondo” ha costruito il suo sviluppo economico. All’estremo opposto potremmo obiettare, in modo altrettanto legittimo e fondato, che se tutti i Paesi, partendo dai più popolosi come Cina e India, adottassero il nostro modello di sviluppo allora ci servirebbero diversi pianeti dai quali attingere le risorse. Dunque è proprio vero che “così non si deve fare”, sebbene noi lo si faccia da alcuni secoli. Sembrerebbe un rompicapo dalla impossibile soluzione, ma forse qualcosa si sta muovendo nella direzione giusta, almeno in Europa.
UN REGOLAMENTO PER IL RIPRISTINO DELLA NATURA
Questo lontano ricordo di gioventù mi è tornato indirettamente alla mente quando, nelle scorse settimane, ho sentito la notizia dell’approvazione, da parte del Consiglio dell’Unione Europea, del Regolamento sul ripristino della natura. Tale atto normativo, primo nel suo genere, è finalizzato alla realizzazione di misure volte a ripristinare, all’interno della UE, almeno il 20% delle zone terrestri e marine entro il 2030 e di tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050.
Il regolamento, concepito per la mitigazione dei cambiamenti climatici e degli effetti delle catastrofi naturali, dovrebbe aiutare l’UE a rispettare i suoi impegni internazionali in materia di ambiente e a ripristinare la natura nel Vecchio Continente (con particolare riferimento agli indirizzi della conferenza ONU sulla biodiversità del 2022 – COP 15).
L’iter era partito il 22 giugno 2022 quando la Commissione europea aveva proposto, all’interno del Green Deal, un regolamento sul ripristino della natura nell’ambito della strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030. Tale iniziativa partiva dalla constatazione che oltre l’80% degli habitat europei è in cattivo stato. Gli sforzi già profusi per proteggere e preservare la natura non sono bastati a invertire questa drammatica tendenza. Da qui la necessità di un regolamento che prevede, per la prima volta, l’applicazione di misure finalizzate non solo a preservare la natura ma anche a ripristinarla.
IL RIPRISTINO DEGLI ECOSISTEMI
Le nuove norme sono mirate al ripristino degli ecosistemi degradati negli habitat terrestri e marini degli Stati membri, al conseguimento degli obiettivi generali dell’UE in materia di mitigazione dei cambiamenti climatici e al rafforzamento della sicurezza alimentare.
Gli Stati membri devono definire e attuare misure volte a ripristinare almeno il 20% delle zone terrestri e marine dell’UE entro il 2030. Nei primi anni gli Stati membri dovranno dare priorità ai siti Natura 2000.
Per gli habitat considerati in cattive condizioni gli Stati membri devono rispettare i seguenti passaggi:
- ripristino di almeno il 30% entro il 2030
- ripristino di almeno il 60% entro il 2040
- ripristino di almeno il 90% entro il 2050
Una voce importante del nuovo regolamento è dedicata agli impollinatori. La quantità e la diversità di tali insetti in Europa si è drammaticamente ridotta negli ultimi decenni. Il regolamento, in risposta a questa grave situazione, introduce misure intese a invertire il declino delle popolazioni di impollinatori entro il 2030.
MISURE SPECIFICHE PER IL RIPRISTINO DEGLI ECOSISTEMI
Sono previsti obblighi specifici per i diversi tipi di ecosistema: terreni agricoli, foreste ed ecosistemi urbani. Gli Stati membri devono attuare misure per migliorare almeno due dei seguenti indicatori: popolazione di farfalle comuni, stock di carbonio organico nei terreni minerali coltivati e percentuale di superficie agricola con elementi caratteristici del paesaggio con elevata diversità. Il regolamento prevede anche l’aumento della popolazione di uccelli in habitat forestale e la garanzia che non vi siano perdite nette di spazi verdi urbani e di copertura arborea urbana fino alla fine del 2030.
Oltre a questo si dovranno mettere in atto misure per la piantumazione di almeno tre miliardi di alberi supplementari, entro il 2030, in tutta l’Unione. Dovranno essere convertiti almeno 25.000 km di fiumi per favorire lo scorrimento libero entro il 2030. Per raggiungere questo obiettivo gli Stati membri dovranno adottare misure per rimuovere le barriere artificiali alla connettività delle acque superficiali.
Per gli Stati membri il primo passo sarà quello di elaborare, e presentare alla Commissione, piani nazionali di ripristino contenenti le modalità individuate per conseguire gli obiettivi previsti. Dovranno inoltre monitorare i progressi compiuti sulla base di indicatori di biodiversità prefissati.
I COMMENTI DELLE ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE
L’approvazione del nuovo Regolamento per il Ripristino della Natura arriva dopo un iter legislativo difficile e travagliato. La coalizione #RestoreNature, composta da BirdLife Europe, ClientEarth, EEB WWF Europa, ha sempre lottato per il raggiungimento di questo obiettivo. Tale risultato, infatti, è il frutto di una massiccia mobilitazione pubblica che ha visto, negli ultimi anni, la raccolta di oltre un milione di firme e ripetuti appelli da parte di oltre 6.000 scienziati a difesa dell’integrità del Green Deal dell’UE.
“Buona notizia quella dell’approvazione finale da parte del Consiglio Ue della legge sul ripristino della natura (Nature Restoration Law)” – ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – “Uno dei provvedimenti-simbolo dell’agenda verde europea che, dopo uno stallo di più di due mesi, riesce a raggiungere un traguardo finale e che fisserà obiettivi giuridicamente vincolanti per ripristinare il 20% degli ecosistemi terrestri e marini degradati dell’UE entro il 2030 e tutti gli ecosistemi entro il 2050. Ma se questa notizia rappresenta una vittoria per la tutela della biodiversità e per il Green Deal europeo, ci lascia con l’amaro in bocca il voto contrario dell’Italia (insieme a Ungheria, Polonia, Paesi Bassi, Finlandia e Svezia).”
Il presidente di Legambiente auspica inoltre “che il Governo italiano, superando la sua visione miope, per affrontare la crisi ambientale e realizzare la transizione ecologica dei territori, adotti la legge al più presto introducendo direttive da tradurre velocemente nei Piani di attuazione nazionale, fissando obiettivi misurabili che riguarderanno il recupero e ripristino di diversi ecosistemi, dalle foreste agli ecosistemi marini, nonché gli ambiti agricoli e urbani”.
Anche Dante Caserta, responsabile Affari Legali e Istituzionali del WWF Italia, esulta per il risultato e dichiara: “Siamo molto soddisfatti per l’approvazione della Nature Restoration Law, una vittoria storica della società civile europea che difende l’ambiente e vuole costruire un rapporto equilibrato tra uomo e natura. Spiace che in un passaggio cruciale per la tutela della natura in Europa, il Governo Meloni abbia clamorosamente mancato l’appuntamento con la storia, opponendosi ideologicamente ad un provvedimento cardine del Green Deal europeo e scegliendo la disinformazione delle lobby dell’agroindustria contro gli interessi dei cittadini. Il WWF “ – aggiunge Caserta – ” monitorerà da vicino questo lungo processo di applicazione della Nature Restoration Law e confida che il Governo e il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica vogliano aprire un dialogo serio e partecipato con tutte le parti interessate per intraprendere un percorso comune che porti ad un’effettiva tutela dell’ambiente a vantaggio di tutti i cittadini”.
LA RISPOSTA EUROPEA A UN DILEMMA GLOBALE
Il cambiamento climatico e, più in generale, la salvaguardia della natura restano sfide globali che necessitano di risposte a livello planetario. Certamente l’Amazzonia, se vogliamo tornare alla provocazione iniziale, merita di essere salvata. Ma allo stesso tempo la natura può (e deve) essere ripristinata anche alle nostre latitudini. La biosfera nella quale viviamo è un patrimonio di tutti indistintamente. Sarebbe dunque assurdo fomentare contrapposizioni tra i popoli, le nazioni o i continenti. Chi inquina danneggia tutti gli esseri viventi, sapiens e non solo quelli. Allo stesso modo chi protegge e tutela l’ambiente compie un’azione a beneficio di tutte le forme di vita sulla Terra.
Il nuovo regolamento adottato dalla UE non sarà sicuramente la panacea di tutti i mali del nostro malconcio pianeta. Probabilmente verranno sollevate numerose critiche nei confronti di queste misure. Tuttavia il regolamento per il ripristino della natura è un passo importante nella direzione giusta. Rappresenta l’assunzione di una responsabilità ecologica: tutelare l’ambiente non è un’azione da compiere (solamente) in remote località esotiche ma, al contrario, un intervento da realizzare tutto intorno a noi. La natura si salvaguarda partendo dalle nostre città, dalle nostre campagne, dalle nostre montagne e dai nostri fiumi.