Cresce la preoccupazione dei paesi della bassa montagna del Comune di Pistoia – Cireglio, Le Piastre, Pracchia e Orsigna – dopo la comunicazione che l’attuale medico, in carica da circa un anno, lascerà la condotta, pur assicurando le principali prestazioni ai paesi di collina. La Proloco delle Piastre ed altri cittadini hanno manifestato il loro disappunto al nostro giornale, facendo notare che quella che sembrava una buona soluzione è durata solo un breve periodo. E siamo punto e a capo per Le Piastre, Pracchia e Orsigna, mentre solo Cireglio continuerà a poter usufruire dei servizi dell’attuale medico di base. La conferma arriva da un comunicato della farmacia locale che spiega come l’incarico al dottor Di Lazzaro, “verrà convertito da temporaneo in definitivo, a partire dal prossimo primo maggio. Tutti gli attuali pazienti che vorranno continuare ad essere assistiti dal Dottor Di Lazzaro, dovranno confermarlo attraverso le modalità previste”. Ovvero, come spiega ancora la nota della farmacia di Cireglio: recandosi al CUP, utilizzando l’applicazione Toscana Salute se muniti di SPID, avvalendosi del sito Open Toscana se muniti di lettore di carte e del codice PIN della tessera sanitaria. “La Farmacia di Cireglio si rende disponibile a supportare gli assistiti”.
Se a Cireglio nulla cambia, anzi la situazione di stabilizza, la stessa cosa non può dirsi per le altre frazioni montane. In effetti è una malaugurata consuetudine che vengano penalizzati i cittadini della montagna, ai quali sono erosi pian piano i servizi essenziali, senza alcuna considerazione del dettato costituzionale.
Nella nostra montagna ci sono comuni in cui il medico condotto non c’è proprio e altri in cui, come in questo caso, si susseguono medici a tempo che, per un motivo o per un altro, non resistono per più di un anno, ledendo uno dei principi fondamentali, cioè il diritto alla salute dei cittadini.
La colpa, si sa, morì fanciulla; a noi preme solo denunciare i fatti e i fatti sono sotto gli occhi di tutti.
La popolazione che abita in montagna è prevalentemente composta da anziani che per questo hanno più bisogno di assistenza sanitaria; ma nel tempo è cresciuta la sensazione che la montagna in generale sia sempre più concepita come un problema, piuttosto che una risorsa e che le pur giuste istanze che provengono da questi territori costituiscano un fastidio che le istituzioni tutte si rimpallano, senza trovare soluzioni strutturali.
E’ vero che in Italia di solito non si vede più in là del naso e ci si limita ad apporre pannicelli caldi a situazioni incancrenite, ma quello della montagna e più in particolare della sanità nelle aree periferiche è un grosso problema strutturale che si aggraverà nei prossimi decenni e per risolvere il quale occorre una visione prospettica, una seria volontà politica e il cuore di chi vuol difendere i più deboli, senza che gli egoismi settari e l’economicismo più miope prevalgano sempre.
Infine ci vuole una potente inversione culturale che faccia sì che montagna e città siano due facce di una medesima medaglia e che le rispettive esigenze siano avvertite come esigenze comuni, perché l’una ha sempre bisogno dell’altra.
Maurizio Ferrari
