Continua il viaggio alla “scoperta” dell’Ecomuseo della Montagna Pistoiese. Questa volta l’Ecomuseo presenta ai lettori della Voce della Montagna l’Antica Ferriera Papini di Maresca dopo aver illustrato, negli articoli precedenti, l’Itinerario del ghiaccio, la via della Castagna e del Carbone e il Museo Naturalistico Archeologico dell’Appennino Pistoiese
MARESCA (SAN MARCELLO PITEGLIO) – La lavorazione del ferro sull’Appennino Pistoiese ha origini antiche e risale almeno all’Alto Medioevo. Nonostante non siano presenti giacimenti di minerali ferrosi sull’Appennino, questo presenta alcune caratteristiche favorevoli per la lavorazione del metallo: la disponibilità di acqua corrente e l’abbondanza di vegetazione. La prima serviva per azionare le macchine idrauliche, in particolar modo i magli, grandi martelli da ferriera che servivano per battere il ferro; la seconda forniva la materia prima per la produzione del carbone vegetale, ottenuto attraverso la lenta combustione della legna all’interno delle carbonaie, che serviva per l’alimentazione delle forge. I materiali ferrosi provenienti dall’Isola d’Elba raggiungevano la Montagna Pistoiese attraverso il trasporto su barca prima via mare e poi via fiume, risalendo il corso dell’Arno fino alla confluenza con l’Ombrone. Da Poggio a Caiano il ferro veniva condotto fino a Pistoia per poi raggiungere la Montagna a dorso di mulo, o tramite barrocci in seguito all’apertura della Regia Strada Modenese.
Un po’ di storia
La Ferriera Papini di Maresca è la più antica tra quelle presenti in Toscana ed è attestata dal 1388 quando il mercante di ferro Giovanni d’Andrea di Michele vendette a Bartolo di Giovanni di Salvio una “fabrica al aqua” sul torrente Maresca per la cifra di 100 fiorini d’oro. Nel 1561 la ferriera fu acquistata dalla Magona Granducale, la compagnia istituita da Cosimo I de’ Medici che controllava la produzione e la lavorazione del ferro. Nel 1788 la ferriera fu ceduta a privati, prima ai Bizzarri, poi agli Strufaldi e infine ai Papini, che la mantennero fino agli anni ’80 del Novecento. Nel 2014 l’Associazione Ecomuseo della Montagna Pistoiese ha curato il restauro della struttura, grazie al contributo della Fondazione Caript e dal 2016 è regolarmente aperta e fruibile dal pubblico.
Un’atmosfera che stupisce
Varcando le porte della ferriera la prima cosa che stupisce è l’atmosfera che si respira all’interno. Il nero della fuliggine avvolge ancora i muri e tutti gli attrezzi di ferro sono al loro posto, appesi alle pareti o sul bancone da lavoro. L’impressione è che il tempo si sia fermato, tant’è che è divenuta il set cinematografico di alcuni programmi televisivi e cortometraggi. La visita alla ferriera non può lasciare indifferenti e stupisce grandi e piccini, che hanno modo di rivivere sensazioni ormai tipiche del passato. L’antica forgia è ancora funzionante e i bambini e i ragazzi possono cimentarsi nella battitura del ferro, così come veniva fatto una volta, sotto l’attento sguardo della guida dell’Ecomuseo, qui in veste di fabbro.
L’Itinerario del ferro
La Ferriera Papini, insieme al Museo e al Giardino dell’Energia Rinnovabile di Pontepetri, fa parte dell’Itinerario del Ferro dell’Ecomuseo della Montagna Pistoiese, che custodisce e tramanda alle generazioni future l’arte della lavorazione di questo metallo, giunta fino a noi grazie a generazioni di fabbri che hanno operato nelle numerose ferriere distribuite sul territorio montano: da Pracchia a Mammiano, passando per Pontepetri e Maresca.
Informazioni utili
La Ferriera Papini è visitabile in orario ordinario nel periodo estivo o su prenotazione negli altri periodi dell’anno o per visite personalizzate.
Per informazioni chiamare l’Ecomuseo al numero verde 800 974 102 oppure consultare il sito web www.ecomuseopt.it