Quando gli anziani, non più tardi di 30-40 anni fa dicevano in coro che non c’erano più le mezze stagioni, molti di noi pensavamo che questa fosse una stupida frase fatta, un ritornello che anche i comici in TV proponevano per far sorridere gli spettatori. Uno di quei tormentoni che le élites intellettuali, poco avvezze al contatto con la realtà vera, avevano bollato come un luogo comune senza senso.
Alcuni, e fra loro qualche meteorologo più letterato affermavano (e per la verità affermano ancora) che anche Giacomo Leopardi lamentava, nei Pensieri, qualcosa del genere, pur se diceva che “Il freddo acquista terreno” e che “…è bene non alleggerirsi della minima cosa di quelle che si portava nel cuor dell’inverno”.
Però ricordiamo tutti, di quell’enorme poeta, “La primavera odorosa” di A Silvia, oppure i versi “Primavera d’intorno/ brilla nell’aria/ e per li campi esulta” del Passero solitario.
Le mezze stagioni
Poi col tempo anch’io mi sono ricordato della mia infanzia e delle maestose nevicate invernali che insistevano per tre lunghi mesi (Dicembre, Gennaio e Febbraiuzzo); finché a Marzo si percepiva nell’aria qualcosa di diverso, un respiro nuovo della natura, un lento svanire dei brividi freddi sui rami degli alberi e sull’erba dei campi. Un risveglio che si è sempre chiamato Primavera; Primo vere, cioè il primo tempo, quello del risveglio della nuova vita.
Eppure l’attuale meteorologia ritiene ancora che le stagioni siano sempre state due, quella fredda e quella calda, senza pensare al principio della gradualità, cioè all’affermarsi progressivo delle stagioni incombenti. Quindi saranno anche solo due le stagioni, come dicono gli esperti del meteo, ma non vengono considerate le fasi intermedie, cioè il passaggio lento del testimone da un tempo freddo ad uno caldo e viceversa, i passaggi a cui per millenni sono stati dati i nomi di Primavera e Autunno.
Davvero ridicola quella frase fatta?
Ora mi chiedo se quella frase fatta fosse davvero ridicola.
Oggi si passa bruscamente da fasi caldissime a fasi fredde, anche nello spazio di poche ore ed il tradizionale clima mediterraneo ha lasciato il posto a quello tropicale, dove la stagione delle piogge lascia il posto al caldo torrido.
In Italia, come è noto, siamo tutti Commissari tecnici di calcio, tutti avvocati, tutti tuttologi, dunque anche tutti meteorologi e non abbiamo voluto dar peso alle considerazioni dei nostri genitori o nonni che vedevano ogni giorno le trasformazioni dell’ambiente, perché lo vivevano, lo osservavano e ne traevano nutrimento.
Questo nostro tempo, malato di onnipotenza e diventato virtuale, e ancor peggio ideologico, non lascia spazio alla realtà vera ed alle sue, talvolta tragiche, manifestazioni e per di più ne impedisce o ne vuole ignorare le conseguenze delle dinamiche.
Nell’enorme paiolo di arroganza, di inerzia e di vitelli d’oro in cui tutti bolliamo quotidianamente, stiamo diventando di volta in volta prede troppo facili di catastrofisti o di negazionisti, di scienziati o di scientisti, a seconda di chi urla di più o meglio.
Se dunque avessimo vissuto più a contatto con le fasi naturali avremmo davvero capito, ad esempio dal comportamento delle api o dalla fioritura fuori stagione di molte piante, che qualcosa stava cambiando e ci saremmo resi conto che gli ecosistemi vanno gestiti, attivamente e con sapienza, se vogliamo conviverci, altrimenti saranno le spietate leggi della natura a sopraffarci.