Cammini, Uno sguardo oltre  |  ottobre 5, 2023

Fontanaluccia: il paese dove vince la voglia di stare insieme

Un borgo di 200 abitanti sull'Appennino modenese che mostra un'insolita vitalità. Fontanaluccia conserva una grande storia. Fu sede dell'ospedale partigiano della Repubblica di Montefiorino ed anche il luogo dove, nel 1941, nacque la prima delle Case della Carità che oggi sono diffuse in tutto il mondo. L'associazionismo, la parrocchia e l'eredità lasciata da Don Mario Prandi sono gli elementi che fanno la forza di questa piccola comunità di montagna

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È stato per caso che ho scoperto il borgo di Fontanaluccia. Ero in cammino sulla Via Matildica del Volto Santo e, arrivato alla settima tappa, dovevo trovare un posto dove pernottare. La mia meta doveva essere il paese di Gazzano, ultimo insediamento nella provincia di Reggio Emilia. Però lì non c’era un posto per dormire. Fortunatamente ho trovato, pochi chilometri più avanti, il Bed & Breakfast “Il Mulino” a Fontanaluccia, una piccola frazione del comune di Frassinoro (MO).
Quel giorno, al termine della mia tappa, ero veramente stanco e bagnato fradicio. Cinque chilometri prima dell’arrivo, quando ero all’altezza di Morsiano, ero stato sorpreso da un temporale. Noi pellegrini ci adattiamo a qualsiasi situazione, per dormire ci basta una brandina o un sacco a pelo sul pavimento. Però ogni tanto, anche il pellegrino, ha bisogno di farsi “coccolare” da una struttura accogliente e di un certo livello. Questo è quello che ho trovato nel B&B gestito da Katia Ferrari e Daniele Bimbi, una struttura decisamente al di sopra delle mie aspettative di pellegrino. Ed è proprio da qui che ho iniziato a fare le mie scoperte…

 

Dovendo procurami dei panini per la tappa del giorno dopo ho chiesto a Katia se, sul mio percorso, avrei trovato qualche bar o negozio di alimentari. “Abbiamo un minimarket qui in paese” è stata la risposta della proprietaria del B&B. Non posso negare il mio stupore, non è facile trovare un negozio con beni di prima necessità in un paese di 200 abitanti sull’Appennino.
Avevo anche bisogno di un bancomat. Pure in questo caso è arrivata la risposta al mio bisogno: “Salendo verso la chiesa puoi trovare uno sportello per prelevare”, mi ha rassicurato Katia. Anche in questo caso non potevo crederci: di solito il bancomat è il primo servizio che viene eliminato nelle piccole frazioni. E questo vale anche in pianura.
Per la cena nessun problema: potevo scegliere tra un ristorante ed una pizzeria. È bastata poi una breve camminata per le strade del borgo per farmi scoprire che, qui a Fontanaluccia, ci sono pure l’ufficio postale, il cinema ed un palazzetto dello sport: il Pala Prandi.
Giuro che per un attimo ho creduto di essere finito in una candid camera. Non capita spesso, anzi non capita mai, di trovare così tanti servizi in un piccolo borgo di montagna. Beninteso, anche Fontanaluccia, come molti paesini dell’Appennino, affronta quei problemi che tutti conosciamo. Le strade per raggiungere le città, Modena o Reggio, sono lunghe e tortuose. Le scuole dell’obbligo sono nel capoluogo Frassinoro. Ma per le superiori bisogna arrivare a Castelnovo ne’ Monti che, con i mezzi pubblici, è a 1 ora e mezza di distanza. Tuttavia, nonostante queste difficoltà, Fontanaluccia mostra i segni di una vitalità che non si trova di frequente sull’Appennino. Questa cosa mi incuriosiva e ho voluto approfondire.

QUI C’E’ TANTA VITA, SOPRATTUTTO D’ESTATE

Katia viveva a Milano ma un giorno, insieme alla madre, ha deciso di trasferirsi qui sull’Appennino dove la sua famiglia aveva le proprie radici. Dice che si trova benissimo perchè qui c’è tutto. Sono molti i pellegrini sulla Via Matildica che si fermano qui. Apprezzano questa località anche perché, come dichiara lei, “qui c’è tanta vita soprattutto d’estate, ci sono tante iniziative, tante feste”.
Parlando con Katia e Daniele, i gestori del B&B dove ho dormito, mi sono reso conto che quella di Fontanaluccia è una piccola comunità affiatata. Le diverse forme associative e la parrocchia hanno un ruolo fondamentale nel garantire la vitalità di questo piccolo paesino. “C’è tanta voglia di collaborare, di crescere e di riportare in vita le attività del passato come, per esempio, la raccolta e lavorazione delle castagne” – dichiara Katia. “Fontanaluccia è un po’ una mosca bianca perché grazie all’associazionismo e alla voglia del fare si è un po’ distinta negli anni ed è rimasta viva. “- aggiunge Daniele.
Ci sono ricadute positive anche per l’ambiente: “La gente qui va ancora a pulire i castagneti perché ci tengono e per avere una piccola integrazione di reddito – prosegue Daniele -.Qualche anno fa è stato ristrutturato, grazie ad un finanziamento, il vecchio mulino ad acqua. Ora viene gestito dai Beni civici frazionali e i privati che raccolgono le castagne le conferiscono al mulino per la lavorazione”

 

TENERE APERTO UN NEGOZIO IN MONTAGNA: UNA MISSIONE DA SUPER EROI

Mentre cammino per il centro del paese osservo incuriosito il disegno sull’insegna del minimarket. “E’ come il simbolo di Superman” – mi spiega il titolare Domenico Stefani – “anni fa qui vicino c’era un altro negozio che ora ha chiuso. Loro avevano messo nell’insegna il simbolo di Batman. Così io, che ho le iniziali che sembrano quelle di un supereroe, ho pensato di stare al gioco ed esporre un simbolo che richiama quello di Superman”.
La famiglia di Domenico ha una lunga tradizione nel commercio e gestisce il piccolo negozio da cinque generazioni. “Andare avanti è dura, come per tutti” – mi spiega Cristina, la moglie di Domenico – “fino a poco tempo fa qui c’era un altro negozio, poi ha chiuso e siamo rimasti solo noi. Si lavora tanto d’estate, quando il paese si riempie. Noi comunque riusciamo a tenere aperto anche durante l’inverno e abbiamo due bravissime signore che lavorano a part-time e ci aiutano”.
Parlando con il titolare e sua moglie ho capito che questo piccolo esercizio è qualcosa di più che un semplice negozio, è una parte essenziale del paese e contribuisce a mantenerlo vivo. “Noi facciamo anche consegne a domicilio” – mi spiega ancora Cristina – “e il servizio è gratuito. Il paese è sparpagliato in diversi nuclei e molte persone, che sono anziane, non possono muoversi facilmente. Per loro avere la consegna a domicilio è importante e, durante la pandemia, è stato fondamentale”.

UN MIRACOLO DI SOLIDARIETA’ NATO SU QUESTE MONTAGNE

Tra le varie sorprese che ci riserva questo paesino di montagne ce ne è pure una di livello “internazionale”. Qui a Fontanaluccia, infatti, è nata la prima delle 43 Case della Carità che oggi sono diffuse in tutto il mondo (Italia, Madagascar, Brasile, Albania, India). L’ideatore di questo piccolo miracolo di solidarietà fu il giovane sacerdote Don Mario Prandi. Insediatosi a Fontanaluccia alla fine del 1938 il parroco si rese subito protagonista di numerose iniziative per la sua comunità. “Creò un consorzio per il noleggio della macchina da battere, organizzò delle cooperative ma la cosa più importante, che vive tutt’ora fu la Casa della Carità” – ricorda il professor Lino Paini – “Nel 1941 una famiglia con due sorelle sordomute regalò alla parrocchia lo stabile di una ex osteria.”
La donazione dell’edificio era vincolata all’utilizzo per l’accoglienza delle persone malate e bisognose di aiuto. “All’epoca era poco più che una catapecchia, arredata con quello che c’era” – sottolinea Paini – “ma venne inaugurata col sostegno del dottor Pasquale Marconi, quello che aveva fondato l’ospedale di Castelnovo ne’ Monti”.
Le Case della Carità assomigliano vagamente alle RSA ma hanno due caratteristiche decisamente diverse: non esiste una retta e gli ospiti sono chiamati, nella misura in cui possono, a collaborare alla gestione. In questo senso assomigliano più ad una vera e propria famiglia allargata. “L’assenza di una retta è l’aspetto che caratterizza queste strutture. Non importa se hai una pensione di 500 euro oppure guadagni molto di più, ognuno contribuisce nella misura che può.” – commenta il professore – “E il fatto di collaborare attivamente alla gestione, facendo i mestieri, aiutando in cucina… rappresenta un aiuto psicologico importante per gli ospiti che, in questo modo, non percepiscono sé stessi come dei degenti”.
Oggi la struttura di Fontanaluccia ospita 15 persone ma la struttura potrebbe arrivare a 60. Il limite più grosso al giorno d’oggi, come ricorda Lino Paini, non sono le risorse ma la mancanza di vocazioni.

LA REPUBBLICA DI MONTEFIORINO E L’OSPEDALE PARTIGIANO

Il destino della Casa della Carità si incrocia, nei suoi primi anni di vita, con la lotta partigiana. Nel 1944, nel bel mezzo della guerra di liberazione, un territorio di circa 1200 kmq, a cavallo tra Modena e Reggio Emilia, si proclamò indipendente e si costituì come repubblica di Montefiorino.
Fontanaluccia, che si trovava nel baricentro di questa microscopico territorio libero, venne scelta come sede per l’ospedale partigiano che fu allestito all’interno delle scuole ormai in disuso. Mentre il destino della repubblica di Montefiorino volgeva al tramonto i nazisti fecero irruzione a Fontanaluccia e distrussero l’ospedale che, fortunatamente, era stato evacuato.
I feriti, dopo essere stati temporaneamente nascosti nei boschi o negli essiccatoi delle castagne, trovano un nuovo rifugio presso l’ospizio di Don Mario Prandi. Fino al termine della guerra la Casa della Carità diede così protezione a feriti di varia provenienza: americani, inglesi, russi, partigiani italiani… “Per mettere questi feriti al sicuro da eventuali perquisizioni” – racconta Lino Paini – “vennero messi tutti in una stanza e, a chi si presentava, veniva detto che quello era il reparto malattie infettive e tifo. In questo modo nessuno aveva il coraggio di entrare”.

QUI SI AFFRONTANO LE DIFFICOLTA’ COME UNA RISORSA

Fontanaluccia è un piccolo paese che custodisce una grande storia. Anche qui, come su tutto l’Appennino, la gente ha vissuto sulla propria pelle alcuni dei momenti più drammatici del nostro passato.
Un borgo di 200 abitanti che mostra un’insolita vitalità. Il merito sembra essere dei suoi abitanti che assomigliano una grande famiglia. In questo la parrocchia ha sicuramente un ruolo importante. Ma forse il merito va anche dell’eredità lasciata da Don Mario Prandi. “Lui ha aumentato la nostra voglia di stare insieme ed è una cosa di cui si vedono gli effetti ancora oggi. “– mi ha confidato il Lino Paini.
Forse allora il segreto di Fontanaluccia, se così possiamo chiamarlo, sta nel fatto che, come mi ha suggerito l’anziano professore, questo paese vive le difficoltà come risorsa proprio perchè è terribilmente complicato viverci. Quindi è bene darsi una mano e credere che insieme si può ovviare a difficoltà che sembravano insormontabili.


Andrea Piazza

Andrea Piazza nasce a Mantova nel 1974. Vive tra le rive di due fiumi (il Po e il Mincio) ma coltiva, da sempre, l’amore per la montagna. Ha due grandi passioni: il viaggio e la fotografia. Due attività che trovano un perfetto connubio nell’intrigante bellezza delle nostre montagne. Da qualche tempo cura un blog http://www.artedicamminare.it/ nel quale racconta, in modo simpatico e “non convenzionale”, i suoi viaggi sull’Appennino e non solo.