Chi era “La Vergine di Ossian”?
Fu il poeta Giosuè Carducci a coniare questo appropriato epiteto quasi per evocare i tratti fisici delle mitiche eroine celtiche scaturite dall’immaginazione dello scrittore scozzese preromantico James Mcpherson.
Nei Canti di Ossian, leggendario cantore bardo, vengono infatti esaltate le virtù cavalleresche, descritto il mito della bontà dell’uomo e dell’atmosfera malinconica, raccontate storie di amori appassionati ma fatalmente infelici.
A dispetto della sua apparenza eterea, il suo sguardo e i suoi gesti sicuri rivelavano determinazione e fermezza tanto da essere appunto qualificata come “La Vergine di Ossian”.
Sto parlando di Louisa Grace Bartolini, inglese di nascita, irlandese di origine e pistoiese d’adozione.
Brevi cenni biografici fino al 1841
Louisa Grace nacque a Bristol, Inghilterra, il 14 febbraio 1818 da famiglia nobile irlandese e di lontane origini italiane.
All’età di dieci anni dovette spostarsi in paesi dal clima più mite a causa della sua salute molto cagionevole. Soggiornò, inizialmente, a Soréze nella Francia meridionale dove mostrò predisposizione per le arti figurative, per la musica e la poesia. Successivamente la troviamo in diversi soggiorni di studio a Livorno, Firenze e Siena. Nel 1841, a 33 anni, si stabilì definitivamente a Pistoia.
La residenza pistoiese
Qui fu ospite per alcuni anni nel palazzo del mecenate e filantropo Niccolò Puccini in via del Can Bianco. Successivamente, nel 1847, prese dimora stabile acquistando una casa con piccolo ma fascinoso giardino in via della Madonna.
Louisa Grace trovò subito un ambiente a lei congeniale divenendo in poco tempo una personalità di sicuro rilievo nella Pistoia di metà Ottocento per la sua capacità di amalgamare e fondere arte, cultura, patria e progresso sociale.
Louisa Grace si identificava pienamente con la vita culturale toscana del tempo, rivendicava le sue lontane origini italiane anche per giustificare i suoi tratti fisici che erano in contrasto con quelli comunemente associati ai canoni di bellezza anglosassone.
Il Salotto
Donna di vasta cultura, scrittrice in versi, oltre che pittrice e musicista divenne così un’amabile animatrice di salotti intellettuali.
Nonostante abbia mantenuto abitudini e attitudini tipiche dell’aristocrazia anglo- irlandese Louisa coltivò esclusivamente amicizie italiane.
Il suo ‘salotto’ di via della Madonna diventò luogo d’incontro di patrioti e intellettuali liberali nonché di personaggi appartenenti all’ambiente artistico pistoiese e fiorentino e oltre. Erano gli anni dell’unificazione italiana e Louisa intensificò anche l’impegno nelle composizioni di argomento storico-patriottico
Fra le sue frequentazioni, la più rilevante fu quella con Giosuè Carducci, in quell’anno del 1859 professore di latino e greco al Liceo Forteguerri, con il quale instaurò un rapporto di consulenza culturale e di profonda amicizia e un successivo scambio epistolare.
Il poeta le dedico un’ode di cui riporto un breve passaggio:
[…..] Tra l’erme orme de’ larici
da la Luna e dal Vento rotte,
la vergin pallida in nero vestimento
alta levossi […..]
La ricordò anche con queste parole “Il colore pallido, quasi perlaceo, esprimeva vaghezza dal colore riflesso di una folta capigliatura castana e solennità del quieto, contemplativo splendore degli occhi neri nella fronte pura e spaziosa”.
Altri frequentatori del suo ‘salotto’ furono Giovanni Procacci docente di Filosofia al liceo Forteguerri e scrittore in prosa e versi, il fiorentino Giuseppe Torquato Gargani poeta e letterato, Giuseppe Chiarini letterato e critico letterario autore del cenacolo degli Amici pedanti, il lucchese Raffaello Fornaciari filologo e insegnante di latino e greco, Antonio Peretti poeta patriottico, l’arcivescovo e letterato Enrico Bindi e Pietro Fanfani scrittore, filologo e funzionario.
Il marito Francesco Bartolini
Il suo status di straniera le permise di vivere in una condizione di relativa libertà in confronto ad altre donne che coltivavano i suoi stessi interessi. Anche questo è perché sposò Francesco Bartolini di tredici anni più giovane e in età adulta.
L’architetto e ingegnere Bartolini iniziò a frequentare il ‘salotto’ di Louisa già dal 1854 e nel 1860 convolarono a nozze. La coppia si stabilì nel palazzo di via della Madonna, appena restaurato sotto la supervisione del Bartolini stesso, che seguì i lavori nei minimi particolari come un soffitto affrescato con il simbolo dell’Irlanda in onore delle origini della moglie e le iniziali di Louse Grace forgiate nelle balaustre dei balconi in ferro battuto.
Louisa rimase incinta ma, a causa della sua salute precaria, non portò a termine la gravidanza. Nonostante l’amore del marito, dopo la perdita del bambino Louisa fu sopraffatta dalla malinconia, la sua salute divenne sempre più malferma. Si spense nel 1865. Il Bartolini sconvolto da questo evento trascorse il resto della sua vita a conservare e coltivare la memoria di lei. Riorganizzò inoltre i suoi scritti, libri, disegni, appunti e dipinti che nel giugno del 1913, un anno prima della sua morte, donò alla Biblioteca Marucelliana di Firenze dove ora sono custoditi in un apposito fondo.
La Pittura
Negli anni trascorsi a Pistoia Louisa coltivò le passioni e la propensione che aveva manifestato fin da bambina per le arti della pittura e della poesia, ambiti culturali a cui di dedicò costantemente e con impegno.
Nel suo dipinto più famoso, un autoritratto olio su tela datato 1860-65, Louisa Grace Bartolini presenta se stessa in una posa rilassata in compagnia della sua amata cagnetta Lalla. Sulla destra del dipinto si intravede una parte di quadro che probabilmente raffigura il suo amato padre Sir William Grace.
Mostra se stessa in giovane età con due fasce scure di capelli che le incorniciano il viso perlaceo e i suoi scuri e vivaci occhi.
Questo autoritratto si rileva come la parte più interessante della sua collezione dove lo spettatore può apprezzare lo sguardo serio e intenso dell’artista e i dettagli nei suoi splendidi abiti.
Nei disegni e nei dipinti di Louisa, gli storici dell’arte trovano tracce dai lavori di Andrea del Sarto (1486-1530) e Fra Bartolomeo (1472-1517), ricordi dei suoi studi all’Accademia di Belli Arti di Firenze.
La Poesia
Come detto, Louisa frequentava solo amicizia italiana tanto da rifiutare di unirsi al rango dei poeti inglesi Elisabeth e Robert Browing, e a tutta la cerchia degli “anglobeceri”, in quel periodo residenti a Firenze.
Oltre alla passione per la pittura Louisa Grace Bartolini nutriva un profondo amore per la poesia talvolta componendo ferventi pezzi nazionalisti che appassionavano la mente di molti intellettuali italiani di quel periodo.
Fu il marito Francesco a raccogliere e catalogare il suo materiale poetico nel libro “Rime e prose di Louisa Grace Bartolini” del 1870.
Il libro inizia con questa prefazione:
“Rispondere ai desiderii de’ cari perduti, e onorarne la memoria, è un conforto al dolore; per me, è un conforto e d un voto. Di questo libretto, frutto del tuo ingegno e de’ tuoi studii, tu stessa meditavi la stampa, quando ti sorprese la morte. Io la pubblico adesso come nuova testimonianza del mio affetto, e come degno omaggio al nome tuo.” Francesco Bartolini
Fra le diverse poesie che ho letto una, intitolata Felicità, esprime amore per la nostra montagna. Ne riporto il breve passaggio:
“Qui dove sorge l’Appennino, e splende rischiarato dal sole, Italia spiega nobile il manto: le ubertose piagge i fianchi adornan de’ suoi monti, i boschi squassan le chiome verdeggianti, altere;
E qualche tempio, che le torri estolle fra le selve superbe, il sito e il nome de’ castelli ricorda, ove le sorti cadder degli avi o trionfaro. Io seggo qui solitaria, ad arbuscel simile che ombreggia la collina, e ad ogni vento che si muove nel ciel piange e sospira”.
Louisa Grace Bartolini è sepolta nel chiostro del convento di Giaccherino, poco fuori Pistoia.