LONGARONE (BELLUNO) – “La storia la scrivono i vincitori. Il rischio è che tra venti anni, quando non ci saranno più superstiti del disastro del Vajont, l’unica memoria di questa catastrofe sarà quella scritta sui libri di storia”. Con queste parole Virgilio Barzan, sindaco del Comune di Vajont, ha salutato i 6.000 partecipanti alla XVII edizione di “Percorsi della Memoria” domenica 2 ottobre scorso. Barzan aveva solo 13 anni il 9 ottobre del 1963. All’epoca andava alle scuole medie a Longarone. Ogni giorno 8 ore di lezione e poi, per tornare a casa a Casso, camminava per 45 minuti, su un sentiero nel bosco immerso nel buio.
Ascoltando le sue parole mi sono chiesto: ma chi può essere, in questo caso, il vincitore? E’ presto detto: il pericolo più grave è che a trionfare sia l’oblio. Questa considerazione si riallaccia ad una convinzione che, alcuni anni fa, avevo maturato partecipando a questa camminata non competitiva che, in realtà, è molto più di una manifestazione sportiva. Allora avevo già percepito che, quassù al Vajont, ogni cosa trasmette Memoria. Ma non si tratta del triste ricordo di un passato lontano. Qui la Memoria è una forza viva, per usare una metafora mi piace pensare alla Memoria come ad una preziosa “fonte rinnovabile”. Essa infatti, per poter sprigionare la sua energia, deve essere costantemente rinnovata. E questo è quello che fanno i volontari dell’Associazione “Vajont, il futuro della memoria” che, in collaborazione con le Proloco, l’associazionismo del territorio e gli enti locali, organizza ogni anno questo evento non solo sportivo.
PERCORSI DELLA MEMORIA
La manifestazione podistica non competitiva si svolge ogni anno l’ultima domenica di settembre. L’edizione 2022 è stata posticipata di una settimana per non sovrapporsi alle elezioni. Il percorso si snoda attraverso tratti di strade interrotti o distrutti nel disastro del Vajont. Durante questo evento sportivo i visitatori possono attraversare alcuni luoghi, solitamente inaccessibili al pubblico: dalla vecchia Strada del Colomber nella forra del Vajont, alle gallerie ed il ponte tubo che passa davanti alla immensa “vela di calcestruzzo” della diga.
“Dopo lo stop del periodo pandemico abbiamo ripreso lo scorso anno con un tetto ai partecipanti. Quest’anno siamo tornati a pieno regime coi 6000 partecipanti. La manifestazione è tornata agli antichi splendori.” – afferma Renato Migotti, il presidente dell’associazione “Vajont il futuro della Memoria” – ”In questa giornata mobilitiamo oltre 300 persone dei gruppi dei paesi, le Proloco, le associazioni di volontariato, la Protezione Civile, il CAI, il Soccorso Alpino… Questa non è solo una manifestazione sportiva” – prosegue il presidente – “il nostro fine è certamente quello di invitare la gente a muoversi, a scoprire i nostri luoghi, il paesaggio, l’ambiente ma vogliamo anche far conoscere la nostra storia. Questa è una manifestazione sportivo-culturale e ogni anno abbiamo un grande riscontro dai partecipanti”.
Migotti si riallaccia anche a quello che diceva, in mattinata, il sindaco Barzan: “Domenica scorsa c’è stata la Giornata del superstite. Abbiamo però riscontrato la mancanza di un rinnovo generazionale, e questo ci ha messi in allarme. Rischiamo tra un po’ di anni di non poter garantire una continuità. Dall’assemblea è scaturito l’impegno di elaborare le strategie per coinvolgere i giovani affinché possano portare avanti la nostra attività.”
La Memoria del disastro del Vajont non è solo un ricordo del passato ma rappresenta un monito oggi più che mai attuale, come sottolinea Migotti: “Purtroppo la storia si ripete. Dal punto di vista dell’etica, e del comportamento dell’Uomo nei confronti della Natura, la catastrofe del Vajont non ha insegnato nulla. Ogni giorno, infatti, assistiamo a nuovi e terribili disastri legati al cambiamento climatico e, come per il Vajont, sono sempre riconducibili alle responsabilità dell’Uomo ed alla sua incapacità di imparare dai propri errori”.
IL CIMITERO MONUMENTALE DEL VAJONT:
UN’ISTANTANEA DELLA LONGARONE CHE FU
È strano ma, in tutte le volte che sono venuto qui a Longarone, non ero mai entrato al cimitero monumentale delle vittime del Vajont. Questa volta l’ho fatto. Ed è un’esperienza che trasmette sensazioni forti, emozioni che ti lasciano un segno.
Però a guardarlo bene, girando tra le 1.910 lapidi, questo non sembra nemmeno un cimitero. No, questo è piuttosto un’istantanea. Una di quelle vecchie foto ingiallite. Quegli scatti, ovviamente in bianco e nero, nei quali la gente del paese, magari riunita per una sagra, si faceva fotografare in gruppo.
Ecco, queste 1.910 lapidi sono, in un certo senso, la fotografia della Longarone del 9 ottobre 1963. Quasi 2mila persone che vivevano qui e che morirono nello stesso istante per colpa del profitto e dell’avidità dell’Uomo.