Il treno del malcostume politico italiota viaggia da tempo immemorabile su binario unico e verso una medesima direzione.
Man mano che ci si avvicina ad una stazione (leggi: una consultazione politica o amministrativa), i passeggeri in doppio petto (leggi politici e amministratori) si ingegnano a preparare grandi bagagli di promesse e di progetti, talvolta anche intelligenti, ai quali però non viene quasi mai dato seguito. Alla fermata di turno scendono ad imbonire gli elettori, evocando investimenti e divulgando alle folle le intenzioni più sublimi alla ricerca del consenso.
La montagna è sempre inascoltata
Temo che anche le prossime elezioni regionali non abbandonino questo logoro schema e ripetano la solita tiritera alla quale ormai la gente crede sempre meno.
Molto spesso le promesse non mantenute sono giustificate dal fatto che mancano le risorse o che le poche rimaste dovranno essere riservate per le immancabili emergenze.
La realtà, purtroppo, è assai diversa e mostra i limiti di una classe politico-burocratico-amministrativa incapace di guardare oltre il proprio naso, cosicché la rinuncia a scelte strutturali che mirino al futuro non fa altro che produrre emergenze continue e di volta in volta sempre più devastanti.
Di fatto la gente di montagna è inascoltata e nemmeno i disastri idrogeologici sono “letti” nel modo corretto.
Gli effetti del tremendo nubifragio che si è abbattuto sul nostro Appennino pochi giorni fa, con cataste di tronchi e alberi divelti ammassati contro ponti e strade vorrà pure dire qualcosa!
I disastri sono sempre annunciati
Sono ormai decenni che il nostro territorio ci invia segnali di stress strutturale: frane, cedimenti, invasioni di specie aliene, boschi al collasso, il tutto aggravato dall’incuria e dall’abbandono, stanno trasformando la Montagna pistoiese che, col tempo, diventerà sempre più ostile agli insediamenti umani. Eppure il nostro territorio collinare e montano, valorizzato da un turismo lento di prossimità potrebbe essere una chiave importante dell’economia del futuro e lo dimostra questo tempo di post-Covid che sta vedendo ampliarsi la domanda di case per affitti estivi e di visite guidate su antichi sentieri delle nostre Terre alte.
Lo strabismo politico
Nonostante questo è lo strabismo politico-burocratico-amministrativo quello che impera. Da una parte le istituzioni invocano la collaborazione della gente di Montagna per supportare con iniziative e eventi le vacanze estive dei cittadini e, dall’altra, frenano le attività di imprenditori, volontari e volenterosi con un regolismo assurdo che paralizza e scoraggia ogni forma di attività. E ancora, da una parte si caldeggia il trekking di byke e bici per visitare i nostri monti e poi si chiudono certi percorsi a quegli stessi mezzi, come è successo pochi giorni fa su alcune strade provinciali minori (già, ma le Province non dovevano essere abolite?).
Ciò che diciamo ormai da anni su queste nostre pagine è che alla nostra Montagna manca una regìa istituzionale e soprattutto risulta totalmente assente una seria progettualità a medio e lungo termine.
Invece l’abitudine rimane quella di mettere toppe sdrucite a problemi mastodontici e di accontentare di volta in volta le richieste interessate di lobby e di associazioni di categoria.
In questa maniera si gettano al vento le poche risorse, si produce un affastellamento di regole inutili e si perde di vista un piano complessivo, un orizzonte verso cui guardare con maggiore fiducia.
Riforme a costo zero
Per richiamare investimenti è lodevole coinvolgere tutta la Montagna pistoiese, comprese le aree collinari e montane del territorio comunale di Pistoia, in progetti di sviluppo, però contemporaneamente converrebbe ridurre la gran mole di regolamenti e divieti che la soffocano; per esempio, il Vincolo paesaggistico è uno strumento paralizzante e di fatto impedisce di fare qualsiasi cosa, anche una recinzione in legno o una semplice rimessa-attrezzi, oppure il Regolamento forestale della Regione toscana, che dovrebbe essere in larga parte rivisto, ha prodotto nel tempo effetti che sono sotto gli occhi di tutti. Ma politici e tecnici regionali hanno mai visto di persona in quali condizioni versano i nostri boschi e quali intrichi di pruni, casce, arbusti e piante vecchie e secche sono ormai diventati?
E allora rendiamoci conto una volta per tutte che la nostra Montagna ha bisogno di poche regole, ma intelligenti, che favoriscano il recupero dell’ambiente, promuovano gli insediamenti umani e un’imprenditoria giovane e verde e soprattutto ciò che serve assolutamente è una legislazione specifica per le Terre alte che guardi al futuro e nel contempo valorizzi il passato, perché è idiota pensare che le regole che valgono per le pianure e le città servano anche per i nostri paesi e per le nostre borgate.
L’insegnamento della Storia: Il Capitanato della Montagna
La Storia sarebbe buona consigliera, perché dalla seconda metà del XIV secolo buona parte del territorio della Montagna pistoiese ha avuto magistrature a sé ed un assetto dettato dalle peculiarità e dalle esigenze locali.
Il Capitanato della Montagna, con sede a Cutigliano e a San Marcello, e successivamente il Vicariato della Montagna di Pistoia, poi di San Marcello, sono state istituzioni specifiche rimaste vive quasi ininterrottamente fino alla metà del 1800 e stanno lì a dimostrare che la gestione di un ampio territorio con caratteristiche fisico-economico-ambientali del tutto particolari non può essere legata a regole concepite per aree di pianura o zone comunque più agevoli.
Questo avevano capito coloro che per cinque secoli hanno amministrato la nostra Montagna e questo non si vuol capire oggi.
Come sempre la Storia non insegna niente: è la verità più amara.