Accade spesso che artigianato e arte si intreccino e si confondano, perciò è arduo stabilire il confine tra l’uno e l’altra. “La manualità non è la sola risorsa del buon artigiano; ci vuole anche creatività, misura, pazienza e tanta passione”. Questo dice Remo Tonarelli, ormai l’ultimo incisore del marmo nella provincia di Pistoia.
I suoi strumenti di lavoro sono l’ugnetto, un piccolo scalpello affilatissimo, e una mazzetta interamente di ferro per assestare colpi più “sentiti”, come dice lui; ma alla base c’è la realizzazione grafica di ciò che si vuole scolpire.
Parte tutto da un disegno a matita su un foglio di carta che costituisce il “modello” da seguire; poi l’idea è trasferita su un “foglio” di ben altra consistenza.
Il polso è ancora fermo ed è un piacere vedere Remo quando incide con una precisione millimetrica un materiale così apparentemente ostico; il piccolo scalpello quasi scompare fra le sue dita massicce, eppure la punta scorre via delicatamente decisa e crea volute e intarsi sorprendenti, degni di un vero artista.
Una vita dedicata alla religione del lavoro
Remo, nato in un piccolo paese della Corsica da genitori italiani originari di Selvapiana (in prossimità di Cireglio) ed emigrati per necessità, ha svolto diversi lavori nel corso della sua vita, alcuni anche contemporaneamente per aiutare la famiglia numerosa (è l’ultimo di cinque fratelli) e “perché non oziassi, come diceva mia madre”.
All’inizio è stato garzone da un macellaio e giovane aiutante in una bottega di marmista, poi cavatore di sassi, ghiaia e sabbia nel fiume Ombrone e successivamente apprendista in un grande laboratorio pistoiese del marmo, per approdare, infine, ad un lavoro del tutto diverso, quello di vigile urbano presso il Comune di Pistoia.
Tuttavia il fascino del marmo lo ha sempre attratto e, nel tempo lasciato libero dall’uniforme, ha continuato a incidere, specializzandosi prevalentemente nell’arte funeraria.
Ancora oggi privati e aziende del settore bussano alla sua porta per qualche lavoro di precisione. “Ma adesso – dice Remo – ho quasi 85 anni e limito al massimo la mia attività. Eppure avrei le energie mentali e la volontà, ma quello che risponde meno è il mio fisico”.
Ciò che desta ammirazione in quest’uomo simpatico e intelligente è l’idea “religiosa” della vita che col tempo ha trasferito nel lavoro, unendo una sensibilità umana non comune ad una spiritualità meditativa e creativa che, a ben vedere, traspare dai suoi lavori, di cui peraltro Remo non si vanta mai e quando parla delle sue opere diventa schivo, perché non ama “la gente che si mette su un piedistallo”.
Un’arte dimenticata
Se gli rimane un cruccio è che non ha trovato alcun giovane volenteroso a cui trasmettere la sua arte di incisore del marmo e questo è un gravissimo errore che sta commettendo la nostra civiltà post industriale, perché lascia cadere nell’oblio molte abilità e attività ereditate dalla tradizione secolare dei laboratori artigianali.
“Non capisco – conclude Remo – perché oggi il lavoro manuale sia così poco apprezzato; è bello veder nascere qualcosa dalle proprie mani. Dà un senso di appagamento ed una grande soddisfazione quando, da un materiale grezzo, si vede emergere pian piano il modello pensato e desiderato. In fondo incidere è dar forma ad un’idea”.
E una luce compare nei suoi occhi, forse velata da un po’ di malinconia. Subito, però, cambia espressione e dice: “ La sai quella del paziente che va dal medico…”. Alla fine ride divertito, con una risata contagiosa e serena di un uomo che nelle difficoltà della vita ha tenuto ben stretti alcuni valori fondamentali: il senso salvifico del sacrificio, la fede, la mitezza e l’onestà.