Editoriale  |  aprile 25, 2020

Festeggiamo la Liberazione e riflettiamo sul senso di responsabilità

Tante le R diventate maiuscole da Resurrezione a Rinascimento e Risorgimento fino a Resistenza. Una ricorrenza che non è ancora di tutti gli italiani ma sicuramente della stragrande maggioranza. Il ricordo della dittatura, del dramma della guerra e di quelli post bellici fino alle infinite e stucchevoli dispute ideologiche. L'ultima frontiera di questi giorni: la battaglia contro il Coronavirus

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Le tante R maiuscole

Cambia di continuo il mondo, e cambia anche il significato delle parole. Al punto che un sostantivo comune può prendere l’iniziale maiuscola quando viene ad assumere un significato ben preciso, per solito legato ad un fatto di tutto rilievo. Prendiamo ad esempio la lettera “r” che diventa “R” nelle parole Resurrezione, Rinascimento, Risorgimento: eventi talmente noti che non occorre aggiungere altro.

La Resistenza festa nazionale

C’è ancora una parola con la stessa lettera iniziale “r” che ha subito lo stesso processo e guarda caso si riferisce ad un avvenimento che ricorre proprio oggi 25 aprile: questa parola è Resistenza, assurta addirittura a Festa nazionale. Ebbene, trascorsi 75 anni, questo anniversario non ha ancora il medesimo significato per tutti gli Italiani. Preponderante è sicuramente la parte della popolazione che festeggia, identificandosi il 25 aprile con la Festa della Liberazione, liberazione dell’occupazione tedesca e fine della guerra, anche se questa sarebbe stata proclamata ufficialmente il successivo 8 maggio (scenario europeo).

Il dramma della guerra e il dopo guerra

Va ricordato infatti che a seguito dell’armistizio con gli Alleati, da quel fatidico 8 settembre si scatenò in Italia un conflitto ancora più doloroso, la guerra civile. Come non bastassero le centinaia di migliaia di soldati caduti in combattimento, le stragi sotto i bombardamenti e i patimenti di un’intera popolazione alla fame, si aggiunse da quel giorno una guerriglia all’insegna di feroci rappresaglie che coinvolse non solo i combattenti armati ma anche intere famiglie inermi su entrambi i fronti opposti: i Partigiani al fianco degli Alleati contro i Repubblichini fedeli ai Tedeschi. La Storia ha decretato, dopo ulteriori diciannove mesi di sangue, la parte che ha vinto e cosa ha significato quella vittoria: la fine del regime nazi-fascista e col ritorno della pace la riconquista delle libertà democratiche, e di lì ad un anno la proclamazione della Repubblica.

C’è una “guerra” mai del tutto terminata

Purtroppo la Storia stabilisce le date ufficiali, ma nella vita quotidiana la guerra non è proprio finita in quell’aprile lontano. Per molto tempo a seguire si sono consumate ritorsioni e vendette per i soprusi brucianti subiti da entrambe le parti prima e dopo l’otto settembre.

Ancora peggiore sul piano della razionalità è la guerra ideologica che, nonostante l’evidenza dei fatti, si porta avanti da allora in nome di nostalgie aberranti per regimi totalitari che si sono macchiati di orrendi crimini contro l’umanità. Per questo la Festa della Resistenza tutt’oggi, trascorsi 75 anni, è la festa di una parte, per fortuna di una parte largamente preponderante di Italiani che hanno fatto propri i grandi valori della Resistenza: la libertà, la difesa dei diritti dell’uomo, la condanna di qualunque discriminazione razziale e xenofoba. Valori difesi e pagati col sacrificio della vita in battaglia, in anni di prigionia, in mutilazioni e malattie croniche. La libertà che si è guadagnata anche la gente comune che ha salvato rifugiati e perseguitati di ogni sorta, mettendo a rischio l’incolumità propria e dell’intera famiglia senza nulla chiedere in cambio.

La libertà riconsegnata

Noi che siamo venuti dopo dovremmo solo ringraziare e difendere questa libertà riconsegnataci come valore fondamentale della vita da onorare non solo il 25 aprile, bensì ogni giorno ed in ogni atto della nostra esistenza. Perché la libertà è sempre in pericolo, in particolare quando circolano persone che vogliono che tu la pensi come loro. Abbiamo molti esempi attuali di questi personaggi, in Italia e sparsi per il mondo, nomi ben noti su cui è bene tacere per non rendere loro troppo onore.

Il nuovo nemico virale

A mettere in discussione la nostra libertà individuale ci prova e ci sta riuscendo da due mesi a questa parte un nemico invisibile per quanto è piccolo: ma talmente potente da costringerci a stare chiusi in casa. A pensarci bene questa libertà negata è ben poca cosa, dal momento che il divieto di uscire impedisce solo (si fa per dire) di condurre la vita di relazione di sempre ed è un provvedimento temporaneo, teso a prevenire le possibilità di contagio. Purtroppo non sarà facile sconfiggere questo Corona virus che imperversa nel mondo intero e, al pari delle guerre, non guarda in faccia nessuno, accanendosi – chissà perché? – sui più deboli e sui più poveri. Tanto che qualcuno ha richiamato l’aspra lotta e l’auspicata vittoria sul virus alla Resistenza.

La Responsabilità

Al di là dell’incongruenza sul raffronto trai i protagonisti di questa guerra mortale – da una parte il virus e dall’altra vittime del tutto ignare della sorte che le aspetta – c’è una parola che parola che accomuna questa vicenda ad ogni evento nefasto, una parola che guarda caso comincia con la lettera “r” ma che non correrà mai il rischio di diventare “R” maiuscola. Questa parola è responsabilità, parola che in questo giorni rimbalza di bocca in bocca, a qualsiasi livello, ma nessuno se la vuole per sé, neppure starle vicino. Da quel 21 febbraio del primo caso di Codogno, quando il virus ha fatto la sua comparsa in Italia, si contano ad oggi 25 aprile quasi 26.000 morti con lutti e sofferenze indicibili, uno sconquasso economico già in atto e conseguenze sociali difficili solo da immaginare.

Rimbocchiamoci le maniche

Cosa succede in questa Italia invece di rimboccarsi le maniche? Tutti a dissertare perché è successo quello che mai avrebbe dovuto succedere, a proporre rimedi, decretare colpe e a sentenziare condanne. Qualcuno deve aver capito che la libertà permetta a tutti di dire tutto e il contrario di tutto, mentre la responsabilità di sicuro resterà in mano a quei pochi che non riusciranno in tempo a passare il cerino.


La Redazione

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