Pistoia, Personaggi e Interpreti  |  agosto 17, 2019

A Piazza, sulla Statale 66, quella volta che Fausto Coppi finse un malore

Il racconto di una storia sconosciuta: protagonista, stavolta in negativo, il grande campione di ciclismo. Il fatto risale al Giro di Toscana del 1953, valido come campionato italiano. Gli accordi pre gara fra il macellaio del paese Livio Fagioli e il massaggiatore di Coppi. Quindi la sceneggiata: il disturbo di stomaco, l'assistenza nella casa di Piazza, il ritiro dalla gara, poi vinta da Bartali. Alcuni mesi più tardi il pacco dono natalizio come ricompensa: una bicicletta, una maglia da corsa e una lettera di ringraziamento

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Un ricordo curioso e “semiserio” del campionissimo Fausto Coppi legato ad un episodio che risale a 66 anni fa, durante una gara ciclistica  sulla statale 66, la via Modenese, nella piccola frazione di Piazza. Ce lo racconta un abitante di quel paese, Vallero Fagioli, grande appassionato di ciclismo come il padre Livio, che di quel fatto fu il protagonista principale.

 

PIAZZA (PISTOIA) – Ho sempre abitato a Piazza, lungo la SS 66, l’antica Strada Regia, strada voluta dal Granduca Piero Leopoldo per collegare Firenze a Modena. Livio, mio padre, era un grande appassionato di ciclismo, sport praticato in gioventù; divenne poi uno dei punti di riferimento del movimento ciclistico toscano del dopoguerra, insomma in casa si mangiava pane e ciclismo.

In casa pane e ciclismo

Aveva un’abilità fuori dal comune per scoprire e valorizzare giovani talenti, tra questi il più famoso fu Loretto Petrucci, atleta di grande classe, caratterizzato da un carattere ribelle che male si adattava alla disciplina necessaria in uno sport come quello della bicicletta.

In casa Fagioli dal 1946 fino agli anni Settanta furono ospiti fior di ciclisti professionisti: Bartali, Bini, Albani, Minardi, Pezzi, Drei, Volpi e per finire Francesco Moser, solo per citarne alcuni.Tra questi merita una citazione a sé Alfredo Martini, con il quale la mia famiglia instaurò una amicizia fraterna, solida e duratura, amicizia che si prolungò con me e mio fratello anche dopo la scomparsa dei nostri genitori e durata fino alla sua morte.

L’incontro ravvicinato con Coppi

In questo clima non potevo che salire su una bicicletta da corsa e cimentarmi nelle competizioni, cosa che feci in seguito, ma la scintilla, direi la fiammata, scoccò dopo il mio incontro ravvicinato con Fausto Coppi “Il Campionissimo”.

E’ il giugno del 1953, siamo a pochi giorni dalla disputa del XXX Giro ciclistico della Toscana, prova unica per l’assegnazione della maglia tricolore di Campione Italiano, che si corre il 24 giugno, il giorno di San Giovanni, la festa dei fiorentini.

La corsa, proveniente da Lucca, alla Lima si immetteva sulla SS 66 e dopo avere valicato il Monte Oppio scendeva verso Pistoia, transitando da Piazza.

Sarebbero stati presenti i migliori ciclisti italiani, tra cui Coppi e Bartali ed i pistoiesi Petrucci, Soldani, Biagioni, Simoni, Vitali, essendo la gara valida come selezione per il Tour de France.

La vigilia del Giro di Toscana

Durante l’antivigilia agonistica della gara mio padre fu raggiunto da una telefonata con la quale veniva informato che il giorno successivo, nel tardo pomeriggio, sarebbero arrivati a casa sua, in rappresentanza della Bianchi, la squadra di Fausto Coppi, Giovanni Tragella e Giuseppe ” Pinella” De Grandi, rispettivamente direttore sportivo e capo meccanico della squadra biancoceleste: mio padre aveva avuto modo di conoscerli entrambi in occasione delle trattative per il passaggio di Petrucci e Martini alla Bianchi.

L’incontro con gli emissari di Coppi

E così avvenne. Dopo i convenevoli di rito passarono senza indugi al motivo di quello strano incontro: Fausto Coppi, reduce dalla vittoria al Giro d’ Italia da poco concluso, non avrebbe voluto partecipare al Giro della Toscana, in quanto aveva pianificato tutta l’attività in vista del mondiale, ma non se l’era sentita di dire di no ad un ingaggio di 600.000 lire (siamo nel 1953) cifra che gli avevano proposto gli organizzatori pur di averlo al via. Alla luce di quanto sopra, avrebbe sì inserito quella partecipazione nel programma di allenamento, con l’intenzione però di non portarla a termine.

Il “piano” per non correre la gara

Quindi fu predisposto e pianificato questo: nella seconda metà del percorso, che si sarebbe svolto per oltre 250 chilometri, prima di affrontare la salita di San Baronto, Coppi si sarebbe ritirato simulando un malore proprio di fronte a casa nostra, dove mio padre avrebbe dovuto accoglierlo per proteggerlo dalla curiosità e dagli slanci del pubblico.

I due raccomandarono a mio padre la massima riservatezza. Mio padre informò della cosa solo la mamma, escludendo dalla faccenda sia me che mio fratello, sicuro che non saremmo stati in grado di tenere la bocca cucita di fronte ad un avvenimento di tale portata.

Il giorno della gara

Arrivò il 24 giugno del 1953 con i fiorentini in festa per San Giovanni e …Gino Bartali.

Fausto Coppi, al via, è oggetto di insulti, provocazione e perfino minacce che, come vedremo, verranno abilmente strumentalizzate dalla squadra Bianchi per rendere ancor più credibile la “sceneggiata” pianificata in tutti i suoi risvolti in casa Fagioli a Piazza.

Il transito dei ciclisti da Piazza

 Coppi transita da Campopiano

E’ una giornata grigia, piovosa e fredda, nonostante il calendario dicesse che da tre giorni eravamo in estate… Nel primo pomeriggio prime avvisaglie del transito della corsa da Piazza, con alla testa la carovana pubblicitaria e le prime auto e moto dell’organizzazione; tra le quali una anonima Fiat 1100 che si ferma in prossimità di casa mia.

Dall’auto, alla chetichella, scende Biagio Cavanna, il massaggiatore cieco di Coppi. Accompagnato dal conducente della vettura bussa alla porta e si presentò con questa frase: “Buonasera Signor Fagioli, sono Cavanna, sono qui per ciò che è stato concordato tra lei e Tragella”. Poi, aiutato dall’accompagnatore, si sedette a bordo strada, di fronte alla casa.

Quindi transitano i corridori.

La simulazione di Coppi

Coppi, riconosciuto Cavanna, lascia sfilare il gruppo dei migliori, scende dalla bici simulando forti dolori di stomaco. L’accompagnatore, come da copione, sorreggendo Coppi chiede a mio padre se era possibile farlo entrare in casa per prestargli assistenza, cosa che avviene.

La scena fu così convincente che successivamente la stampa e la radio ne diedero conto nelle cronache del dopo gara.

La ripartenza del campione da casa Fagioli

In contemporanea di fronte a casa si era fermata una delle imponenti cabriolet Bianchi “ammiraglie ” della squadra ciclistica milanese.

Poco dopo, con indosso una tuta celeste con la scritta Bianchi, Coppi dopo un breve saluto e ringraziamento, uscì velocemente, schivando molti tifosi che si erano radunati, sali sull’Ammiraglia che subito partì.

Intanto Bartali vinceva la gara…

Nel frattempo, a Firenze, e più esattamente al Velodromo delle Cascine dove era posto il traguardo, giunse per primo un acclamatissimo Bartali che con quella vittoria divenne Campione Italiano.

Le accuse del massaggiatore ai tifosi “bartaliani”

Nei giorni successivi il giornalista Giardini, capo redattore della Gazzetta dello Sport, in una intervista a Coppi ed ai vertici della Bianchi chiese approfondimenti sul malore che lo aveva costretto al ritiro e fu proprio Biagio Cavanna a cavalcare abilmente l’ostilità del pubblico toscano, ed in modo speciale fiorentino, nei confronti di Coppi, affermando che il malore non era stato causato da una borraccia di acqua gelata, come ipotizzato da più parti, bensì “dalla paura” provata la mattina alla partenza e durante il percorso a causa delle continue provocazione e minacce dei “bartaliani”.

Screzi fra fratelli

Ma torniamo a me: quel giorno vi confesso rimasi deluso: mi aspettavo che Coppi mi regalasse almeno la maglia sporca che si era tolta, delusione accresciuta da mio fratello – io “coppiano” lui “bartaliano” – che non disdegnava di affondare il coltello nella piaga dicendomi: “Hai visto il tuo campione, se n’è andato da casa nostra solo con un grazie”.

Poi la delusione passò, lasciando il posto all’orgoglio di avere avuto ospite in casa un grande campione.

Il “pacco” da Milano a casa Fagioli

Poco prima di Natale, una mattina un corriere postale con il suo camion si fermò di fronte al negozio di macelleria del babbo, per scaricare e consegnare un pacco abbastanza voluminoso proveniente da Milano; grande fu la sorpresa di mio padre che affermò di non avere ordinato nulla, tanto meno dalla città lombarda.

La risposta del “procaccia” fu perentoria: “Se lei è Fagioli Livio, lei è il destinatario, inoltre non c’è nulla da pagare”. Fui io a prendere il pacco e portarlo nel retro del negozio; lo aprii e con grande stupore vidi che il contenuto del pacco era una fiammante bicicletta “Bianchi ” da corsa nella sua arcinota livrea celeste.

Alla bici erano attaccate due buste, una grande contenente una maglia da corsa biancoceleste e una più piccola, indirizzata a mio padre con una lettera, scritta da Fausto Coppi, di ringraziamento e di auguri di Buon Natale per tutta la Famiglia.


La Redazione

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