After all is basketball  |  maggio 13, 2019

Pistoia Basket, il timore di una salvezza inattesa

Si chiude con l'ennesima sconfitta una stagione da dimenticare. Ma la retrocessione meritata sul campo ed evitata per problemi altrui (la penalizzazione di 8 punti di Torino) apre adesso scenari imprevisti. Non si riparte dalla rifondazione in Legadue2 ma ancora dalla massima serie. E adesso? L'autoretrocessione? Non ci sarà (anche se qualcuno ci ha pensato). Nel prossimo campionato le retrocessioni saranno due e i club forti sempre di più con le promozioni in arrivo. Evitiamo capri espiatori di comodo. La piazza si aspetta un cambio di passo reale: è il momento del coraggio

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Si è chiusa con l’ennesima sconfitta 73-88 con Avellino al Palacarrara la terribile stagione del Pistoia Basket, retrocesso ampiamente sul campo (12 punti complessivi, 5 vittorie + una a tavolino) e salvato in extremis per le beghe altrui, cioè la pesante penalizzazione di Torino. Ieri è andato in scena solo l’ultimo capitolo, in un’atmosfera surreale, con la contestazione di buona parte del pubblico e l’abbandono della Baraonda Biancorossa dopo il primo quarto (come testimonia la foto in homepage) e gli ultimi istanti del match con in campo quasi solo giovani, gli unici che hanno raccolto un po’ di applausi finali. La cronaca della gara ha poco senso, per gli amanti delle statistiche ecco il link del sito della Legabasket. Al contrario del solito anticipiamo la consueta rubrica settimanale dedicata al mondo del basket biancorosso di Luca Cipriani.

 

PISTOIA – Si è dunque chiusa la stagione probabilmente più agghiacciante dell’intera storia della palla a spicchi pistoiese, certamente la peggiore del capitolo biancorosso. Contrariamente ad ogni possibile previsione, siamo salvi. Non voglio spendere nemmeno una parola per la partita più brutta ed inutile dell’anno, mi interessa invece provare a decifrare quello che potrà succedere nei mesi che verranno.

La premessa doverosa

Non ho una formazione giustizialista e non amo il tintinnare delle manette, ma una cosa in premessa va detta. La nostra dirigenza ha accumulato un errore via l’altro – tra un attimo ci arrivo – ma, almeno fino a prova contraria, nessun organo di controllo ha avuto da ridire o segnalare circa mancanze, errori o particolari affanni nei pagamenti. Comunque la si voglia vedere, non è cosa da poco. Quello messo in moto da altri – Torino certamente, altre piazze non saprei dire – è un meccanismo bislacco che, di fatto, falsa in partenza anche il risultato sportivo finale. Insomma, premesso il doveroso – e ormai stucchevolissimo – abbraccio fraterno ad una tifoseria che non ha colpe, è giusto ritrovarsi improvvisamente salvi e giocare nuovamente la massima serie. Lo ripeto, è sacrosanto ed è ridicolo sostenere il contrario, a meno che non si voglia fingere che non vi sia differenza sostanziale se dalla panchina esce Poeta piuttosto che Martini, oppure se la squadra è guidata da Ramagli piuttosto che da un hall of famer come Larry Brown. Altrimenti si scherza.

Il terremoto finale

Detto questo, abbiamo un problema. Per meglio dire, noi tifosi siamo tutto sommato soddisfatti, in un attimo abbiamo abbandonato quella logica razionale che, ormai da qualche tempo, ci aveva sostanzialmente fatto accettare la retrocessione per farci travolgere dalla voglia matta di sfidare la Fortitudo, Roma, Milano, Brescia, Cantù e tutto il resto della compagnia. In dirigenza, invece, questo terremoto è probabilmente motivo di grande preoccupazione.

La prossima stagione: un bel grattacapo

Questo scossone, infatti, non solo ha stravolto i piani che inevitabilmente si erano già cominciati ad abbozzare in ottica retrocessione, ma soprattutto ha posto il problema di come riuscire ad affrontare una nuova stagione che, salvo clamorose sorprese, non sarà tanto diversa da questa appena conclusa. Un bel grattacapo.

Autoretrocessione? Valutata ma non succederà

Non è un mistero, infatti, che una riflessione seria su come sia meglio muoversi sia sul tavolo. Vi prego, prima che qualcuno mi chiami per sapere chi mi ha detto cosa, la possibilità di valutare un’autoretrocessione è stata sostanzialmente raccontata al bar del palazzetto – presenti, oltre a me, un paio di amici – da un dirigente di sicuro peso, che ha comunque tenuto a farci capire che non succederà.

L’anno prossimo le retrocessioni saranno due

La questione è nota, il campo ha emesso un verdetto chiarissimo ed è evidente che facciamo ormai troppa fatica a tenere il passo delle altre squadre. Il fatto che 2 delle 3 neo promosse siano due piazze importanti non aiuta a recuperare fiducia, soprattutto considerato che l’anno prossimo ci saranno due retrocessioni. Infine, l’ho già scritto diverse volte, anche con un budget più che dimezzato giocare 2-3 stagioni di basso profilo in LegaDue ci permetterebbe di sanare tutti i conti, a quel punto il tentativo di salire nuovamente in A1 avrebbe ben altri presupposti.

Al contrario, la prossima stagione nella massima serie si presenta come un probabile anno di lacrime e sangue, senza soldi da investire e, oggi come oggi, è sinceramente difficile sperare in un esito troppo diverso da quello della stagione appena finita.

Per come la vedo io, al netto di tutte queste considerazioni, pensare seriamente di autoretrocedersi è pura follia. Sul piano comunicativo, infatti, non è chiaro come lo si potrebbe raccontare alla piazza. Non sarebbe certamente facile spiegare le logiche di fondo di una società che investe, passa al 6+6, cambia mille giocatori, cambia allenatore e poi, dopo che il destino le ha regalato la salvezza, scende di categoria per propria decisione. Impensabile.

Serve un nuovo inizio

Dunque, il punto è solo uno, ovvero quello di trovare il modo di far sì che questa salvezza inattesa sia l’occasione per un nuovo inizio e non divenga un enorme chiodo sulla tomba della pallacanestro a Pistoia. L’unica possibilità per ripartire, l’ho già scritto mille volte e mi ripeto ancora, è quella di non concedersi il lusso di fingere che non sia successo nulla. Non si può fingere che questa stagione non sia stata costellata da clamorosi errori di valutazione. Non si può nemmeno sparare nel mucchio, ma è necessario una buona volta fare un serio esame di coscienza per fare scelte dolorose. La questione non è più rimandabile e va affrontata di petto una volta per tutte.

Coraggio e cambio di passo

Vi prego, però, nessuno ci prenda in giro, non è certamente Stilli il problema. Sacrificare Michele significherebbe simulare un cambiamento che nasconderebbe però un immobilismo sostanziale. Sarebbe, mi sia concesso, una presa per i fondelli. La piazza si aspetta un cambio di passo reale, è il momento del coraggio. Staremo a vedere.

Le immagini

 

Le immagini del servizio sono di Sara Bonelli


La Redazione

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