In un clima sempre più di caccia alle streghe, l’ultimo “demonio” individuato dai mass media e messo in bocca al grande pubblico sembra essere ormai diventata la “plastica” in grado di invadere il mondo distruggendolo, intossicandolo, contaminandolo a tal punto da entrare a far parte della catena alimentare. Fino a uccidere.
Mi è stato chiesto cosa ne penso, occupandomi un po’ della cosa dal punto di vista professionale. Sono un ricercatore dell’Università e seguo il mondo delle plastiche, o meglio, dei polimeri, ormai da qualche decina di anni.
L'”invasione” della plastica
Il problema dell’invasione della plastiche c’è. E’ fuori da ogni dubbio. Negli anni la sua presenza è diventata ubiquitaria, tanto da far definire a qualcuno il nostro periodo storico come “l’era della plastica”. Ma è l’obiettivo della demonizzazione a essere sbagliato, tanto per cambiare. Già sulla parola “plastica” andrebbe aperta una parentesi, per capire cosa sono davvero le plastiche, visto che a questa categoria appartengono una varietà di materiali anche piuttosto differenti tra loro per caratteristiche e prestazioni. Ma lasciamo perdere. Si rischia di entrare in discorsi un po’ troppo complessi per questi tempi.
Usiamo la plastica (i polimeri) da sempre
Il punto è che noi conosciamo e usiamo le plastiche, o meglio i polimeri, da sempre. Si pensi al cotone, alla seta, al caucciù ecc. Ma abbiamo imparato a conoscerli, in modo approfondito, sintetizzandoli, modificandoli, costruendoli “pezzo per pezzo” (monomero per monomero) solo da pochi anni (gli inizi del ‘900, meno di un secolo). Arrivando a realizzare, tra l’altro, la plastica. In questo arco di tempo li abbiamo capiti, abbiamo scoperto molte loro proprietà che non conoscevamo. Altre come la biodegradabilità, la compostabilità, la capacità di condurre elettricità o quella di assumere forme a comando (“Shape Memory Materials”) pensavamo che non le potessero avere o potessero averle solo in rari casi. Per poi scoprire, con fatica, attraverso lo studio, la ricerca, che sono invece ottenibili. Basta capire come fare. Come recita un adagio popolare: “tutto è facile… quando lo si sa fare!”.
Quante vite ha salvato la plastica?
Ed ecco allora una domanda che faccio spesso ai miei studenti, quei pochi che sopportano i miei discorsi: “Avete mai provato a chiedervi quante vite ha salvato la “plastica” in questi anni? Riuscite a immaginarvi, oggi, una sala operatoria di un Ospedale senza la plastica? Di cosa sono fatte le sacche per il sangue, le siringhe, i guanti sterili usati dai medici, i rivestimenti dei computer e dei tanti strumenti salva-vita, gli stant cardiovascolari, tante protesi dell’anca, del seno, gli occhiali, le stesse lenti a contatto ecc.? E gli imballaggi per il trasporto e la conservazione dei medicinali da dove pensate che vengano?”
Manca la cultura del corretto utilizzo
E allora? Dove sta il punto direte voi? Il punto sta nel fatto che con molto bigottismo e ben poca lungimiranza stiamo arrivando a demonizzare una risorsa, che l’uomo si è conquistato, con molta fatica e alla quale ci sono poche alternative. Perché il problema non è tanto il materiale in sé, che ha caratteristiche inimitabili e quando usato in modo corretto mostra vantaggi straordinari: dal punto di vista dell’Uomo, dell’Energia e dell’Ambiente.
Il problema sono tutte quelle abitudini sbagliate con cui si è deciso di sfruttarlo senza voler creare una vera e propria “cultura/educazione” sul modo corretto di impiegare una risorsa straordinaria che abbiamo oggi tra le mani.
L’uso eccessivo
Il problema, come spesso accade, è nell’eccesso. L’uso eccessivo e indiscriminato delle risorse è sempre un problema. Che siano esse di tipo materiale, animale o umane. Specialmente se a basso costo e facilmente lavorabili. Perché tutto può essere tossico. Pure l’acqua, se usata in modo eccessivo, diventa tossica. Si pensi a come nel Medioevo venisse impiegata in quanto mezzo di tortura.
Altro aspetto del problema poi è una larga dose di cialtroneria da parte di chi getta una busta di plastica nel bosco, in terra o in mare perché assuefatti all’idea dell’”usa e getta”, una pratica che per anni ci è stata propinata come un normale comportamento, quasi una necessità, non prendendo minimamente in considerazione le conseguenze drammatiche che questa prassi ha avuto e ha sull’ambiente che lo circonda. Ma questo vale per tutti i materiali. O pensiamo forse che il vetro, un pezzo di metallo o una semplice lattina degradino in modo più rapido di un pezzo di plastica?
Come usare i materiali e come riciclarli
In altre parole, il problema delle plastiche c’è! Nessuno vuole negarlo. Anzi. E va affrontato. Subito! Ma non è il materiale in sé quanto l’uso scorretto che ne abbiamo fatto fino ad ora, legato ai soli temi del profitto economico e della comodità. E’ chiaro che certe immagini come quella della tartaruga marina imprigionata in una rete di plastica, non vorremmo più vederle. Ma se avessimo utilizzato un altro materiale per realizzare quella rete e abbandonarla in mezzo all’oceano anziché la plastica, il problema sarebbe stato lo stesso!
Dovremo perciò iniziare a porci il tema di come usare, i materiali, dove e quando. A come riciclarli. Al loro impatto sull’ecosistema. Quello che in linguaggio scientifico viene definito “Life Cycle Assessment” (analisi del ciclo di vita). Evitando magari usi come le bustine usa e getta presenti nei supermercati, un vero e proprio non-senso per spreco di materia ed energia (anche quando spacciato per biodegradabile).
Un tema per il futuro
In conclusione, il problema va affrontato in modo serio, ponendo in discussione un modello di sviluppo che guardi all’essere umano non come un qualcosa di separato dalla Natura e volto solo al suo consumo, ma integrato con essa. E per questo desideroso di rispettarla, conservarla, proteggerla.
Anche perché il tema delle plastiche, con tutti i loro derivati (micro- e nano-) è solo uno dei temi che ci troviamo e ci troveremo ad affrontare d’ora in poi. Gli strumenti di analisi e monitoraggio sono, per fortuna, sempre più sensibili. Ciò che oggi riusciamo a determinare e monitorare, grazie ai progressi in campo scientifico, è sempre più dettagliato e approfondito. E il futuro ci presenterà perciò presto molte altre amare sorprese.