PISTOIA – Una fascia di protezione territoriale nelle zone abitate dall’utilizzo di sostanze potenzialmente pericolose e un’indagine epidemiologica sulla popolazione residente a Pistoia e dintorni. Sono queste le due principali richieste del Circolo Legambiente Pistoia, spiegate nel corso di una conferenza stampa questa mattina (martedì 12 marzo), e poste al tavolo istituzionale sull’ambiente del quale fa parte anche la stessa associazione insieme a Regione, Provincia, Comune, Usl, Arpat, Distretto vivaistico e Istituto Sant’Anna di Pisa. Altrimenti? Altrimenti Legambiente abbandonerà quel consesso. “Se gli obiettivi si raggiungono è nostro interesse rimanere e dare un contributo – ha spiegato il presidente Antonio Sessa -. Altrimenti non potremo che lasciare quel tavolo”.
Lo sforamento dei limiti inquinanti
Questi, insomma, sono i paletti posti dagli ambientalisti, soprattutto dopo i dati emersi da un’indagine condotta da Arpat che conferma lo sforamento, per il secondo anno consecutivo, dei limiti di inquinamento nelle acque superficiali del territorio provinciale pistoiese. “Gli esami parlano di una presenza di glifosato quattro volte più alta della media regionale e tre volte di quella nazionale – ha sottolineato Sessa – e il glifosato è cancerogeno secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Oltretutto se ne usa troppo e male”. Sui suoi effetti reali, però, si sa ancora poco. “Non ci sono dati certi, non esiste peraltro un registro dei tumori – ha aggiunto Sessa – Siamo preoccupati, però, perché da fonti sanitarie sembra proprio che alcuni tipi di patologie tumorali siano in continua crescita”. E poi non c’è solo il glifosato, ovviamente. “E’ il mix di prodotti chimici utilizzati che fa paura e deve essere controllato”.
Vogliamo l’accordo ma servono passi avanti
Insomma, Legambiente vuol dare il proprio contributo ma pone alcuni paletti. “Non siamo talebani dell’ambientalismo, abbiamo scelto, a differenza di altre associazioni, di interloquire con le istituzioni e il vivaismo perché è l’unico modo per trovare un accordo, anziché andare avanti con guerre continue – ha aggiunto il presidente dell’associazione -. Il vivaismo è un settore che occupa 6000 persone circa e in quel mondo abbiamo visto anche persone che iniziano a mostrare attenzione per certi temi. Però si devono fare altri passi in avanti. A cominciare dal lavoro del tavolo istituzionale che non viene convocato addirittura da dicembre scorso”. Un richiamo, questo, indirizzato soprattutto alle istituzioni, alle quali Sessa pone altre richieste: alla Provincia di non aumentare ancora le aree destinate al vivaismo, alla Regione di commissionare all’Ars uno studio sugli effetti sulle persone dell’uso di certe sostanze.
Il vivaismo diventi simbolo di tutela ambientale
“A nostro avviso – ha concluso Sessa cercando di ribaltare la visione tradizionale che si ha della materia – il vivaismo pistoiese dovrebbe diventare un simbolo nazionale se non europeo di sensibilità ambientale, ottenendo anche fondi specifici dalla stessa Europa“.