Una Montagna di Parole  |  gennaio 29, 2019

La veglia del tempo che fu. Un rito che aggregava le famiglie

Momenti magici che avevano un che di religioso: si ripetevano i gesti e i detti dei padri, presente e passato diventavano una cosa sola. La parola deriva dal latino vigilia e significa lo “stare svegli”, anche nelle sere che precedevano una particolare solennità sacra

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La Veglia nella stalla (da "Strada dei vini e dei sapori dei Colli di Forlì e Cesena")

Durante questi lunghi mesi invernali, prima dell’avvento della televisione, che per certi versi ha reso l’uomo un asociale inchiodato alla poltrona di casa, s’andava a veglia. Era una specie di rito che aggregava le famiglie. Intorno al foco si raccontavano fatti quotidiani, storie vere o inventate, aneddoti e si confidavano pene, gioie e progetti di vita, in un’atmosfera di complicità semplice e intensa. Lo sfriggolìo della legna che bruciava nel caminetto o il calore morbido della stufa facevano da testimoni ad un parlare fragile, quasi sussurrato e intercalato da lunghi silenzi.

Momenti magici

Molti come me, ahimè non più tanto giovani, ricordano senza alcun dubbio quei momenti magici che avevano un che di religioso; si ripetevano i gesti e i detti dei padri cosicché il presente e il passato diventavano una cosa sola e costituivano le nostre radici.

Non mi scordo delle lunghe sere invernali quando andavamo a veglia dalla Checca, la moglie del mugnaio di Taviano, e mentre lei faceva i necci per il giorno dopo, ci diceva di quello e di quell’altro, della farina dolce, com’era venuta, o di come stava andando la stagione, con una voce calda, serena che poche altre volte ho udito nella mia vita. In quella cucina dai muri affumicati si incontravano non solo persone, ma anime intente a raccontarsi.

La parola deriva dal latino vigilia

E non è blasfema l’allusione alla religiosià di quei momenti, perché la parola “veglia” deriva dal latino vigilia e significava lo “stare svegli”, anche nelle sere che precedevano una particolare solennità sacra. Erano le cosiddette “veglie” di preghiera.


Maurizio Ferrari

Maurizio Ferrari, sambucano di origine, ha insegnato Lettere per 38 anni nelle Scuole superiori pistoiesi. Ora è imprenditore agricolo e si sta impegnando nella promozione e nel rilancio del territorio appenninico come Presidente dell'Associazione "Amo la montagna APS" che si è costituita nel 2013 e che ha sede a Castello di Cireglio.Ha collaborato per 25 anni alla rivista "Vita in Campagna", del gruppo "Informatore Agrario". Recentemente ha pubblicato alcune raccolte di racconti ispirati alla vita quotidiana di Sambuca, dal titolo :"Dieci racconti sambucani"; "La mia Sambuga" e "Cuori d'ommeni e di animali", nonché una favola per bambini, "La magìa della valle dimenticata" illustrata dagli alunni della scuola elementare "P.Petrocchi " di CIreglio (Pistoia)