After all is basketball  |  ottobre 17, 2018

Pistoia Basket, è tutta “colpa della piazza”…

Sulla netta sconfitta della OriOra con Venezia c'è poco da aggiungere ma i motivi su cui riflettere sono molti. Il capitano Dominique Johnson dov'è stato finora? In panchina abbiamo cinque italiani e sono tutti giovani “scommesse”: ce lo possiamo permettere? Siamo sicuri di poter andare avanti senza un “lungo” vero? E poi c'è il capitolo dell'ex presidente Maltinti che punta il dito sul calo degli abbonamenti e la stanchezza presunta della tifoseria. Ma andare al Palazzetto non è un atto di fede: forse serve una politica che attragga nuovi appassionati. E, soprattutto, nuovi sponsor

di

Tempo di lettura: circa 8 minuti
La coreografia di domenica scorsa della Baraonda Biancorossa

PISTOIA – Niente via, non c’è niente da fare. Questa cosa di pubblicare il pezzo nella giornata di mercoledì è la mia personalissima croce e delizia. Da un lato, infatti, ho tempo per digerire ed elaborare le gioie ed i dolori della domenica, dall’altro spesso capita che, nel bel mezzo della stesura, giungano all’orecchio dichiarazioni ed interviste talmente irritanti da costringermi a cancellare tutto e ricominciare da zero.

Una sconfitta che fa male

Del resto, siamo seri, quanto mi dovrei dilungare sulla partita? Cosa scrivere di originale che non sia stato già detto da tutti? Nello sport le categorie esistono e Venezia è certamente di livello superiore al nostro, tuttavia c’è modo e modo di perdere e quello visto domenica scorsa ha fatto male a tutti, questa è l’unica sintesi possibile di quello che è successo in campo. Bellissima Venezia, capace di mettere in mostra una gran pallacanestro, un gioco per palati fini, anche se certamente aiutata dalla pochezza di una squadra, la nostra, talmente moscia da risultare tanto imbarazzante quanto preoccupante.

Capitano dove sei?

Capitano, ci si sveglia o no? Perché passi pure che nel precampionato gli americani seri passeggiano, passi pure che a Pesaro sei stato condizionato dai falli, ma almeno qualche responsabilità ce la vogliamo cominciare a prendere o no? Magari qualche tiro in più, senza aspettare di cominciare a segnare quando siamo sotto di 30? Se giochi così, caro Dominique, c’è quasi da sperare che a gennaio tu faccia i bagagli, perché costi dannatamente troppo. E poi, che diamine, sei il capitano, salvo una mezza eccezione abbiamo avuti veri e propri guerrieri in quel ruolo. Fuori gli attributi, da subito contro Brindisi perché la partita di Milano non la voglio nemmeno prendere in considerazione.

Mai viste 5 “scommesse” in panchina

Signori dirigenti, che si fa? Ho visto la prima partita che i biancorossi dell’epoca giocavano all’Auditorium, dal lontano 1985 non ricordo di aver mai visto una panchina con così poca esperienza. Ovvio, negli anni ‘90 gli americani erano solo due e quindi di buoni giocatori nostrani ce n’era in abbondanza, ma io mi riferisco solo ed esclusivamente alla panchina. Almeno 2-3 italiani di quelli che entravano a gioco in corso avevano anni alle spalle, minuti giocati ed esperienza, poi il nono ed il decimo erano ragazzini. Mai vista una panchina con 5 scommesse, se la memoria non mi inganna. Che si fa, dunque?

Certo la coperta è corta

Mi si dirà che la coperta è corta. Mi si dirà che, da esterno, non posso capire le difficoltà nell’allestire una squadra. Mi si dirà che i giocatori italiani buoni costano sempre di più, se poi scopri che qualcuno non sarebbe costato nemmeno troppo abbiamo fatto comunque bene a non ingaggiarlo perché non è integro fisicamente. Boh, speriamo sia vero, penserò io. Mi si dirà, infine, che gli sponsor storici fanno anche troppo ed è troppo semplicistico fare i munifici coi soldi degli altri. Tutto vero, soprattutto l’ultima considerazione mi trova perfettamente d’accordo con l’abbondante staff legale difensivo della dirigenza che opera senza sosta sui social.

Serve un “lungo” in tutti i modi

Però, ecco, mi permetto un suggerimento. Invece di preoccuparsi degli accordi tra Pesaro e Milano, invece di promuovere interrogazioni parlamentari sul numero degli abbonati, forse è il caso di prendere un lungo. Di corsa, per giunta. Altrimenti si convoca la stampa e si dice che il nostro budget è questo e che non ci salveremo mai. Si convoca la stampa per dire questo, non per scaricare il barile sulla piazza.

Troppo polemico, troppo nervoso? Certamente sì. Lo so, è presto, siamo solo alla terza giornata e bisogna avere pazienza, del resto io per primo avevo scritto che avremmo dovuto attendere Brindisi per capire di che pasta siamo fatti. Vi giuro, sono d’accordo con voi.

Avrei scritto che…

Liberi di non credermi, nel pezzo che avevo in mente fino a poco fa c’erano solo un paio di considerazioni sulla partita ed po’ di innocente ironia sullo striscione della Baraonda – a conti fatti, involontariamente comico – salvo poi ribadire il senso dello stesso così come lo hanno spiegato Leporatti e soci. Avrei fatto una battuta immaginando i pensieri del Presidente quando ha visto i propri tifosi sognare le F8. Avrei spiegato al buon Ramagli che non deve preoccuparsi, sappiamo tutti cosa siamo e che, quest’anno più che mai, la salvezza avrebbe (avrà) il sapore di uno scudetto. Avrei finito per citare il vecchio saggio Cioppa, che dei ragazzi che cantano a prescindere tesse sempre le lodi. Seriamente, ragazzi, Dio voglia che non vi passi la voglia di tifare, perché probabilmente oggi come oggi il vostro vuoto non sarebbe colmato da nessuno. Questo era, più o meno, il pezzo.

Poi è arrivato Maltinti…

Poi è arrivato lui, Roberto Maltinti. Ora, io prima o poi bisogna entri in sala stampa e faccia una domanda schietta agli amici che scrivono sulle varie testate. Perché lo intervistate? A quale titolo? Sia chiaro, è una domanda provocatoria, non mi sognerei mai di insegnare a nessuno un mestiere che non è il mio. Ma la domanda resta. Se è vero com’è vero che Roberto parla a titolo personale, che ce frega del Maltinti pensiero?

Mi si risponderà, è il numero uno dei tifosi per passione e per attaccamento storico. Perché? Chi l’ha detto? Per la stessa logica, io vorrei conoscere il pensiero della signora Bisin, la mamma di Fabio. Sono serissimo, non credo che per anzianità di tifo ed attaccamento storico ci sia nessuno al palazzo più titolato a parlare di lei, se Fabione mi fa da tramite sarò lieto ed onorato di intervistarla.

Mi si dirà, Maltinti – bene o male – è un dirigente, occupa il ruolo altamente strategico di responsabile dei rapporti con la tifoseria. Di più, è stato presidente. In tutta franchezza, mi ricorda un po’ me stesso ai tempi del torneo di calcetto del liceo, quando iniziavo la stagione come punta centrale e, poi, all’ennesima occasione sprecata, finivo irrimediabilmente a giocare in porta, perché il gioco con i piedi non faceva per me.

L’amarezza dell’ex presidente

Robertone, ti voglio tanto di quel bene e – ogni poco – mi fai talmente incacchiare che a volte mi domando se non sono segretamente innamorato di te. Un’amarezza – la tua – palpabile persino dal tono di voce, ha scritto Alessandro Benigni su Pistoia Sport, la delusione per le 77 tessere del mini abbonamento da dieci partite, l’allarme per il segno di stanchezza della piazza, l’incapacità di spiegarsi il calo di 700 abbonamenti, il solito richiamo all’unità, il classico finale dal vago sapore di ricatto, con il ricordo che senza i nostri tifosi non ci sarà la serie A e che se il ristorante non è pieno difficilmente si potrà andare avanti.

Pensiamo a chi si è abbonato non ai 700 che “mancano”

Che strano, Roberto, io sono talmente ingenuo che pensavo che per restare in serie A fossero innanzitutto necessari punti nelle mani dei giocatori e capacità di attrarre sponsor e di avere un peso nella Lega da parte della dirigenza. Si vede che ho una visione banale delle cose, che ti devo dire? Roberto, ma invece di concentrarti sui 700 che mancano, non si potrebbe spendere due coccole per i 1600 kamikaze che l’abbonamento lo fanno a prescindere? Troppo difficile, immagino.

Il legame un po’ stucchevole passione-abbonamenti

Questa storia della passione che si misura con gli abbonamenti, lasciatemelo dire, ha un poco di fondamento ma finisce per essere stucchevole ed un modo troppo semplicistico di affrontare i problemi. Si potrebbe cominciare a dire, per esempio, che 1.600 abbonati sono un sacco di gente, soprattutto dopo la stagione di Bond e con una squadra che sembra la più seria candidata ad essere il materasso della stagione 18-19. Si potrebbe ricominciare a pensare che andare al palazzetto non è un lavoro, ma ci vogliono dei buoni motivi, se il tifoso non riesce a vederli nella possibilità di vincere bisognerà li trovi in altri aspetti che ruotano intorno alla partita.

Abbonarsi non è un obbligo

Abbonarsi non è un obbligo morale, porca miseria. Conosco appassionati di teatro che passano stagioni intere al Manzoni e poi, quando arriva il cartellone di eventi poco stimolante, restano a casa senza che nessuno si sogni di andare a sgridarli rammentando loro che il Manzoni non è la Scala di Milano. I tifosi sono il primo sponsor? Benissimo, se calano invece di preoccuparsi di bacchettare quelli che si sono disaffezionati si cercano nuovi sponsor, quelli veri, dandogli tanti buoni motivi per venire a frugarsi al PalaCarrara. Roberto, trova il modo di attirare la gente, invece di brontolarla!

Quel che è mancato

Vedi, Roberto, io ho il pass e – a tutti gli effetti – non sono abbonato, con pezzi come questo nemmeno contribuisco alla serenità generale dell’ambiente. Però, ecco, non è colpa mia se in sei anni in cui Pistoia è stata sostanzialmente l’unica realtà della massima serie da Cremona a Pesaro qualcuno non è stato capace di trovare sponsor robusti. Non è colpa mia se il rapporto con Hitachi è durato quanto un gatto in autostrada. Non ero io a dovermi preoccupare di costruire dei rapporti con Venezia o Avellino sulla falsariga di quelli creati tra Pesaro e Milano. Non è colpa mia se sulla pagina facebook del Pistoia basket non è stato scritto un post sulla squadra dal 5 al 13 ottobre, come se a Pesaro non avessimo nemmeno giocato. Non è colpa mia se i tifosi che hanno sottoscritto l’abbonamento da dieci partite solo successivamente hanno capito che, per avere il singolo biglietto in mano, avrebbero dovuto fare una prenotazione a pagamento su VivaTicket. Potrei continuare, mi fermo qui per carità di patria.

Cosa dovrebbe pensare il tifoso medio?…

Vedi, Roberto, ti piace spararle grosse, ma stavolta tu hai invitato il matto alle sassate. Si deve provocare? Benissimo, allora voglio fare una domanda. Ma quel tifoso medio – abbonato o non abbonato non ha importanza – che prima ti ha sentito parlare di autoretrocessione quando te la sei presa con il Comune per la questione della capienza del PalaCarrara, poi ha visto la Lega concedere la deroga per un solo anno e poi vi ha visto costruire una squadra con 5 giovanissimi in panchina – ragazzi che hanno un futuro e che certamente si faranno, sia ben chiaro, ma che oggi danno quello che possono – esattamente, quel tifoso lì, cosa dovrebbe pensare? Quando, dopo aver visto un meno 30 in casa, sente la dirigenza cominciare a prendersela con la piazza, cosa dovrebbe pensare?


La Redazione

Con il termine La Redazione si intende il lavoro più propriamente "tecnico" svolto per la revisione dei testi, la titolazione, la collocazione negli spazi definiti e con il rilievo dovuto, l'inserimento di immagini e video. I servizi pubblicati con questa dizione possono essere firmati da uno o più autori oppure non recare alcuna firma. In tutti i casi la loro pubblicazione avverrà dopo un attento lavoro redazionale.