Le api, termometro dell’ambiente
Le api sono le più attendibili sentinelle ambientali, perciò tener conto delle alterazioni nelle loro abitudini di vita e delle malattie che le portano alla morte significa avere un termometro preciso e a tutto tondo dell’ambiente in cui viviamo anche noi esseri umani. Di conseguenza sarebbe indispensabile che le istituzioni, a tutti i livelli, tenessero in grande considerazione le voci degli apicoltori, che verificano quotidianamente le condizioni di salute della popolazione apiaria.
Il fascino antico delle api
Fin dall’antichità questi laboriosissimi insetti, dotati di un senso sociale particolarmente sviluppato, hanno affascinato l’uomo ed hanno anche ispirato opere letterarie immortali; basta pensare al IV libro delle Georgiche del poeta latino Virgilio (I secolo a.C), interamente dedicato a loro. Non deve, allora, destare meraviglia il fatto che occuparsi delle api significhi ancor oggi prima di tutto passione, ammirazione e dedizione, insomma un trasporto totale di cuore e mente.
La voce di un appassionato apicoltore
E’ questo che sottolinea Evandro Signorini, un nostro conterraneo, abitazione a Tani, mieleria a Piazza, che da 50 anni si occupa di api qui, nella montagna pistoiese, e che si costruisce ancora le arnie da solo, con infinita pazienza e impegno. “La cosa più importante – dice Evandro – è che le giovani generazioni conoscano questo mondo stupendo delle api ed è per questo che mi sto dedicando anche all’attività didattica, con i bambini delle scuole, ai quali cerco di trasmettere la mia esperienza ma soprattutto l’amore che dopo tanti anni mi lega ancora a queste instancabili lavoratrici che ci danno il miele e molto altro”.
La luce che attraversa lo sguardo di Evandro quando parla dei bambini e delle api si smorza nel momento in cui inizia a descrivere l’apicoltura qui da noi. “La situazione è drammatica – continua Evandro – perché in questi ultimi anni la produzione di miele è drasticamente scesa, soprattutto di quello ricavato dalla robinia (cascia). La fioriutura di questa pianta in primavera sembra abbondante, ma a guardar bene i grappoli fiorali sono piccoli e rinsecchiti e non contengono nettare, a causa di stagioni sempre più aride e sbalzi di temperatura specialmente nei mesi di aprile e maggio, quando la fioritura stessa ha il suo culmine. Inoltre le api risentono dell’inquinamento, specialmente da pesticidi e diserbanti, che ne riducono la popolazione attiva. Infatti le api si allontanano dalle arnie anche di 2-3 chilometri e scendono a bere nei corsi d’acqua. E’ facile capire come ogni residuo inquinante venga assorbito dagli insetti e ne provochi l’indebolimento e la morte”.
C’è bisogno di una seria programmazione
Dagli apicoltori non giungono, dunque , notizie incoraggianti, anche perché secondo stime attendibili il calo della produzione nazionale di miele nel 2016 è stato del 70% ; il che ha favorito l’importazione a scapito della qualità del miele che si trova a prezzi dimezzati, rispetto al prodotto nazionale. L’analogia con la castanicoltura è dunque evidente, se nello stesso anno una percentuale analoga di castagne è arrivata dall’estero. E’ evidente, allora, che qualcosa non va , che mancano un monitoraggio ed una programmazione oculata del territorio e delle attività produttive ad esso collegate o, meglio, ciò di cui si sente il bisogno estremo nelle zone periferiche è la presenza fisica delle istituzioni, che sorveglino attraverso l’occhio di competenti, e non di burocrati avvitati alle sedie dei propri uffici, le caratteristiche e i bisogni dell’ambiente in cui viviamo.
L’”Associazione Toscana Miele”
Queste considerazioni vengono confermate da Simone Zarri, vicepresidente di “ Toscana Miele”, una delle tre associazioni di apicoltura riconosciute dalla Regione Toscana. “La nostra Associazione – dice Zarri – è nata nel 1991 e controlla un’area vasta che va dal Livornese a Prato, a Pistoia, fino alla Lunigiana. I problemi dell’apicoltura sono ovunque gravi ed i numeri lo confermano impietosamente. Ad esempio nel territorio pratese e pistoiese, la produzione di miele di cascia è stata mediamente di 35 kg ad arnia, nel 2011,scesa nel 2012 a 7 kg, a 5 kg nel 2014 ed a 8 nel 2016. Come si può capire la riduzione è stata drastica sul nostro territorio, ma le difficoltà dell’apicoltura sono serie in tutta Italia, eccetto in alcune aree circoscritte in cui il microclima è più favorevole”. Servirebbero interventi legislativi. Spiega ancora Zarri: “Occorre una legge-quadro regionale per l’apicoltura, che preveda maggiori controlli per apicoltori hobbisti, spesso sprovveduti, che formi i nuovi apicoltori non con pratiche burocratiche, ma con interventi sul campo da parte di tecnici specializzati, che limiti l’uso di pesticidi e diserbanti. Inoltre anche le Amministrazioni comunali si sono mostrate poco sensibili all’apicoltura e la loro presenza si traduce solo in pratiche da sbrigare, con perdite di tempo e di soldi. Insomma gli apicoltori chiedono competenza e programmazione per un settore così delicato, perché non è più possibile andare avanti con l’improvvisazione e con la noncuranza”.
Il messaggio è chiaro: meno burocrazia e più controlli sul campo, se non si vuole aprire le porte al miele di dubbia provenienza, che costa molto meno, ma che non garantisce la qualità. Molto amara, infine, la conclusione di Simone Zarri : “Dopo tanti anni di attività, non so se nel 2018 continuerò a produrre miele o se chiuderò l’attività”.
Alcune immagini della produzione di miele