L'intervista  |  luglio 30, 2016

“I mezzi di informazione non raccontano la vera montagna”

Intervista allo storico conduttore di Ambiente Italia, che riceverà il premio giornalistico di LetterAppenninica "Paolo Bellucci, a San Marcello, il 6 agosto. Giuseppe Rovera parla della sua trasmissione e del difficile rapporto fra informazione e tematiche ambientali. E quello fra giornalismo e montagna? “I media riferiscono d'inverno soprattutto quel che vogliono sentire gli sciatori, d'estate gli appassionati di arrampicate, feste e sagre. Ma non è la stessa di quella reale, vissuta dai pochi che la abitano ancora tutto l'anno”

di

Tempo di lettura: circa 5 minuti
Giuseppe Rovera, che riceverà il premio Paolo Bellucci a San Marcello, qui in compagnia di Mauro Corona

L’intervista di Mauro Banchi a Beppe Rovera è gentilmente concessa dal settimanale “Toscana Oggi” (in uscita domenica 31 luglio).

Nell’ambito della rassegna “Letterappenninica”, la seconda edizione del premio giornalistico intitolato a Paolo Bellucci, giornalista Rai nativo di San Marcello Pistoiese, viene assegnata a Giuseppe Rovera, storico conduttore di Ambiente Italia. L’appuntamento è alle ore 21 di sabato 6 agosto nella piazzetta Cini di San Marcello (in caso di maltempo, nel palazzo comunale). Conduce Antonello Riccelli, vicepresidente nazionale Ucsi. Qualche domanda a Giuseppe Rovera.

Quale, in Italia, lo stato dell’informazione sull’ambiente?
“Non si può negare che questa informazione sia oggi assai più presente rispetto a qualche anno fa, quando solo catastrofi giustificavano un servizio. Sostenibilità, compatibilità, ecosistema sono termini ormai condivisi dietro cui si snodano visioni nuove di economia e sviluppo: ciò ha contagiato anche il giornalismo.
Sul fronte ambientale l’Italia ha un passato con cui fare i conti e un avvenire tutto ancora da assicurare: da poco abbiamo ricordato Seveso. Ma continuiamo a dividerci sulla pericolosità degli inceneritori, qualcuno insegue tuttora il sogno nucleare mentre ancora non sappiamo dove sistemare le barre dell’eredità della pur breve stagione atomica italiana. E non abbiamo chiuso neppure con gli effetti Eternit: Casale Monferrato vivrà nel 2020 il picco dei morti per mesotelioma, a più di trenta anni dalla chiusura della fabbrica. Siamo, comunque, più consapevoli: fatti e tragedie ci hanno costretti a non voltare del tutto la testa”.

Ma il giornalismo è pronto?
“Il grande rischio oggi, sta nell’ammettere l’evidenza ma nello spostare subito dopo l’attenzione altrove, scegliendo di non scegliere ciò che andrebbe fatto. Per questo c’è bisogno di cronisti attenti, sensibili ai bisogni delle comunità, con una capacità di leggere ciò che accade in chiave di armonia con il Creato.
Poche settimane fa ero a Matera, in un corso formativo: c’era chi opera in grandi testate e chi lo fa in piccole redazioni, ma quasi tutti provenivano da contesti comunque “di nicchia”. Il problema, oggi, è far sì che l’informazione ambientale si integri nella comunicazione quotidiana: del resto, qualunque scelta si faccia ha un risvolto ambientale che non può essere liquidato con una semplice citazione, ma merita di più”.

L’esperienza Rai di “Ambiente Italia” dimostra che su certi temi si possono, senza rinunciare al coraggio della denuncia, fare ottimi ascolti …
Quella di Ambiente Italia è una esperienza unica. Nacque nel 1990, quando la Rai, dopo un sondaggio che evidenziava come i temi ambientali fossero in testa negli interessi degli italiani (ancora fresco era il disastro di Cernobyl), affidò alla Tgr il compito di raccontare il bello e il brutto del Paese con una attenzione alle prospettive di uno sviluppo compatibile. Fu incaricata la redazione di Torino. Si partì da uno studio, poi si scelse di abbandonare il filtro e di mandare il conduttore a giro su problemi, conflitti, iniziative di rilievo. Si tentò, insomma, di rendere anche il più piccolo centro del Paese perno di un dibattito sul futuro della nazione. Così, ad esempio, la microscopica Cacchiamo, frazione di Calascibetta, finì per catturare l’attenzione di un grande critico come Aldo Grasso che riportò sul Corriere della Sera il caso dell’acqua negata in quel luogo dominato dalla mafia.

Quali i temi trattati?
“Ci siamo occupati di tutto: rifiuti, centri storici, periferie, agricoltura, energia, turismo, mari, fiumi, alluvioni, frane. Abbiamo denunciato ed esaltato, coinvolto amministrazioni, imprenditori, sindacalisti, ambientalisti, comitati. Tutti gli “attori” che ritenevamo dovessero dire la loro li abbiamo chiamati, senza paraocchi, senza prese di parte.
Abbiamo cavalcato eventi e proteste, sciagure e grandi feste: il primo Salone del Gusto (c’erano neanche 100 espositori) fino a Terra Madre (tutti in contadini del mondo), i pastori in lotta della Sardegna e gli avvelenati della terra dei fuochi, gli agricoltori del biodinamico e, per rovescio, il gruppo dei dissidenti coltivatori biotech del nord est.
Il nucleare e gli inceneritori, i rifiuti e le carrette dei mari affondate coi loro carichi tossici al largo del nostre coste, l’abusivismo edilizio e le industrie a rischio, le grandi opere. Ma anche le Apuane (fino a che punto continuare a scavare?), l’Amiata della geotermia e delle castagne (ricordo una puntata assai agitata, in diretta, con gli operai Enel schierati pro impianti e molti abitanti esasperati per gli sfregi al paesaggio).
Abbiamo raccontato luoghi e genti, evidenziato problemi e coinvolto esperti per capire meglio e intravedere spiragli di soluzione. Ci siamo rapportati sempre con le grandi organizzazioni ambientaliste. 25 anni così, su e giù per l’Italia, ogni sabato, per 40 puntate l’anno. Con ascolti soddisfacenti, specie fino a quando siamo andati in onda nel primo pomeriggio: sempre oltre il milione di spettatori, talvolta sfiorando il doppio”.

E oggi?
“Oggi la trasmissione è collocata alle 12.55 e ridotta a mezz’ora. Non più in diretta, ma registrata: senza più confronti, ma con bei servizi e l’approfondimento in studio con un ospite di qualità. Una formula diversa, ma gli argomenti restano sempre quelli legati all’attualità”.

Come, dalla sua esperienza, vengono raccontate (o no) le zone montane specie quelle … “non firmate”?
“Nell’informazione ambientale la montagna ha risvolti diversi, ambigui. Si esaltano le vette innevate, i racconti naif, le visioni alla Heidi, il circo bianco, le grandi conquiste. Una montagna che deve divertire, rasserenare, impressionare. Una montagna che rispecchia un Paese diseguale (ricca al Nord, povera al Sud) da sfruttare e spremere, come capita anche sulle Apuane dove è difficile stabilire un limite allo svuotamento con le cave, dove i problemi talvolta spaccano le comunità tra chi vorrebbe raccogliere il maggior profitto a discapito di qualunque prevenzione paesaggistica e ambientale e chi è prudente, vorrebbe più programmazione condivisa, meno prepotenza imprenditoriale”.

Un racconto ingiusto, dunque …
“I media riferiscono d’inverno soprattutto quel che vogliono sentire gli sciatori, d’estate gli appassionati di arrampicate, feste e sagre. Si dà conto delle manifestazioni che attirano turisti, si coglie il passaggio del personaggio. Insomma, la montagna raccontata non è la stessa di quella reale, vissuta dai pochi che la abitano ancora tutto l’anno. E noi giornalisti siamo portati a riferire soprattutto sulla prima, salvo registrare poi la ‘vendetta’ della montagna ferita, riempita di neve artificiale, assediata dalle auto col loro smog, piegata dal cemento”.

A Letterappenninica ci sarà Mauro Corona …
“Ricordo una sua bella intervista. A chi gli chiedeva un raffronto tra l’isolamento delle sue vette e l’Italia delle mille ferite aperte, rispondeva: “Ogni luogo può essere montagna. Chi ci vive, ne è padrone assoluto. E ne preserva la memoria. Vale per la Val di Susa come per Terra dei fuochi e gli altri territori a rischio stupro”.


La Redazione

Con il termine La Redazione si intende il lavoro più propriamente "tecnico" svolto per la revisione dei testi, la titolazione, la collocazione negli spazi definiti e con il rilievo dovuto, l'inserimento di immagini e video. I servizi pubblicati con questa dizione possono essere firmati da uno o più autori oppure non recare alcuna firma. In tutti i casi la loro pubblicazione avverrà dopo un attento lavoro redazionale.