La Romea Strata nasce da una idea di don Raimondo Sinibaldi dell’Ufficio Pellegrinaggi della Diocesi di Vicenza, finalizzata a gerarchizzare sotto un nome unico un sistema di antichi percorsi, in Italia ed all’estero, in grado di raccogliere un grande numero di pellegrini dei paesi del nord, del centro e dell’est europeo per convogliarli attraverso il nord-est italiano verso Roma e verso i percorsi meridionali del Cammino di Santiago di Compostella. Il fine è la rivalutazione delle grandi vie di pellegrinaggio italiane e delle loro infrastrutture di accoglienza sul modello spagnolo, sia per il recupero delle strutture religiose spesso inutilizzate, sia come elemento di sviluppo dei territori attraversati, ma soprattutto per la rivalutazione del pellegrinaggio come metodo di ricerca interiore e di fede, strumento e veicolo di pace e di incontro attraverso l’individuazione di specifici polmoni spirituali.
CINQUE NAZIONI COINVOLTE
I paesi interessati al momento sono la Polonia, la Repubblica Ceca, l’Austria, la Slovenia e l’Italia. In Italia il percorso proveniente dal Baltico attraverso la Polonia si chiama Via Romea Allemagna e, attraversando tutto il Friuli, collega il Passo del Tarvisio a Concordia Sagittaria dove incontra la Via Romea Aquilense che proviene dalla Slovenia. A Concordia le due strade entrano nel Veneto e confluiscono nella Via Romea Annia che conserva tale nome fino a Badia Polesine e raccoglie lungo il suo percorso la Via Romea Magna che proviene da Vicenza.
IL TRATTO DA NONANTOLA A PISTOIA
A Badia Polesine la strada diviene Via Romea Longobarda, che raggiunge l’Abbazia di Nonantola presso Modena per poi dirigersi in Toscana attraversando gli Appennini e giungere a Pistoia, dove è conservata la reliquia di San Jacopo, e da qui raggiunge San Miniato dove si immette nella Via Francigena per Roma o in direzione opposta per Santiago de Compostela. Il progetto è stato presentato agli oltre 150 comuni attraversati che stanno deliberando il percorso ed ai Vescovi delle Diocesi interessate che lo hanno approvato. In Toscana il progetto è stato presentato ai sindaci toscani, a Pistoia, ed al Vescovo di Pistoia, ottenendo l’approvazione di tutti.
IL PRIMO TEST DEL PELLEGRINO FRANCISCO SANCHO
Il primo vero test dell’intero percorso della Romea Strata è avvenuto nei mesi scorsi ad opera di un pellegrino moderno, Francisco Sancho, che, partito l’otto settembre da Czestochowa in Polonia in direzione di Roma (e oltre) dove è giunto l’otto dicembre per l’apertura del Giubileo, ha percorso tutta l’Italia del Nord-Est ed ha attraversato il territorio toscano nei giorni 14 ,15, 16, 17 e 18 novembre, ottenendo ovunque una entusiastica accoglienza, sia da parte delle amministrazioni locali che dalla popolazione.
L’INGRESSO TOSCANO ALLA CROCE ARCANA
Entrato in Toscana dalla Croce Arcana, attraversando i territori dei comuni di Cutigliano, San Marcello, Pistoia e di una decina di comuni del Montalbano, accompagnato da frotte di volontari, ovunque Francisco ha incontrato centinaia di persone delle varie comunità alle quali ha portato una toccante testimonianza di umanità e di fede, ottenendo in cambio simpatia, accoglienza sincera ed anche nuove amicizie. Cose d’altri tempi che testimoniano il bisogno non solo di una strada che porti persone necessarie allo sviluppo del territorio, ma anche la voglia sincera di intessere relazioni e rapporti umani, perfettamente in linea con lo spirito del pellegrinaggio.
L’ARRIVO ALLA CATTEDRALE DI PISTOIA
Particolarmente toccante è stato l’arrivo alla cattedrale di Pistoia dove, al suono a distesa delle campane del duomo, l’arciprete don Luca Carlesi ha atteso Francisco sulla porta centrale e, dopo la preghiera di accoglienza, ha proceduto alla lavanda e al bacio dei piedi, perpetuando la tradizione medioevale che vedeva lo stesso Cristo impersonato nella figura del pellegrino. Ha seguito poi la presentazione solenne della reliquia di San Jacopo, l’unica al mondo al di fuori di Santiago de Compostela, eccezionalmente esposta sull’altare d’argento.
GLI INTERVENTI NECESSARI
La Romea Strata è stata presentata ufficialmente in Toscana il 17 dicembre del 2015 a Firenze, nella sede della Regione Toscana, nel quadro delle iniziative per il Giubileo, ma questo è solo il punto di partenza, perché la strada individuata e testata dovrà essere dotata di un’adeguata segnaletica e saranno necessari diversi lavori di messa in sicurezza e manutenzione straordinaria per farne un percorso bello, percorribile da tutti, capace di attrarre un flusso importante di “viatores”, di suscitare emozioni e sensazioni e di trasformare una semplice strada in un cammino dell’anima.
UN’OPPORTUNITA’ PER LE STRUTTURE DI ACCOGLIENZA
La Romea Strata è inoltre un’opportunità importante per le piccole strutture di accoglienza della Montagna Pistoiese poste in prossimità del percorso per il pernottamento ed il ristoro dei “viatores” (pellegrini e non) che sempre più numerosi percorrono le antiche vie di pellegrinaggio sull’esempio del Camino di Santiago de Compostela e della più vicina Via Francigena. Assolutamente strategico per la città di Pistoia (eletta Capitale Italiana della Cultura per il 2017) il passaggio dalle reliquie di San Jacopo di tutto il flusso di viandanti proveniente, attraverso la Romea Strata, dal Nord-Est italiano e dall’Europa Centro-Orientale sia in direzione di Roma sulla Via Francigena che in direzione di Santiago attraverso il Cammino della Costa e la Francia meridionale.
A noi ed ai nostri amministratori la capacità di cogliere e costruire questa inaspettata occasione di sviluppo e valorizzazione territoriale per un nuovo turismo lento ed ecosostenibile.
LA STORIA DELLA ROMEA STRATA IN TRE PASSAGGI
16 Settembre Anno Domini 768
Gaidoald, medico del re Liutprand e, per questo, importante notabile longobardo pistoiese, ormai anziano ma per grazia di Dio ancora in buona salute, attraversò il Reno e con la sua cavalcatura risalì la ripida salita fino al passo della Castellina. Il suo cammino dall’abbazia di Nonantola attraverso le montagne era stato meno duro per la compagnia del suo buon figlio Gaiprand e per le premure dei suoi fedeli servi che li seguivano a dorso di mulo, trascinandone un altro con una soma di doni ricambiati dall’amico Anselmo, abate e fondatore nel 752, pochi anni prima, dell’abbazia di Nonantola vicino a Modena. Un ulteriore mulo portava vettovaglie per i due monaci del monasterium di Batoni, proprio lì, più in basso , davanti a loro. Laggiù i monaci accoglievano i viandanti e mantenevano la strada in buone condizioni. In prossimità del passo la carovana incrociò un grosso branco di maiali sorvegliati da un giovane massaro che si tolse il cappello al passaggio dei due cavalieri. Gaidoald fermò il cavallo e con il figlio osservò la vallata dell’Ombrone, ben coltivata. Oltre i castagneti si potevano già vedere le vigne e gli olivi. Più oltre, la pianura, dominata, su una piccola altura, dalla presenza della città e dalle sue mura, isolata in mezzo a grandi campi coltivati ed a vaste paludi. Un sentimento di serenità e soddisfazione pervase l’anziano medico alla vista, vicino alle mura, della chiesa e dell’abbazia di San Bartolomeo, da lui costruita e rafforzata economicamente, pochi mesi prima, con generose donazioni di terreni e case delle sue proprietà in Lucchesia, in Lunigiana, nel Chianti ed in Maremma. Dopo la sua morte, pensò, il suo bravo figliolo avrebbe sorvegliato la “sua” abbazia l’avrebbe difesa da ingerenze esterne, fosse stato anche il vescovo! Ne gioì sentendo vicina la salvezza della sua anima, ma,a quella vista sublime, per orgoglio, peccò subito di superbia… Ricordò le parole del suo re Alboino quando, giusto due secoli prima, affacciatosi alle Alpi vide l’Italia dopo cinque secoli di migrazioni del suo popolo. Allora volse lo sguardo verso il figlio e, con un largo gesto della mano, esclamò: “ Gaiprand, questa è la terra del latte e del miele, la nostra terra. Da qui non ce ne andremo mai!”
5 Agosto Anno Domini 896
La brezza del crinale alleviava appena la calura del sole di Agosto. Il piccolo lago era stato appena superato da una lunga carovana di mercanti pistoiesi e fiorentini di ritorno dalle Fiandre, alla quale si era aggregata una più piccola carovana di religiosi composta da un robusto frate, da due suore, dodici giovani converse e due muli di cui uno carico di lana. Avevano arrancato tutti insieme, faticosamente, per la valle di Lamole, lasciandosi alle spalle l’Ospitale in cui avevano pernottato ed ora cominciava la lunga discesa verso la Tuscia, che da lì si poteva vedere in tutta la sua vastità. In almeno cinque giornate di cammino, a Dio piacendo, avrebbero raggiunto Firenze, laggiù, nascosta in una cappa di calore. “Come è grande il mondo!” esclamo suor Gundeperga, alta e robusta, gli occhi azzurri raggianti, guardando l’altra suora, piccola e bruna. Entrambe avevano avuto ben poche occasioni di uscire dalle mura del loro convento vicino a Modena. “Rendiamo grazie a Dio!” rispose altrettanto felice suor Lucilla. L’abate Leopard dell’abbazia di Nonantola aveva voluto che, in segno di sottomissione, l’abbadessa Alda del monastero di San Michele Arcangelo di Firenze, con le sue sei suore, confezionasse ogni anno nel mese di agosto, sei tuniche di lana grezza per i monaci dell’abbazia. Per rendere questo compito meno gravoso l’abate avrebbe mandato la lana e dodici ancelle per aiutare le monache fiorentine. I muli iniziarono a scendere a valle tormentati da nugoli di tafàni. Le ancelle intonarono un canto di ringraziamento che si confuse pian piano con il rumore degli zoccoli sulle pietre, fino ad affievolirsi, più in basso, sovrastato dai belati di un gregge…
20 Dicembre Anno Domini 1222
Adalocto era furente. “No, così non si può più andare avanti!” rimuginava seduto e infreddolito davanti alla sua minuscola casa a ridosso del muro del castello di Batoni, guardando la piccola fortificazione della Castellina, proprio lassù sulla strada in corrispondenza del passo. “Quanto sudore mio e dei Batonesi per tirarla su, pietra dopo pietra, e a mantenerla in buone condizioni per la sicurezza del vescovo e del comune di Pistoia!” Da lassù si controllava a vista il ponte sul Reno e la locanda delle Panche, lì accanto, dove si fermavano i viandanti. Si poteva sentire anche la campana del romitorio accanto all’altro antico ponte romano a Pontepetri, che al crepuscolo suonava a distesa per orientare i pellegrini dispersi nella valle del Reno. In caso di pericolo dalla Castellina si potevano inviare messaggi luminosi o accendere fuochi che sarebbero stati visti in tutta la valle dell’Ombrone e anche dalle torri della città. “ E invece, quale riconoscenza? Balzelli, tasse, albergaria e angherie! Prima solo il vescovo, ora anche il comune di Pistoia pretende ulteriori dazi ed anche il servizio militare!” continuava a rimuginare il povero Adalocto. Oltretutto non aveva dato i risultati sperati nemmeno l’idea degli anziani rettori del piccolo comune d Batoni di ricorrere all’abate di Nonantola per ottenere protezione e giustizia, memori degli antichi racconti tramandati di generazione in generazione che narravano dell’origine e della dipendenza dell’antico monasterium del castello dagli “Abatoni” longobardi. Venticinque anni prima ci aveva provato Calvus ad andare a Nonantola a chiedere protezione a nome dei rettori , ma non aveva riscontrato nessun interesse ed al ritorno era stato punito con la prigione dal vescovo per tale insubordinazione. E due anni prima ci aveva provato anche lui, Adalocto, ad attraversare l’appennino sulla stessa strada, spezzandosi la schiena a dorso di mulo per denunciare gli eccessi del vescovo e del comune di Pistoia. Questa volta, in verità, un certo interesse da parte dell’abate lo aveva trovato. Infatti, dopo un po’ di tempo per riordinare le idee, era comparsa un’antica pergamena che dimostrava la dipendenza di Batoni da Nonantola e così anche l’abate aveva imposto ulteriori tasse e balzelli e aveva preteso la proprietà del castello! “No, cosi non si può davvero andare avanti!” Ripeteva ora fra i denti un esasperato Adalocto ” E ora il comune fa finta di difendere il vescovo per difendere sé stesso e vuole mettere dentro me ed altri trenta paesani per aver sollevato questo vespaio. No, non voglio passare il Natale in prigione… io da qui vado via , meglio l’esilio!” E fu di parola perché lo ritroviamo otto anni dopo residente… a Saturnana!LE FONTI STORICHE
Questi tre brevi episodi, tutti avvenuti sull’antica strada da Pistoia per Modena e da me liberamente narrati, un po’ fra il serio e il faceto, si riferiscono a luoghi reali, a persone realmente esistite ed a fatti veramente accaduti e documentati attingendo alle numerose pubblicazioni che lo storico pistoiese Natale Rauty ha divulgato nell’arco di almeno quarant’anni di studi, effettuati sulle fonti originali altomedioevali, verificate faticosamente sul campo. Sulla base di questi studi lo storico ha ipotizzato, con argomentazioni convincenti, l’esistenza di una strada che attraversava la valle dell’Ombrone e che si imperniava sulle più antiche pievi e ospitali dell’asse Pistoia – Nonantola toccando San Giorgio, Saturnana, Batoni,Le Panche, Lizzano, Ospitale, Fanano. Dagli studi del Rauty e di altri studiosi e gruppi di ricerca del versante bolognese e modenese si delinea una Pistoia ed un territorio fortemente segnato dalla presenza dei longobardi che, anche dopo la fine dei due secoli del loro regno (568 – 774 d.C.) a causa della sconfitta subita per opera dei Franchi di Carlo Magno, rimasero nei loro territori conservando ancora per quasi cinque secoli posizioni importanti e caratteri identitari nella struttura sociale ed economica e negli ordinamenti politici e religiosi, sia in età imperiale che nella successiva età comunale, prima di confluire definitivamente, con una completa integrazione e apportando importanti contributi, nella nuova cultura “italiana” venutasi a formare a partire dal XIII secolo con le grandi opere letterarie in lingua volgare. Infatti si può affermare che Pistoia sia stata precedentemente, per secoli, a tutti gli effetti una “città germanica” per aver conservato a lungo e in modo rilevante leggi e consuetudini, contaminazione nei riti religiosi, pratiche di agricoltura ed allevamento, tipo di alimentazione, toponimi e molte parole di derivazione “barbarica” che non hanno riscontro nel mondo romano. Solo per fare un esempio ancora nel XII secolo numerosi documenti attestano nei contratti matrimoniali la libertà di scelta fra la legge “romana” o quella longobarda e si potevano ancora seguire dal punto di vista patrimoniale le antiche tradizioni longobarde trascritte seicento anni prima nell’editto di Rotari (643 d.C.). Ancora oggi usiamo inconsapevolmente molte parole longobarde che purtroppo, negli ultimi decenni, con l’abbandono della civiltà contadina, stanno andando rapidamente in disuso. Stalla, greppia, staffa, stecco, trogolo, scandola, zolla, becco, scranna, aschero, stocco, brace, zana, rosta, burischio, zuppa, broda, balco, panca, gremo, fiasco, vanga, locco, raffio,lòrnia, magone, briccòla, borro, burrone, forra, gora, slitta, zaino, zecca…. Come si può osservare sono quasi tutte parole bisillabiche, derivate da una rudimentale parola monosillabica germanica (es. stalla da stall, panca da pank, zolla da zoll…) e sono solo alcuni esempi fra circa un migliaio di parole confluite nel volgare italiano, molte delle quali sono diventate sconosciute ai più, ma che ho sentito comunemente usare dai miei nonni e, un po’ meno, dai miei genitori.L’INDIVIDUAZIONE DEL PERCORSO
Quando sono stato contattato, in realtà in modo piuttosto fortuito, dal referente emiliano della Romea Strata alla ricerca della Pistoia-Modena longobarda, già da tempo avevo analizzato a fondo gli studi del Rauty, sia per motivi professionali che per pura passione per la storia, soprattutto locale. Inoltre, per quei casi strani della vita che qualche volta accadono, già da alcuni mesi stavo lavorando sullo stesso tema ed avevo già messo a punto, con la collaborazione preziosa del geometra Enrico Pacini dell’Ufficio Strade del comune di Pistoia, una cartografia basata su percorsi composti da antiche strade e sentieri comunali che fossero compatibili con i fasci di strade che toccavano i capisaldi storici della Pistoia – Modena altomedioevale indicati dal Rauty, concentrando i miei sforzi di ricerca soprattutto sulla valle dell’Ombrone e del Reno dove l’antico percorso non era stato ancora individuato. I risultati erano interessanti : oltre venti chilometri di percorsi praticamente senza vedere l’asfalto (ad eccezione del tratto urbano per raggiungere la cattedrale e qualche breve tratto di collegamento intermedio), toccando tutti i punti prefissati, in un ambiente caratterizzato da panorami molto belli e con una varietà vegetazionale che vedeva in pochi chilometri il repentino passaggio da essenze di alta montagna a quelle di collina e di pianura. Avevo previsto anche il percorso nel comune di San Marcello per raggiungere il crinale ed il confine emiliano e congiungersi poi con le strade emiliane che erano già state individuate dalla Provincia di Modena. Invitai subito Giuseppe Ori della Confraternita di San Bartolomeo vicino a Modena, referente emiliano della Romea Strata, a fare un sopralluogo sul percorso. Partimmo dal passo della Castellina e riuscimmo faticosamente ad a attraversare la zona di Batoni dove il sentiero scompariva spesso fra i rovi e la vegetazione ed era interrotto da piccoli fossi e piccoli smottamenti, poi fu abbastanza agevole raggiungere la pianura. In piazza del duomo il mio contapassi dello smartphone, non so quanto affidabile, segnava ventidue chilometri. Comunque il percorso gli piacque molto e qualche settimana dopo, con Maretto Braccialini, Mauro Chessa e Aldo Romagnani delle proloco di Piteccio e Castagno, con l’autorizzazione del comune, passammo un paio di giornate a tagliare rovi ed alberi caduti sul sentiero fino a Pitornecca. Poi venne la tempesta di vento del 5 di Marzo, pochi settimane prima della programmata rilevazione del percorso con il GPS realizzata assieme alla dottoressa Luisa dal Prà’ dell’Ufficio Pellegrinaggi della Diocesi di Vicenza. Fu rilevato in tre giorni l’intero tratto toscano della Romea Strata, riconnettendo il punto di arrivo del percorso modenese alla Croce Arcana con San Miniato, punto di connessione alla Via Francigena, passando da Cutigliano, Pratale Lizzano, Castel di Mura, San Marcello, Gavinana, Maresca , Pontepetri , Le Panche, Castello di Batoni, Pitornecca, Le Grazie, Saturnana, Lizzanello, Piazza, Gello, San Giorgio, Cattedrale di Pistoia, Pontelungo, Vinacciano, Santa Maria delle Grazie, Montirici, crinale del Montalbano fino a san Baronto e poi ancora fino allaTorre di Sant’Alluccio, attraverso il Barco Reale, Vinci, Cerreto Guidi, Fucecchio, San Miniato per l’immissione sulla via Francigena per Roma. Il percorso era definito ma purtroppo in prossimità di Le Grazie e di Lizzanello i danni causati dal vento erano tali da dovere considerare delle varianti provvisorie. Stabilimmo di dividere il percorso in cinque tappe di circa venti/venticinque chilometri. Il rilievo GPS doveva servire a realizzare una applicazione per smartphone sulla quale indicare oltre alla traccia del percorso, anche i punti tappa, le strutture ricettive per l’accoglienza (alberghi, B&B, agriturismi, canoniche , ostelli…), le fontane, i monumenti storici , i punti panoramici e tutto quanto potesse essere utile ai viandanti e ai pellegrini. Tutto questo, comprese le tracce per il GPS, si può trovare su Internet sul sito www.romeastrata.it