Nato a fine anni ’80 dalla felice intuizione di riunire attraverso itinerari tematici le ricche risorse culturali e storiche, intrecciandole con le peculiarità ambientali e paesaggistiche del territorio montano, l’Ecomuseo della Montagna Pistoiese è stato il primo esempio italiano di museo territoriale a rappresentare il connubio tra patrimonio culturale e comunità.
È la presenza della gente, infatti, che contraddistingue l’esperienza dell’Ecomuseo da quella di altre istituzioni museali: dietro ogni percorso, ogni sito, ogni mostra incontriamo le bravissime guide, ma possiamo percepire la partecipazione vivace dei cittadini e delle numerose associazioni che collaborano quotidianamente con l’Ecomuseo stesso.
In questi primi mesi di direzione, che ho assunto come una sorta di “nuovo ingresso” sulla montagna pistoiese, territorio sul quale lavoro ormai da 25 anni quale consulente e progettista in campo agro-forestale ed ambientale, ho capito che ancora tanti residenti della stessa montagna conoscono poco l’Ecomuseo: figuriamoci i cittadini della piana.
Ecco che sento un po’ anche questa responsabilità: avvicinare quante più persone a questa singolare realtà, una ricchezza straordinaria che un po’ “alla pistoiese” abbiamo in casa e nemmeno conosciamo!
Un immenso deposito di fatiche
L’Ecomuseo reclama dal visitatore che quest’ultimo cambi la prospettiva del tempo: per vedere tutto occorre tornarci più volte. È una visita che si costruisce un po’ alla volta: la grande estensione geografica in cui si trovano i diversi siti e la stagionalità con cui essi stessi diventano fruibili al massimo delle loro potenzialità, fa sì che si possa scoprire questo “capitale” culturale e paesaggistico in luoghi e stagioni diverse. Così l’Orto botanico di Abetone, unico nel suo genere per altitudine, apre al pubblico nel periodo estivo con la meraviglia delle fioriture di specie del microclima alpino, una speciale nicchia che resiste alle minacce del riscaldamento climatico, dove ancora vegetano gli abeti rossi e i rododendri diretti discendenti da quegli stessi che si trovavano qui nell’ultima glaciazione.
Ad Orsigna lo scroscio dell’acqua incanalata in antiche gore aziona i mulini a pietra ancora perfettamente funzionanti, ma è nella stagione autunnale che si può avere l’occasione di vedere con i propri occhi quanto è viva e autentica la filiera della castagna, dalla raccolta del frutto all’ottenimento della farina dolce.
E così altri siti ed itinerari – il Ghiaccio, la Pietra – si rivelano dopo un’immersione nei boschi appenninici, incuneandosi nella “Piccola Siberia” della Valle del Reno o sfilando sotto le douglasie giganti e i faggi di Acquerino.
L’Ecomuseo è la storia dell’immenso deposito di fatiche, per dirla con Carlo Cattaneo, che si sedimenta nel paesaggio naturale, nel quale ogni singolo metro quadro è il frutto della relazione millenaria tra uomo e ambiente, ed è la storia di una terra di confine, di industriosità, di emigrazioni e ritorni.
Testimonianza, forse unica a livello nazionale, della lavorazione del ferro – ancora leggibile in tutte le sue parti – è la ferriera di Maresca già operante al 1388 (!) e ancora oggi visitabile; è poi affascinante scoprire un filo rosso che unisce idealmente l’Isola d’Elba con la montagna pistoiese, grazie alle scelte strategiche dei Medici che videro nei nostri monti l’eccellente risorsa dell’acqua, come forza motrice produttrice di energia e i boschi immensi, per alimentare le fornaci.
Le potenzialità
L’Ecomuseo ha l’ambizione di ricoprire il ruolo di catalizzatore di iniziative culturali e scientifiche, oltre che assolvere al suo compito di presidio museale (basti pensare al piccolo scrigno di bellezza del Museo dell’Arte Sacra o a quello etnografico, ossia il Museo della Gente, o al Museo Naturalistico Archeologico di Gavinana), diventando il punto di riferimento per le tante forme associate di volontariato e cittadinanza attiva. Ogni anno decine di scolaresche, di ogni ordine e grado, partecipano a visite guidate, fanno esperienza di laboratori didattici: il rapporto con la scuola e l’università è una ricchezza che in trent’anni l’ecomuseo ha saputo costruire rafforzando relazioni e diversificando l’offerta.
Il museo della gente a Rivoreta
La responsabilità del futuro
L’Ecomuseo si rinnova e andrà incontro alla contemporaneità cercando la sinergia con altri sistemi museali, la progettazione di nuovi percorsi e itinerari culturali (dall’archeologia medievale al recentissimo archivio sonoro “Sulle vie dei canti”: una collezione unica di canti popolari di sicuro interesse per appassionati, studiosi e insegnanti). Occorre cogliere il cambiamento: un rinnovato interesse dei visitatori per il cosiddetto “turismo esperienziale” oltre a quei fenomeni, sempre più diffusi, legati al cammino, al cicloturismo, al turismo di prossimità.
La trama ideale tra quello che siamo e il programma di lavoro che vogliamo darci è rappresentata dalla Convenzione di Faro (Portogallo, 2005) con cui il Consiglio d’Europa riconosce che “il diritto all’eredità culturale è inerente al diritto a partecipare alla vita culturale, così come definito nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” al tempo stesso affidando una “responsabilità individuale e collettiva nei confronti dell’eredità culturale”.
L’Ecomuseo della Montagna Pistoiese, quindi, come comunità educante, fatta di soggetti pubblici e privati, impegnati nella responsabilità comune di conservare questa eredità, tramandandola alle generazioni successive, come si fa con un cimelio di famiglia, un prezioso gioiello che ha attraversato le generazioni, una casa a cui si ritorna.
Da oggi si apre un ciclo di articoli, in collaborazione con La Voce della Montagna, con cui andremo alla scoperta dei tesori dell’Ecomuseo, ma fin da subito invitando i lettori a venirlo a esplorare di persona finendo forse per scoprire anche qualcosa di sé stessi.