Quante volte abbiamo letto che la montagna si spopola? Troppe!
Il fatto che il fenomeno dello spopolamento sia diffuso un po’ ovunque e non colpisca solo la nostra Montagna Pistoiese non ci fa stare sereni lo stesso. Non è proprio il caso di dire “mal comune mezzo gaudio”. Il problema ha riflessi sociali, economici e anche psicologici. Il mutamento sociale è di enorme portata e ormai lo è da molto tempo.
L’inesorabile declino fatto di abbandono, mancanza di servizi, di opportunità e i dissesti idrogeologici stanno minando tanti luoghi a noi cari fatti di storia, cultura, tradizioni e soprattutto di identità.
La viabilità è insufficiente mentre i vincoli burocratici sono molti e spesso paranoici e così si penalizza chi ha voglia di intraprendere iniziative con tutto il seguito che ne deriva. E, utilizzando un gioco di parole, proprio di deriva dobbiamo parlare oggi della nostra Montagna non più protagonista ma abbandonata al corso degli eventi. Molti continuano a sostenere e a sottolineare l’importanza dell’ente pubblico nel suo ruolo di “pianificatore territoriale”. Visto come stanno andando le cose io personalmente ho delle perplessità in questo “ente” con il suo ruolo e la sua funzione, ho delle perplessità, continuando ad usare un eufemismo, nella pubblica macchina burocratica che, non dimentichiamolo, colpisce anche chi vi ci lavora. Ovvio che abbia un peso importante nelle politiche di ripopolamento delle aree montane ma al momento non è stato determinante, ci sono dinamiche sociali che corrono più veloce di esso. Ottimi esempi però ci sono stati, non dimentichiamolo, come ad esempio il Bando Montagna che prevede investimenti a fondo perduto da destinare a giovani coppie (anche con figli) che decidano di vivere nei Comuni appenninici svantaggiati, ma qui si parla della regione Emilia Romagna.
Non siamo ancora pronti
Forse la Montagna pistoiese assiste al suo spopolamento perché in ritardo con le nuove e complesse dinamiche socio-economiche e socio-culturali. Essere in ritardo non sempre è una colpa, colpa è se non vengano attivate tutte le iniziative per colmare questa distanza.
Il lavoro da fare è molto e i temi su cui concentrarsi sono svariati. Si parla di politiche di integrazione culturale tra i “nuovi” e i “vecchi” abitanti della montagna al fine di avviare processi di inclusione sociale; si parla di sviluppo di sistemi ad alta tecnologia per fornire ottimi livelli di qualità della vita. E ancora di marketing territoriale per attrarre nuovi imprenditori, di stile di vita etico, di servizi scolastici e socio-assistenziali, di telemedicina e di migrazione legata alla piacevolezza dei luoghi.
Migrazione Lifestyle
Sempre più spesso si sente parlare di “Lifestyle Migration” (Migrazione dello stile di vita). Si tratta di un nuovo tipo di mobilità di individui, appartenenti a tutte le classi di età, che si spostano definitivamente o per lunghi periodi in luoghi che offrono una migliore qualità della vita.
I migranti sono generalmente persone benestanti e quindi non emigrano a causa di difficoltà economiche. Spesso sono attratti dal ritmo lento della vita, da un clima più sano, dalla bellezza dei luoghi e libertà dalle pressioni cittadine. C’è anche chi cerca luoghi che offrono opportunità di autorealizzazione a contatto con la natura e con l’obiettivo del benessere psichico.
Poi esiste un altro processo di migrazione o meglio di trasferimento di capitale economico e intellettuale dalle città alle località di montagna. Luoghi come Crans-Montana in Svizzera, Megeve in Francia ma anche Cortina d’Ampezzo in Italia stanno accogliendo i nuovi abitanti che ci verranno a vivere e a lavorare. Si tratta di manager, imprenditori e professionisti che hanno dato a queste località una nuova centralità.
Si potrebbe dire che in questo caso i ceti alti incontrano le terre alte. Il lavoro da remoto con lo smart working ha agevolato questo processo e probabilmente ci sarà, molto lentamente, una redistribuzione di popolazione fra città e montagna e verosimilmente anche legata alla ricchezza e al reddito.
Uno sguardo oltre: il caso georgiano
Nelle foto sopra due villaggi montani della Georgia
La Georgia è una nazione che si trova sulla linea di demarcazione fra Europa e Asia. E’ stata una repubblica dell’Unione Sovietica e dal 1991 è una repubblica indipendente. Famosa per la regione vinicola di Kakheti e per la passione per il rugby (i loro giocatori sono talmente determinati e sicuri che gli inglesi, inventori di questo sport, affermano che sono nati con la barba) è caratterizzata da piccoli villaggi di montagna. I georgiani sono un popolo allegro, di buon umore e molto orgoglioso.
Il paese ha vissuto delle ondate migratorie, dalla montagna alla città, fin dagli inizi degli anni ’60 del secolo scorso. Prima come risultato delle politiche di industrializzazione dell’Unione Sovietica e poi, soprattutto negli anni ’80 e ’90, per motivi socioeconomici e disastri naturali.
La mancanza di posti di lavoro, la carenza di acqua, gas e elettricità ha reso la vita estremamente dura nelle regioni di montagna. Ancora la mancanza di una istruzione adeguata e di servizi sanitari sono stati fattori che hanno stimolato la migrazione. Le regioni montuose della Georgia sono inoltre vulnerabili a eventi naturali come smottamenti e terremoti.
Poi c’è stata una svolta normativa che avrà nel corso del tempo aspetti positivi nel ripopolamento dei villaggi di montagna.
Infatti una legge introdotta dal governo georgiano mira oggi a rallentare il tasso di migrazione e a far ripopolare i villaggi delle catene montuose.
La legge prevede vantaggi sociali, commerciali ed economici; il sostegno include aiuti finanziari e stipendi più elevati per insegnanti, medici e infermieri. Le spese di riscaldamento sostenute dalle famiglie saranno in parte a carico dello Stato. Ogni famiglia riceverà un ulteriore sussidio al mese dopo la nascita di un figlio e i pensionati godranno di pensioni più alte del 20% e assistenza sociale extra. Sono inoltre presenti agevolazioni fiscali in materia di imposta sul reddito e sulla proprietà immobiliare. Le aziende di montagna saranno esentati dall’imposta sul reddito per 10 anni.
Direi un bel pacchetto di iniziative da prendere come esempio.
I nuovi “montanari”
Che si tratti di una migrazione Lifestyle verso la montagna o della “upper class” che stufa della vita cittadina dà una nuova centralità alle terre alte o che ci sia una spinta normativa tesa a ripopolare i villaggi e comuni bisognerà fare i conti con i “nuovi montanari”.
Ci saranno quindi i “montanari per scelta”, i “montanari consapevoli”, i “montanari smart working” e chi ritorna in montagna perché è economicamente e socialmente vantaggioso. Scatteranno nuove sfide nel processo di rivitalizzazione delle aree montane dove l’accessibilità e l’integrazione fra i “nuovi montanari” sarà il fulcro dove far girare la nuova collettività. Che si tratti, come visto, di Montagna Pistoiese o di Crans-Montana, di Cortina d’Ampezzo o villaggio georgiano queste nuove tendenze possano rappresentare il processo, talmente desiderato, al ritorno in montagna.