COSA SIGNIFICA DISTOPIA
La distopia è una “rappresentazione di una realtà immaginaria del futuro, ma prevedibile sulla base di tendenze del presente percepite come negative, in cui viene indicata un’esperienza di vita non proprio desiderabile”. La distopia si contrappone all’utopia intesa principalmente come assetto sociale ed economico eccellente ma inesistente o comunque irraggiungibile. Quando penso a come sarà la nostra Montagna nel 2050 mi sento più distopico che utopico ma quello che può cambiare la mia idea nella dicotomia complementare “tecnologia-natura” sarà il ruolo del “terzo includente” e cioè l’uomo ed il suo comportamento.
LA DISTOPIA IN LETTERATURA
In letteratura moltissimi sono gli esempi di romanzi distopici dove spesso le vicende vengono ambientate in una società in cui non vorremmo mai vivere. “Fahrenheit 451″, “Divergent”, “La ragazza meccanica”, “La strada” solo per fare alcuni esempi così come i più famosi “1984” di George Orwell e “Il Mondo Nuovo” di Aldous Huxley. Nel romanzo “1984” (scritto da Orwell nel 1948) si parla di un ipotetico mondo futuro, ambientato nella Londra del 1984 e controllato da un governo totalitario. La società è dominata da un Grande Fratello, onnisciente e infallibile, che tiene sotto controllo la vita dei cittadini mediante l’uso di speciali teleschermi. Ne “Il Mondo Nuovo” di Huxley, un immaginario stato totalitario pianifica ogni aspetto della vita. I cittadini possono accedere a ogni piacere materiale in cambio però devono rinunciare ad ogni emozione e ad ogni sentimento.
NEL CINEMA
“2001: Odissea nello spazio” e “Arancia Meccanica”, due capolavori assoluti di Stanley Kubrik
Nel cinema, alla distopia di Orwell in cui la tecnica vessa l’esistenza umana, si contrappone il capolavoro di Stanley Kubrick “2001: Odissea nello spazio”. Film caratterizzato dalla serpeggiante analisi del rapporto tra uomo e tecnica è straordinario proprio nella connotazione neutrale di questo binomio “uomo-scienza”. E poi come non ricordare, sempre di Stanley Kubrick, “Arancia Meccanica” ambientato in futuro in cui il mondo è dominato dalla violenza di bande senza controllo.
IN MUSICA: IL CASO PINK FLOYD
La copertina del disco Animals dei Pink Floyd
Nel 1977 Roger Waters decise di usare il nuovo album dei Pink Floyd (Animals) per dare espressione ad un qualcosa di politico. L’occasione era la generale delusione in Inghilterra sull’operato del governo del partito laburista. Orwell gli fu di grande ispirazione. Infatti Waters riprese tutti i personaggi della favola orwelliana “Animal farm” e li riutilizzò nel suo album anche se non aveva nessuna intenzione di descrivere un sistema totalitario e nella fattispecie quello sovietico. Voleva descrivere solamente la decadenza sociale dell’Inghilterra degli anni ’70. La paura costante di non essere all’altezza della lotta ideologica di cui si era fatto portavoce portarono la band alla costruzione di una vera distopia rock diventando cioè metafora di questioni sociali, umanitarie e politiche che in parte le ritroveremo anche nell’album “The Wall”.
IMMAGINO IL FUTURO E I SUOI TREND
Ognuno di noi ha immaginato nel passato come poteva essere il futuro e nel futuro poi ci siamo arrivati davvero. E’ così che ce lo aspettavamo? Non lo so sinceramente! A parte l’evoluzione informatica non mi sembra che sia cambiato molto, sono sincero mi aspettavo qualcosa di più eclatante. Privilegiati comunque nell’esserci arrivati. Nella mia personale concezione di spazio e di tempo poi il futuro l’ho sempre rifiutato non perché sgradito ma perché a mio avviso non esiste o meglio esiste solamente in forma di “presente costante”. Quando ero piccolo immaginavo auto che viaggiavano su strade nel cielo, pillole che sostituivano il pranzo, televisioni quadrate e visibili da ogni lato e soprattutto l’invenzione di una macchina del tempo per tornare nel passato. Oggi come lo immagino il mio “presente costante”? Senza troppa fantasia, ho forse perso i sogni di quando ero un ragazzino, mi limito ad analizzare solo alcuni trend.
Come sarà il 2050?
Sarà la volta buona per vedere astronavi e robot da tutte le parti? Oppure più verde, agricolo e agreste? Per andare avanti dobbiamo fare ancora più tesoro di quello che abbiamo imparato viaggiando indietro nel tempo? Sarà un mondo di solitari indipendenti? Vivremo con le conseguenze dell’inquinamento? Con più frequenti depressioni economiche faremo sempre più uso del “car-sharing”? Possiamo pensare ad una società basata sul concetto di “Buy nothing” dove le persone si scambiano beni e servizi senza comprare niente? Il futuro sarà sicuramente nel denaro virtuale senza più monete e banconote; il futuro sarà nei corpi tracciabili con identità digitali; il futuro sarà sempre più ingegneria informatica. Proviamo ora ad immaginare come sarà la scuola, il lavoro e la cultura.
LA SCUOLA
La didattica a distanza, una pratica diffusasi tantissimo a causa della pandemia
L’esperienza devastante del Covid ha portato la scuola ad approcciarsi con un nuovo metodo d’insegnamento: la DAD (didattica a distanza). Negli ultimi 20 anni si è insegnato senza toccare un computer facendo gravi danni agli studenti in un epoca di forte digitalizzazione per arrivare poi all’improvviso a stravolgere tutto il meccanismo d’insegnamento. Quale sarà il futuro della scuola e in particolare della scuola in montagna? Immagino una lotta tra tradizionalisti e innovatori dove le resistenze intellettuali di molti docenti nei confronti della tecnologia avrà partita persa nel giro di pochi anni. Immagino meno scuole per i costi di gestione pubblica e meno insegnanti sempre per lo stesso motivo. Immagino un apprendimento misto, conosciuto in Inghilterra come “Blended Learning” con molti docenti virtuali. Quello che porterà sarà principalmente una mancanza di interazione sociale come vissuta fino ad oggi nella scuola tradizionale e l’affermarsi di uno studente sempre più solitario. Soprattutto mancherà l’innamorarsi della compagna di banco.
IL LAVORO
Lo smart working si diffonderà sempre di più
Le disuguaglianze economiche all’interno dei paesi e il divario economico tra le economie avanzate e quelle in via di sviluppo saranno sempre più marcate. Correggere tutto questo è un compito che la comunità internazionale deve affrontare per evitare situazioni di alienazione, follia collettiva e instabilità sociale. Vivremo sempre in un’era di globalizzazione o si farà strada con veemenza la politica della “porta chiusa”? Oppure vedremo la nascita di un nuovo sistema di sviluppo basato sull’ossimoro “Localismo globale”?
La nostra Montagna avrà un suo sviluppo solo se riuscirà a coniugare le proprie risorse naturali, paesaggistiche e storiche e le loro correlate attività con il massimo dell’efficienza tecnologica. E’ per questo che immagino una economia sempre più green e sostenibile e con valorizzazione del proprio territorio a fianco però di una forte e accentuata capacità di smart working. La fabbrica tradizionale già non esiste più, figuriamoci nel 2050. Dobbiamo essere pronti a trasformare la Montagna in un luogo dove il lavoro c’è ma sotto nuovi aspetti e con nuove sembianze. Le stesse aziende avranno dei vantaggi economici incentivando lo smart working che presumibilmente diventerà permanente. Il nostro modello di sviluppo sarà dunque anche lo “Smart Mountain working”.
LA CULTURA
Cultura virtuale
La Cultura è fatta essenzialmente di emozioni, sensazioni e spesso anche di commozione. La Cultura concorre alla formazione dell’individuo ed è imprescindibile dal contatto umano. La visita ad un museo, ad una galleria d’arte, così come creare una scultura, una pittura, oppure partecipare a una rappresentazione di opera lirica, ad un concerto e ancora comporre una canzone, sono alcuni degli aspetti che concorrono all’acquisizione della consapevolezza del ruolo dell’uomo all’interno della società. La Cultura è antitetica alla tecnologia anche se la riproducibilità tecnica degli ultimi decenni ha effettivamente portato ad una sua maggiore fruizione da parte della collettività.
In questa foto e nella homepage il Museo della Gente dell’Appennino Pistoiese a Rivoreta
Ma come sarà la Cultura nel 2050 nella nostra Montagna? Sarà principalmente o forse esclusivamente una “Cultura Virtuale” e per ciò dovremmo essere pronti e all’avanguardia in campo artistico-museale espositivo I nostri musei, i nostri luoghi d’arte e le nostre mostre potranno essere visitati anche da lontano, con la realtà virtuale si potranno contestualizzare così i reperti, ingrandire le opere, osservare da vicino i quadri, scoprire dettagli delle sculture, entrare in una nostra chiesa romanica e ammirarne le sue bellezze. Anche in questo ambito la nostra Montagna dovrà essere pronta ed efficiente sul piano tecnologico, non dobbiamo arrivare in ritardo con l’appuntamento che il futuro ci ha assegnato. Il prezzo da pagare sarà ancora una volta l’assenza dell’uomo e delle sue interazioni. Una voce narrante sostituirà la guida o il critico d’arte e la nostra visita al museo la faremo da casa senza nemmeno salutare il turista che avremmo trovato in coda e in buona compagnia. Il vantaggio sarà verosimilmente un potenziale pubblico molto più ampio e maggiori entrate economiche permettendo così di finanziare ulteriori innovazioni per la diffusione della cultura.
DICOTOMIA COMPLEMENTARE
La nostra Montagna del 2050 la vedo dunque caratterizzata da una dicotomia composta da Natura e Tecnologia non escludenti bensì complementari tra loro. La Natura sarà come quella di oggi con i suoi colori e sapori, i suoi boschi, i fiumi e i torrenti. Passeggiare in Montagna nel 2050 creerà le stesse emozioni di oggi, nulla sarà diverso in questo ambito. La stessa temperatura, le stesse folate di vento, la neve che cade giù soffice soffice, il tiepido sole primaverile e quello caldo d’estate. Alcune figure professionali tipiche come quella del boscaiolo e del pastore non scompariranno ma addirittura verranno elette come insostituibili. Cammineremo sul ponte di Castruccio esattamente come oggi così come nel medioevo. Quello che sarà completamente diverso sarà l’impatto tecnologico che come ho spiegato porterà i suoi benefici a dispetto di una limitata vita sociale. Questa visione distopica (ma non troppo) del futuro potrà assumere forme positive se nella dicotomia facciamo entrare anche il “terzo includente” e cioè l’uomo che se mosso da mente illuminata sarà un ottimo artefice del proprio destino.
Sarà l’uomo a delimitare con saggezza il confine tra Natura e Tecnologia per fare in modo che quest’ultima non prenda il sopravvento.