La “Voce della Montagna” oltre ad essere il titolo della testata giornalistica avente per obiettivo il rilancio e la valorizzazione della Montagna Pistoiese è anche il titolo di poesie e racconti vari. Fra i diversi autori amanti della montagna considerata già di per sé una poesia ed un regalo della natura, alcuni hanno catturato più di altri la mia attenzione.
LA MONTAGNA COME POESIA E EMOZIONE
La montagna sarà sempre una poesia. Ogni volta è un’emozione diversa e personale. C’è chi la vive come viaggio per staccare la spina e chi la percepisce come un continua scoperta per crescere spiritualmente. Indimenticabili sono le sensazioni nell’inseguire il sole al tramonto che non vedremo mai.
TRADURRE UNA POESIA
Tradurre una poesia da una lingua all’altra è sempre molto complesso. Innegabili sono le difficoltà che s’incontrano ed impossibile la trasposizione dei concetti. Esiste una traduzione di servizio, quella che ho fatto io, e una traduzione fedele all’originale frutto di ricerca approfondita. I primi teorici inglesi della traduzione sostenevano che la poesia andrebbe tradotta solamente da poeti.
Prima di parlare di quei tre autori che hanno dato il titolo “La Voce della Montagna” alle loro poesie mi preme iniziare con William Cullen Bryant che alla sua poesia ha dato il titolo “To the Appennines”.
WILLIAM CULLENT BRYANT
William Cullent Bryant (1794 – 1878) è stato un poeta americano, giornalista e paladino nella lotta per l’abolizione della schiavitù.
Fra le diverse opere che ha scritto c’è una poesia dedicata all’Appennino (To the Apennines). Ne riporto alcuni passi.
“Your peaks are beautiful, ye Apennines! In the soft light of these serenest skies;
Sweet flowers of heaven to scent the air; To view the fair earth in its summer sleep
silent and cradled by the glimmering deep.
Below you lie men’s sepulchres, the graves of yesterday
Traduzione
“Le tue cime sono meravigliose, Appennino! Nella luce soffusa di questi cieli sereni;
Dolci fiori del paradiso profumano l’aria, per vedere la bella terra nel suo sonno estivo
silenzioso e cullato da un profondo luccicare.
Sotto di te giacciono i sepolcri degli uomini, le tombe di ieri”.
JOHN WILSON
John Wilson (1785 – 1854) è stato un avvocato, un critico letterario e uno scrittore scozzese. Molto amico dei poeti romantici come Wordsworth, Coleridge, Southey ha scritto una poesia dal titolo “The Voice of the Mountain” (La Voce della Montagna).
“List! While I tell what forms the mountain’s voice. The storm are up. Down rush the rain; while ‘mid the thunder loud. The viewless eagles in wild screams rejoice. The echoes answer to the to the unearthly noise. […..] These form the mountain’s voice; some spirits bow in cold affright but some they lift to glory and to God”.
Traduzione
“Ascolta! Mentre racconto ciò che forma la voce della montagna. La tempesta per arrivare. Giù cade la pioggia mentre è a metà del forte tuono. Le aquile invisibili nelle urla selvagge si rallegrano. Gli echi rispondono al rumore soprannaturale. Questo forma la voce della montagna; alcuni spiriti si inchinano alla fredda paura ma altri si elevano alla gloria e a Dio”
STEPHEN CRANE
Stephen Crane (1871 – 1900) è stato uno scrittore, giornalista e poeta americano. Morì molto giovane, all’età di 29 anni, ma fu comunque autore di importanti opere. Scrisse la favola “The Voice of the Mountain” (La Voce della Montagna) dove emerge il suo stile naturalista. Il personaggio principale di questa favola è Popocatepeti un gigante affamato a cui non era permesso di muoversi per cercare cibo perché potrebbe distruggere la terra a causa delle sue enormi dimensioni. Un’aquila cercò di aiutarlo e gli suggerì una piccola creatura saggia che può fare qualsiasi cosa. Popocatepeti chiese all’aquila di convocare la piccola creatura e all’incontro le chiese: “Aiutami nella mia agonia, ho fame”. La piccola creatura chiese soldi (“la tua sofferenza misura il mio prezzo”) ed il gigante allora minacciò la vita del piccolo animale. Gli furono promesse delle enormi ali e di vivere insieme su una bellissima pianura ma di tradimento in tradimento queste ali non furono realizzate. La favola termina poi così: “Oh traitor! Traitor! Traitor! Where are my wings? My wings traitor! I am hungry! Where are my wings?”. But the little animal merely places his finger besides his nose and winks. “Your wings, indeed, fool! Si still and howl for them!Old idiot”.
Traduzione
“Oh traditore! Traditore! Traditore! Dove sono le mie ali? Le mie ali traditore! Ho fame! Dove sono le mie ali?”. Ma il piccolo animale mette il dito accanto al naso e fa l’occhiolino. “Le tue ali, davvero, sciocco! Stai fermo e ulula per loro! Vecchio idiota!”
MAMANG DAI
Mamang Dai è una poetessa, giornalista e autrice di romanzi. Nata nel 1957 a Pasighat in India è stata responsabile del programma, presso il WWF, sulla biodiversità dell’Himalaya orientale. Anche lei ha scritto una bellissima poesia sulla montagna ed anche in questo caso la poesia s’intitola “The Voice of the Mountain”. Celebra sia gli aspetti mistici che i luoghi comuni che la natura irradia. Per lei le montagne sono soprattutto una intrinseca parte delle psiche delle persone non solo un paesaggio. La poetessa cavalca storie antiche legate alle montagne e poi parla di nuvole, fiumi e dai suoi versi si può scorgere una primordiale ricerca della casa nel senso spirituale del termine. Per Mamang Dai la montagna inoltre gioca un ruolo importante e insostituibile per capire meglio e magari risolvere le interazioni tra la natura e la società.
Riporto alcuni passi della poesia:
“There, where the colour drains from heaven I can outline the chapter of the world.
My voice is sea waves and mountain peaks.
I am the desert and the rain. The wild bird that sits in the west.
I know, I know these things as rocks know, burning in the sun’s embrace, about clouds, and sudden rain.
As I know a cloud is a cloud, a cloud in this uncertain pulse that sits over my heart.
Peace is a falsity. A moment of rest comes after long combact.
The star diagram that fell from the sky, the summer that makes men weep.
I am the breath that opens the mouth of the canyon, the sunlight of the tips of trees.
I am the place where memory escapes the myth of time, I am the sleep in the mind of the mountain”.
Traduzione
“Là dove i colori arrivano dal cielo posso delineare il capitolo del mondo. La mia voce è onde del mare e cime delle montagne. Sono il deserto e la pioggia. L’uccello selvatico che si trova a occidente. Conosco queste cose come le conoscono le rocce, bruciando nell’abbraccio del sole, sulle nuvole e sulla pioggia improvvisa. Come so che una nuvola è una nuvola, una nuvola in questo incerto impulso che si trova nel mio cuore. La pace è una falsità. Un momento di riposo arriva dopo un lungo combattimento. Il diagramma a stella caduto dal cielo, l’estate che fa piangere gli uomini. Sono il respiro che apre la bocca del canyon, la luce solare delle punte dell’albero. Sono il luogo in cui la memoria sfugge al tempo, sono il sonno nella mente della montagna”.
CITAZIONE
Concludo con una citazione dello scrittore Josè Salvador quando scrive su come trovare un significato della nostra esistenza. La sua “Voz de la Montana” è “la storia di un giorno in cui il risveglio della coscienza è il personaggio principale”.