La ricerca  |  marzo 17, 2020

La peste del 1665: così un piccolo villaggio inglese si sacrificò per salvare i suoi vicini

Ad EyaM tutto iniziò con una “stoffa infettata”. Il primo istinto di alcuni, fuggire, fu impedito dalle barriere e dai posti di guardia. Così il paese attuò una quarantena volontaria, chiuso da un cordone sanitario invalicabile a parte i “dropping points”, dove beni e monete venivano scambiati. Il ruolo fondamentale di due parroci nel convincere la popolazione. Alla fine il sacrificio costò la morte di un terzo degli abitanti, più del doppio del tasso di mortalità di Londra. Eyam oggi: mille anime e un museo sulla pestilenza del '600

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I recinti isolati delle tombe (Riley Graves)

ESSERE RESPONSABILI

In questo momento di grave emergenza sanitaria l’imperativo è uno solo: essere responsabili. Essere responsabili vuol dire rispettare in modo rigoroso le regole ed i comportamenti che ci sono stati forniti dall’ISS Istituto Superiore di Sanità, dalla Protezione Civile e dal Ministero dell’Interno.

Anche la Dichiarazione Personale – Autocertificazione è un momento di responsabilità. Va compilata correttamente in tutte le sue parti e bisogna portarla appresso ogni volta che ci spostiamo sia per l’andata che per il ritorno e a piedi e in auto.

Ricordiamoci bene che il viaggio è determinato esclusivamente da comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità, motivi di salute, rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza.

L’inosservanza di queste regole comporta una denuncia.

Come ha scritto Maurizio Ferrari nell‘editoriale del 13 marzo “La famiglia umana nel corso della Storia ha avuto a che fare con pandemie anche gravissime che ne hanno falcidiato il numero” [….] “I rimedi più comuni contro il contagio sono stati di due tipi: le chiusure ermetiche delle città e il rifugio in luoghi più appartati”.

Facciamo allora un tuffo nel passato e guardiamo cosa successe a Eyam, piccolo villaggio d’Inghilterra.

WILLIAM WOOD

Tutto quello che leggiamo e che è stato scritto sul villaggio di Eyam è riconducibile a William Wood (1804- 1865). A questo storico inglese è attribuita l’autenticità di come sono andate effettivamente le cose (The History and Antiquities of Eyam) anche se altri storici come Francine Clifford e Joan Plant hanno dato il loro contributo. Joan Plant tra l’altro è tra quelle che vive ancora a Eyam e che è risalita al 1665 attraverso l’ albero genealogico di famiglia. Poi c’è anche chi ha criticato William Wood nella sua impostazione di romanticismo vittoriano. Lo vedremo più avanti.

LA STOFFA INFETTATA

Tutto ebbe inizio nell’ottobre del 1665 quando una balla di stoffa che trasportava pulci infette arrivò da Londra. Siamo a Eyam, nel Derbyshire, a circa 150 miglia a nord della capitale già fortemente piegata dalla peste bubbonicaGeorge Viccars fu il primo a morire. Era un assistente di una sartoria ed entrò in contatto con la tela infettata che stava appendendo per lavorarla. Joan Plant ha raccontato: “Quel poveruomo stava contribuendo a realizzare abiti per la settimana delle veglie”. Così pochi giorni dopo, il 7 settembre 1665, questo villaggio ebbe la sua prima vittima. Alla fine del mese altri sei abitanti di Eyam, residenti nelle vicinanze di George Viccars, morirono per cause simili. Sebbene l’epidemia fosse principalmente confinata a Londra e a Cambridge si verificò quindi un focolaio anche a Eyam. La paura e il panico presero il sopravvento. La storica locale Francine Clifford ha affermato che “Senza una solida conoscenza scientifica, le persone si rivolsero allora all’unica fonte di fiducia che avevano: la religione”. Quando il bilancio delle vittime aumentò si fece pure strada l’ipotesi che era una punizione di Dio per colpire i loro peccati.

L’IDEA DI FUGGIRE E IL RITARDO DELLA QUARANTENA

Le famiglie Cooper, Hadfield, Syddal e Thorpe furono le più colpite. Il primo istinto dei residenti fu quello di fuggire ma questa ipotesi non fu molto praticabile. I villaggi e le città vicine posero barriere e posti di guardia per tenere lontano gli infetti. Sempre la storica Francine Clifford ha ricordato che ”Quando si tratta di fuggire solo le persone più ricche possono farlo avendo i mezzi per sostenere se stessi e le loro famiglie”. Nonostante la peste fosse arrivata nel settembre del 1665 la quarantena non fu imposta fine al giugno dell’anno successivo e questo perché ci fu una tregua invernale. Ci furono sì dei morti ma le infezioni diminuirono e così si pensò che tutto stava per finire. Ma all’inizio dell’estate la peste si ripresentò in maniera ancora più virulenta spazzando via intere famiglie.La peste mutò e divenne polmonare. Ciò significava che anziché le pulci erano ora anche gli uomini che potevano trasmetterla direttamente l’uno all’altro.

IL RUOLO DEI PARROCI W. MOMPESSON E T. STANLEY

 Il parroco William Mompesson

Il parroco William Mompesson aveva poco peso nel villaggio, era giovane (28 anni) ed aveva ricoperto questa carica solo per due anni. Il precedente parroco Thomas Stanley viveva ancora a Eyam, aveva molto credito, più esperienza ed il rispetto di tutti gli abitanti del villaggio. Nonostante alcune tensioni i due uomini cominciarono a lavorare insieme, unendo l’autorità dell’uno e l’amabilità dell’altro, per elaborare un piano. Per evitare che la peste si diffondesse in tutto il Derbyshire decisero che Eyam sarebbe rimasta isolata dal mondo esterno fino a quando l’infezione non avesse terminato il suo terribile corso. Gli abitanti accettarono e decisero di mettersi in quarantena volontariamente (self quarantine) senza che nessuno se ne andasse o entrasse fino alla cessazione delle terribile pestilenza. Affrontarono così una maggiore possibilità di morte ma garantendo la protezione dei vicini. Sempre secondo la storica Francine Clifford, Mompesson e Stanley fecero appello ai valori religiosi della comunità convincendoli che la città aveva il dovere morale di fare qualcosa di buono per l’umanità.

I PROVVEDIMENTI

Il cibo e forniture varie vennero in gran parte offerti dal “Conte di Derbyshire”. Le funzioni della Chiesa dovevano tenersi all’aperto dove le famiglie potevano stare a distanza di sicurezza. Le funzioni funebri furono sospese e alla gente venne imposto di seppellire i loro morti il più rapidamente possibile in recinti isolati. Il villaggio venne chiuso praticamente da un cordone sanitario invalicabile lungo il quale c’erano diversi “dropping points” dove beni e monete venivano scambiati. Venne incentivato l’uso dell’aceto che si credeva decontaminasse il denaro.

 Un cartello che ricorda il punto di “scambio” al tempo della peste

L’APICE E LA FINE

L’apice di questa peste fu raggiunta nei mesi caldi di luglio e agosto dove intere famiglie andarono perdute. Seppellire i propri cari divenne un fatto quotidiano. Si racconta che la signora Elizabeth Hancock abbia seppellito da sola suo marito e i suoi sei figli. E poi all’improvviso la morte si dissolse come nebbia al sole. L’ultima vittima fu registrata il 1° novembre 1666, si chiamava Abraham Morten ed aveva 20 anni (in inglese morte si dice death ma per noi suona un po’ strano che l’ultimo morto si chiamasse Morten). E così una piccola comunità inglese del XVII si sacrificò per salvare i suoi vicini.

In una lettera del 20 novembre 1666, Mompesson scrisse di come era stata la vita nel villaggio, commentando “le mie orecchie non hanno mai sentito lamenti così dolorosi, il mio naso non ha mai sentito odori così orrendi e i miei occhi non hanno mai visto spettacoli così orribili”.

ALCUNI NUMERI

Nelle immagini, l’elenco dei morti (a sinistra) e alcune lapidi del cimitero di Eyam

Il villaggio perse circa un terzo dei suoi abitanti. Più del doppio del tasso di mortalità che si registrò a Londra. I morti alla fine furono 260.

Una volta terminato tutto e assicurata la sicurezza del villaggio le famiglie che si erano allontanate e chi si era in qualche modo sistemato nei campi iniziarono a tornare. Secondo Francine Clifford i documenti del 1670 mostrano 186 famiglie, 26 in più rispetto alla pestilenza, quindi la vita stava tornando in pista più forte che prima. Sempre la Clifford ci ricorda che “Fu un periodo traumatico ma tutti ebbero la forza di riprendersi ed andare avanti”.

SACRIFICIO EROICO O TRAGICO ERRORE?

Nello spirito del romanticismo vittoriano William Wood descrisse la decisione della quarantena come un atto eroico di sacrificio. Tuttavia ci sono poche prove concrete a sostegno di questa tesi. E poi era una misura di controllo efficace? Erano d’accordo tutti gli abitanti? Fu imposta?

I resoconti storici concordano sul fatto che fu applicata diligentemente quasi senza eccezioni. Da un punto di vista epidemiologico la questione d’interesse non è se la quarantena fosse volontaria o eroica ma se fosse o meno una valida misura di controllo del contagio. Comunque è vero un dibattito si è aperto a 355 anni di distanza e chi ne vuol sapere di più può visitare il sito della Royal Statistical Society.

EYAM OGGI

Oggi Eyam, situato all’interno del Parco Nazionale Peak District, conta circa 1.000 abitanti e vive prevalentemente di turismo.

Il Museo è stato creato da persone del villaggio ed è gestito da gente del posto. Si affida interamente ad un gruppo di volontari per mantenerlo aperto. Molti di questi sono cresciuti con la storia della pestilenza e mantenerla viva raccontandola di nuovo onora il sacrificio di 355 anni fa. E questo è tipico di Eyam che ha una storia di azione comunitaria dove gli abitanti si riuniscono per migliorare la vita del paese. All’interno del museo sono presenti fac-simili dei registri parrocchiali, testamenti ed altra documentazione.

 Coolstone

Ci sono altri luoghi d’interesse come il Coolstone dove il denaro, imbevuto di aceto, veniva posto in cambio di cibo ed altre necessità e anche i recinti isolati delle tombe (Riley Graves).

Ancora oggi gli abitanti di Eyam sono persone premurose e pronte ad aiutare i loro vicini. E quando da noi sarà tutto finito perchè #andrà tutto bene ci dovremmo abituare a reimpostare le nostre nuove relazioni sociali che dovranno essere basate sul rispetto, sull’educazione e la solidarietà.

PER SAPERNE DI PIU’

The history and antiquities of Eyam (William Wood)

Eyam: Plague Village (David Paul)

Years of wonders (Geraldine Brooks)

Schoolhistory.co.uk

PER LONDRA

The Plague and the Fire (James Leasor)


La Redazione

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