Quest’anno la stagione dei funghi sarà limitata ai mesi di Settembre e di Ottobre. Tutti l’aspettavano con ansia ma i fungai montanini covano un po’ di fastidio pensando alle frotte di pianigiani che, solo pagando pochi euro, sono autorizzati a riversarsi sui monti e a portare a valle grandi quantità di preziosi funghi.
Il fastidio nasce dal fatto che la città si ricorda della montagna solo quando quest’ultima offre svaghi, divertimenti e frutti di vario genere, come per l’appunto funghi o mirtilli e castagne. Nel nostro caso sono i porcini il seme della discordia.
Eppure il nome ha poco di prezioso : “porcino” deriva infatti da “porco”, e in molti credono (ma non è per niente certo) che la sua origine dipenda dal fatto che questo sarebbe un alimento particolarmente apprezzato dai porci. Lo chiamavano così anche i Romani, o meglio, per loro era il fungus suillus ,il fungo dei porci.
La parola “fungo” è , invece, antichissima e di area mediterranea. La lingua greca ne ha una simile sp(h)óngos, che significa “spugna” e in effetti il tessuto fungino è spugnoso. Nella Roma antica se ne consumavano grandi quantità, soprattutto secchi: si usava essiccarli al fuoco dopo averli tagliati a fette e infilzati con tralci di giunco in ampie ghirlande, che poi venivano vendute al mercato.
Erano dunque amati, ma pure temuti, perché anche allora provocavano pericolose intossicazioni che conducevano alla morte, la più celebre delle quali fu quella dell’imperatore Tiberio Claudio, avvelenato proprio con boleti velenosi dalla moglie Agrippina; il che spalancò le porte dell’impero ad un altro frutto velenoso, Nerone. Almeno così ce ne parla Plinio il Vecchio, il grande scienziato del I secolo d.C.
Allora, attenti al veleno, fungaioli! Si, perché i fungai sono un’altra cosa, almeno quassù da noi, in montagna.